Il papa che dice alla Tv messicana: “Ho la sensazione che il mio pontificato sarà breve…”; e, nelle stesse ore, l’esplosivo annuncio di un “anno giubilare della misericordia”!
Nell’anima di Francesco sembra ardere sempre più il desiderio di comunicare al mondo e agli uomini del nostro tempo che non c’è altra strada per accogliere Dio nella nostra vita se non riconoscere che il suo volto autentico è l’immagine della “misericordia”, secondo le parole di Gesù: “Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso” (Lc 6, 36).
Il contesto di queste parole è il discorso portato fino al limite delle nostre possibilità: l’amore “verso i nemici” (6, 27).
Ma il primo sentimento di fronte a questo annuncio è stata l’angoscia che mi ha preso, come quando ti capita di vedere interrotto all’improvviso un sogno o una ardente speranza. Oppure, il padre che ti annuncia il tempo breve che è rimasto da condividere con i figli..
Perché il papa ha parlato di “pontificato breve”? I suoi avversari hanno certamente goduto, vedendo consumarsi il loro desiderio, faticosamente nascosto, di mettere fine, al più presto, al tempo della loro diaspora. Non condividendo nulla del Papa argentino (con radici italiane), hanno invece sempre desiderato un pontificato di transizione, breve, che ponga fine alle stranezze di chi continua a predicare, da mattino a sera, l’amore di Dio e il perdono capaci di suscitare tanto entusiasmo e speranze nei fedeli di tutto il mondo, compresi i non-credenti. Per i denigratori di Francesco, questo continuo parlare di popolo di Dio neutralizza il potere della chiesa curiale. Per questi, i così detti “avversati di Francesco”, numerosi tra il clero e i vescovi, la chiesa è un’altra cosa: è maestra di verità, impegnata a combattere il mondo, luogo del maligno, a difendere i diritti della sua autorità secolare e del suo innegabile potere.
Trovo che l’annuncio del Papa sulla ‘brevità’ del suo tempo forse ha motivazioni profonde anche in questi atteggiamenti di molti ecclesiastici. Francesco sente le loro ostilità, i silenzi, i dinieghi e i rifiuti, ma questo provoca sofferenza e amarezza, come era già avvenuto a Papa Giovanni XXIII all’annuncio del Concilio e a Paolo VI, il grande Riformatore che ha portato a compimento il Concilio.
Questi uomini, che Dio ha scelto alla stregua di Mosè, per condurre i popoli della terra attraverso i sentieri della verità e dell’amore, conoscono l’amarezza vissuta dallo stesso Gesù nell’orto degli ulivi, il Getsemani (Mc 14,26). Qui Gesù, atterrito dalla morte vicina (Mc 14,14), supplicava il Padre: “Abba! Padre!…Allontana da m questo calice!” (14,36).
Mi ha però subito dato vigore la notizia apparsa in quelle stesse ore su tutti i media: Francesco, per rendere ancor più evidente la potenza del suo messaggio posto ormai nel centro e nel cuore della chiesa, improvvisamente, indice un anno giubilare della Misericordia di Dio, come a dire a tutti che nel mondo diviso da violenze, povertà, guerre, desolazioni, in questo cosmo incantevole e drammatico conta ancora proclamare a tutto il mondo la realtà del ‘volto’ di Dio, annunciato da Gesù. Noi conosciamo, nelle parole di Gesù, che Dio è un Padre misericordioso: qui c’è la religione, qui c’è la speranza, qui si scioglie il grande nodo che può avvicinare religioni diverse, le culture e le sofferenze dell’umanità.
Riconoscere in Dio il volto del Padre che ama, perdona, salva. In questo volto paterno di Dio io trovo che il messaggio centrale di papa Francesco abbia in sé una potenza di evocazione escatologica che suscita per tutto il mondo una grande speranza e una forza di nuova fraternità.
don Enrico Ghezzi