Da papa Francesco un nuovo paradigma per l’azione politica

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Il “foglio” dell’associazione Agire politicamente, uscito in questi giorni, oltre a presentare il programma del seminario che si terrà ad Assisi a fine agosto, pubblica un breve editoriale di Lino Prenna e un ampio articolo di Pier Giorgio Maiardi, l’uno e l’altro incentrati sulle suggestioni che il principio enunciato da papa Francesco della superiorità del tempo rispetto allo spazio può avere per l’azione politica, oltre che per la direzione di vita di ciascuno. Li pubblichiamo entrambi (l’articolo di Maiardi si rifà anche ad altri spunti del messaggio di papa Bergoglio).

 

 

Lino Prenna

Tempo e spazio: un nuovo paradigma

 

In questo periodo di emergenza sanitaria, c’è stato un cambiamento che tutti abbiamo vissuto ma su cui, forse, non abbiamo ben riflettuto. È il mutato rapporto tra spazio e tempo.

In genere, in quella che continuiamo a chiamare normalità e che abbiamo fretta di ripristinare, disponiamo di molto spazio, perché usciamo, camminiamo, viaggiamo…, mentre diciamo e perfino ci lamentiamo di non avere tempo o di averne poco e, comunque, mai abbastanza!

La Pandemia, nome che potremmo attribuire a qualche divinità del cielo mitologico, ci ha costretti nel piccolo spazio delle nostre case, limitando i nostri movimenti fisici ma aprendoci un tempo lunghissimo, fissato convenzionalmente in quaranta giorni, numero di evocazione biblica, che indica, simbolicamente, il tempo necessario per una compiuta purificazione. E non è stato casuale che la quarantena sanitaria abbia coinciso con la quaresima, anticamente denominata “sacra quarantena”.

Così, questo tempo ci è stato dato come tempus salutis: salus, in latino, vuol dire salute ma anche risorsa, liberazione, salvezza.

Questo periodo, più di qualsiasi argomentazione, ci ha confermato la radicale verità del principio, enunciato da papa Francesco, della superiorità del tempo rispetto allo spazio: il tempo come dilatazione; lo spazio come costrizione. E ancora, il tempo come prolungamento di opportunità e lo spazio come circoscritta occasionalità.

È il tempo che alimenta l’utopia del futuro, senza l’ossessione dei risultati immediati: una sollecitazione che Francesco stesso rivolge ai politici, avendo riscontrato che “uno dei peccati”, frequenti nell’attività sociopolitica, “consiste nel privilegiare spazi di potere al posto dei tempi dei processi” (Evangelii gaudium, 223). E invece, dare priorità al tempo significa preoccuparsi di liberare gli spazi, per avviare processi.

 

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Pier Giorgio Maiardi.

Per la rinascita: politica ed economia a servizio della vita

Viviamo ancora il trauma di una epidemia a cui nessuno era preparato, dalle istituzioni alle imprese, alle comunità e alle persone, e tuttavia dobbiamo impegnarci in una indispensabile rinascita, non ci è consentito rassegnarci alla “malasorte” e attendere l’evolversi naturale degli eventi,  dobbiamo preparare il  futuro  partendo da una lettura attenta della lezione che ci impartisce il coronavirus!

Ma ci accorgiamo che si tratta di una lettura che ci riesce difficile e corriamo il rischio di perdere una occasione preziosa! Probabilmente, sia che siamo credenti e sia che non lo siamo, ci torna utile l’insegnamento di papa Francesco: “il tempo è superiore allo spazio” (Evangelii gaudium n. 222). L’ambito in cui ci muoviamo è invece sempre quello dello spazio! Ci interessa l’immediato e nell’immediato siamo interessati al consenso, al profitto ed all’utile, al potere e questo non ci consente di  capire la realtà e di operare per  “il bene comune e la pace sociale” : non si tratta di astruse teorie filosofiche, ma della saggezza di Papa Francesco che queste cose ce le ricordò nel 2013, con l’Evangelii gaudium, quando non prevedevamo il covid-19.

Ora si tratta di leggere con più attenzione la lezione di questi mesi; e forse è bene che proviamo a farlo con le categorie di papa Francesco, considerato che le nostre, quelle abituali ritenute più conformi alla realtà, finora pare abbiano fatto fallimento non essendo mai riuscite a cambiare il corso delle cose.

La politica soprattutto, a cui è affidato il compito di governare la comunità, appare  impreparata e inadeguata a questa prospettiva, schiava dell’immediato, “lo spazio”, e incapace di pensare e inventare il futuro, “il tempo”: una maggioranza di governo che non riesce a trovare l’indispensabile sintonia nel valutare ciò che conta per rinascere dalla crisi del coronavirus. La preoccupazione è sempre quella di affermare l’identità della propria parte politica considerando intoccabili alcune realizzazioni, a prescindere dalla loro vera utilità attuale, perché ad esse è legata quella identità. Papa Francesco ammonisce  che “la realtà è superiore all’idea” , l’idea deve servire a risolvere e superare i problemi della realtà, non può prescinderne. L’opposizione, dal canto suo, mostra una evidente incapacità di interpretare la realtà e di proporre linee per un futuro diverso, con l’aggravante di strumentalizzare la situazione nell’intento di guadagnarsi il facile consenso del popolo.

