Contro lo smartphone. Per una tecnologia più democratica.

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Recensione del libro “CONTRO LO SMARTPHONE. Per una tecnologia più democratica”.
di Juan Carlos De Martin, ADD editore

Questo libro si presenta interessante per due motivi: per le molte informazioni che offre su come è fatto lo smartphone e quali sono i produttori e gestori degli apparecchi e dei sistemi; in secondo luogo, perché propone alcune soluzioni per attenuare o contrastare il dominio degli smartphone.

Il libro presenta anche una prefazione di Gustavo Zagrebelsky che solleva in particolare il problema degli effetti negativi di un uso prolungato degli smartphone sulla capacità di comprensione ed elaborazione, indotta dalle “macchinette”.

Partiamo dal mercato: si calcola che nel mondo si usino circa 5,5 miliari di telefoni mobili (cellulari) di cui 4 miliardi di smartphone.

Il giro d’affari si aggira attorno ai 450-500 miliardi di dollari (per avere dei termini di paragone si può fare un confronto con altri mercati; calzature 382, televisori 250, vino 450, auto 2.900).

Ci sono due grandi marche che si dividono la maggior parte del mercato: Apple e Google, i quali detengono i sistemi operativi in uso (Ios per Apple e Android per Google) ; Google concede su licenza di usare Android anche ad altri operatori.

Sul mercato è più forte Apple (48%), mentre nelle vendite di App prevale Google (l’80% delle App usa Android).

Ci sono piccoli produttori alternativi, tra cui vale la pena di citare Fairphone, prodotto in Olanda da un’impresa sociale; rappresenta un apparecchio che maggiormente si presta a interventi di sostituzione da parte degli utenti.

Molte parti dello smartphone vengono prodotte in Cina, Corea, Giappone, Taiwan; gli USA stanno aumentando la loro quota grazie alla politica governativa volta a riportare in patria molte produzioni (in proposito è opportuno citare il caso Huawei che dopo le proibizioni americane si è dovuta praticamente limitare al mercato cinese. Si è eliminato così un concorrente pericoloso per le due grandi aziende americane).

Decisamente importante è il ruolo della Cina, sia perché possiede e fornisce le “terre rare”, necessarie per realizzare gli smartphone, sia perché costituisce il maggior produttore mondiale degli smartphone (intesi come oggetti). Ne produce il 67%, seguita dall’India (16%) e dal Vietnam (10%); nell’insieme questi tre paesi coprono il 93% della produzione.

Per le terre rare si cerca oggi di ricorrere ad altri paesi per non dipendere dalla sola Cina, paesi che fanno parte tutti dei BRICS (72%).

Il libro esamina anche le singole componenti dando informazioni ed esprimendo rilievi a riguardo; ad esempio, le batterie una volta erano sostituibili, mentre oggi non lo sono più. Però una norma del Consiglio Europeo obbliga dal 2027 a introdurre questa disponibilità; vuol dire la possibilità di sostituire la batteria per cattivo funzionamento oppure toglierla e cambiarla, invece di effettuare la ricarica.

I chip usati nello smartphone vanno da 3 a 7,5 nanometri, mentre per le auto si possono usare chip meno avanzati, di 90 nanometri; quelli di 3 nanometri sono molto rari e prodotti esclusivamente da Taiwan, che in proposito è il Paese più avanzato.

Venendo alla seconda parte, quella delle proposte, l’autore avanza una prima idea molto importante: la necessità che ci sia sempre un’alternativa allo smartphone, soprattutto per quanto riguarda i servizi pubblici.

Inoltre, propone un vero e proprio Manifesto in 20 punti, dove espone i miglioramenti che si potrebbero introdurre per rendere lo smartphone più accessibile ed esserne meno dipendenti.

Ne ricordo alcuni (anche perché altri sono più tecnici):

  • Certificati relativi ai materiali usati, allo smaltimento degli apparecchi non più in uso, il rispetto del lavoro e dell’ambiente
  • Facilitare la riparazione e la sostituzione di parti
  • Progettare per massimizzare la vita media
  • Potere installare sullo smartphone altri sistemi operativi compatibili
  • Far sì che le App accedano solo ai dati necessari per la loro funzione
  • Segnalare all’utente usi potenzialmente pericolosi.

Il titolo del libro è naturalmente esagerato per attirare l’attenzione del possibile lettore, ma il libro si presenta come un utile strumento di informazione e richiama un valore fondamentale: non dobbiamo subire tutto come se fosse inevitabile, perché i prodotti umani si possono sempre cambiare.

 

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