Da Roberto Mancini, docente di Filosofia teoretica all’Università di Macerata (e autore del libro “Trasformare l’Economia”, F. Angeli ed, 2014) , un commento al testo base sui cui abbiamo avviato il dibattito per il nostro Convegno del 29 novembre a MIlano
Il documento è buono nella parte di ripresa dell’orizzonte della Costituzione; ha qualche cedimento alla rappresentazione ideologica corrente nella parte dedicata alla “crisi” attuale ed è un peccato.
Prendere per buona questa categoria significa precludersi la possibilità di un’analisi critico-euristica del processo globale attuale dell’economia e della società. Non si tratta di crisi autentica, ma di un movimento di ristrutturazione vantaggiosa del sistema (in parte un progetto, in parte una convergenza oggettiva di interessi e di tendenze egemoniche) che tramite la “crisi” governa i popoli, li riduce a popolazioni docili e sempre più sottomesse alle volontà dei gruppi speculativi. Di per sé il capitalismo finanziario – che è struttura parassitaria dell’economia reale – è in piena fioritura, non è affatto in crisi; in crisi semmai si trovano la società, i diritti, i popoli, la natura; del resto è una vera e propria oppressione, anche qui la parola “crisi” non dice il vero.
Inoltre il nodo di fondo è che siamo alle prese non con un’ “economia di mercato”, come si dice nel testo, ma con una “società di mercato”, c’è una bella differenza. Siamo alle prese cioè con una fondazione-istituzione immaginaria della società (Cornelius Castoriadis: immaginaria e concretissima) per cui quest’ultima è identificata con il mercato globale. Questo a sua volta è un dispositivo di guerra con un nucleo generativo che è il circuito del capitale nel gioco finanziario. La guerra (economica) alla base e le Borse al vertice, sono le istituzioni portanti e determinanti della società: tutto il resto è relativo. Detto da un punto di vista di fede: una società organizzata e pensata così è ateismo puro, nichilismo radicale, antiumanesimo programmatico, idolatria nella forma più subdola. Non per niente papa Francesco sta esprimendo finalmente giudizi all’altezza della sfida in atto, non si limita a condannare il capitalismo solo per i suoi “eccessi” come si faceva in passato.
E’ essenziale che proprio i cattolici escano dal loro tradizionale atteggiamento centrista conservatore o riformista prudente per aiutare a leggere la situazione e per dare un contributo importante ad aprire una via d’uscita, via d’uscita che non avremo certo con le cosiddette “riforme” del governo Renzi, del tutto funzionali all’egemonia dei poteri oggi dominanti. Mettere a fuoco meglio questi nodi non significa affatto coltivare un anticapitalismo ottocentesco o darsi all’estremismo e al settarismo, ma saper leggere la trappola in cui per ora siamo presi e saper costruire una vera risposta, con tutta la gradualità indispensabile.
Roberto Mancini