L’esperienza di questi mesi ci ha detto che ciò che sta più a cuore alle persone è la loro vita, la loro salute, condizione base della loro esistenza! La fiducia di poter contare sulla propria salute e quindi di poterla proteggere ci è indispensabile. E quindi cominciamo a renderci conto che l’ambiente non è solamente la bandiera agitata da qualche fanatico ma è una condizione di base per la vita di una comunità che vuole vivere serena, svilupparsi, crescere. L’epidemia forse è stata generata dal nostro cattivo rapporto con l’ambiente, fatto di clima, di piante e di esseri viventi, uomini ed animali.

 

La traumatica esperienza del Covid 19 ha messo in grande evidenza il valore dello stare insieme, del comunicare, di avere un rapporto non occasionale e tanto meno conflittuale con gli altri, a partire dalla nostra famiglia. Questa esperienza ci ha fatto scoprire molto concretamente il valore della solidarietà: abbiamo bisogno di vivere in comunità. E per vivere insieme è indispensabile essere solidali,  che non vuol dire solamente non farsi la guerra ma assumersi un po’ del peso e della responsabilità della vita uno dell’altro. E non si tratta solamente di una norma di vita personale, una regola di morale, ma di una condizione indispensabile per la vita dello Stato, degli Stati, una condizione necessaria per la politica nazionale, internazionale, mondiale. Non è più possibile che uno Stato viva isolato dagli altri affermando orgogliosamente la propria autonomia, la propria autosufficienza, sarebbe anacronistico in un mondo che si accorge del valore puramente geografico dei confini, un mondo di “uguali” pur nella diversità, che è ricchezza, delle etnie. Non c’è nulla che possa giustificare una qualsiasi discriminazione.

In questo tempo che ha costretto molti di noi all’inattività, spesso con la conseguente impossibilità di percepire un reddito  che ci garantisse una dignitosa sopravvivenza quotidiana, abbiamo scoperto il nostro bisogno di essere  attivi, di avere un ruolo nella comunità e di essere riconosciuti per quel ruolo, più che di ricevere un sussidio per la nostra “povertà”. Questo tempo ci ha ricordato che la vita della nostra comunità dipende dal lavoro di tanti, dal loro impegno scientifico, dalla loro capacità di trasformare e di organizzare.  Il diffondersi dell’epidemia ha messo in evidenza la diversità delle nostre età, delle condizioni di vita di ciascuno, con il pericolo che la limitatezza delle nostre strutture ed attrezzature sanitarie possa obbligare  ad una discriminazione fra anziani e giovani, fra disabili ed abili, addirittura fra “utili” e “inutili” secondo un arbitrario metro di efficienza.

Un’autentica rinascita dopo l’emergenza del coronavirus dovrebbe partire proprio da qui: il primo valore è la vita, la salute ed il benessere delle persone, di tutte le persone, senza alcuna differenziazione. I rapporti  solidali e pacifici fra le persone sono la condizione indispensabile per la vita sociale. Il riconoscimento ed il rispetto per la dignità di ogni persona esige che ognuno possa avere un ruolo attivo e responsabile nella comunità, e cioè un lavoro, una mansione, una cittadinanza riconosciuta. Questo riconoscimento impone anche di cercare una più equa distribuzione del reddito fra i cittadini. La logica economica, se non governata, porta ad una sempre maggior differenziazione fino all’emarginazione di un’area sempre più vasta di povertà e questo porta anche al conflitto sociale! Poi, ci ammonisce ancora papa Francesco, dobbiamo prenderci cura della “casa comune”: “com’è possibile – scrive – che si pretenda di costruire un futuro migliore senza pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi” (Laudato si’, n. 13).

Si tratta di rovesciare la logica che mette al primo posto l’interesse personale e l’utile economico subordinando a questo pseudo valore tutto il resto! Certamente l’utile economico deve essere perseguito ma in funzione della possibilità di consentire la vita delle persone e la migliore organizzazione dei servizi a favore di ciascuno e della comunità. Questo è il “bene comune”: il benessere, la giustizia e la pace sociale!

Dice papa Francesco:  “La politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia. Oggi, pensando al bene comune, abbiamo bisogno in modo ineludibile che la politica e l’economia, in dialogo, si pongano decisamente al servizio della vita” (Laudato si’,  n. 189).

Altre due indicazioni Papa Francesco offre alla politica: “l’unità è superiore al conflitto” e “il tutto è superiore alla parte” (Evangelii gaudium, 226–234). Un monito per chi crea motivi di inimicizia, di non accoglienza, di timore reciproco fra persone a motivo di diversità di etnia e di provenienza. E’ un invito ad avere una visione ampia e di lunga gittata senza cedere alla tentazione di compromettere il futuro per conquiste immediate e comunque parziali.

 

 

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