di Fabio Caneri
La scelta di contenuti del convegno democrazia. In cerca di rigenerazione è maturata anche grazie al testo introduttivo preparato da Sandro Antoniazzi su la democrazia non è compiuta, è sempre da realizzare ed alla conseguente discussione su questo tema che ha trovato posto sul portale (https://www.c3dem.it/category/rigenerare-la-democrazia/).
La democrazia è un cantiere sempre aperto, da costruire e ricostruire quotidianamente, un work in progress.
“La nostra democrazia è un bene delicato, fragile ed abbisogna della responsabilità di tutto un popolo. La democrazia non è solo libere elezioni, non è soltanto progresso economico, quale progresso? Per chi? È giustizia, è rispetto della dignità umana, dei diritti delle donne. È tranquillità per i vecchi e speranza per i figli, è pace”, ci ricordava Tina Anselmi
Questo appuntamento vuole essere un contributo al filone di pensiero Cattolico-democratico per confrontarci e riflettere sulla politica e sulla democrazia.
Animati dallo spirito della lettera “A Diogneto” viviamo la tensione di una cittadinanza paradossale: cioè l’appartenenza dei cristiani alla città del mondo e alla cittadinanza celeste, in forme “distinte ma non separate” (come diceva Jacques Maritain) per collaborare con tutte e tutti sviluppando una vocazione dialogica per raccogliere sfide e progetti comuni nella città terrena, in questo tempo – impegnativo – che dobbiamo cogliere come kairòs (il tempo opportuno), in cui agire e mettere a frutto i nostri doni al servizio del bene comune, facendo ciascuno la propria parte.
La democrazia vive nell’attesa di ciò che deve ancora venire.
Non è mai del tutto compiuta, ma l’incompiutezza rappresenta forse un punto di forza, non di debolezza. Il tempo della democrazia non è nel passato e non è limitato al presente che stiamo vivendo ma è proiettato al futuro, ed è rivolto in particolare alle generazioni future, al bene, alla giustizia, al povero, allo straniero, alla pace ed alla nonviolenza.
Maria Zambrano ci ricorda come la «democrazia è la società in cui non è solo permesso ma è addirittura richiesto essere persona»; e inoltre che «raggiungeremo l’ordine democratico solo con la partecipazione di tutti in quanto persone, il che corrisponde alla realtà umana» (Maria Zambrano, Persona e democrazia – 1958).
Mi sembra importante ricondurre questo nostro impegno ai principi costituzionali di solidarietà politica, economica e sociale a partire dal riconoscimento dei diritti inviolabili della persona e dalla rimozione di quegli ostacoli economici e sociali che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
È il nostro un tempo di responsabilità e di cura che diventa ancora più stringente di fronte alle urgenze dettate dalla situazione geo-politica dell’Europa e mondiale, dalle guerre e dalla crisi ambientale e sociale con cui bisogna misurarsi a tutti i livelli, dal piccolo comune alla comunità mondiale.
Ci si trova di fronte alla necessità di offrire risposte comuni alle vittime di guerre ingiuste, di persecuzioni, di violenze e alle vittime dell’indifferenza.
Siamo di fronte alla dura realtà di intere fasce della popolazione che vivono sulla soglia di povertà, di un gran numero di persone completamente escluse dalla vita della propria comunità.
Nessuno deve restare indietro, nessuno deve sentirsi solo – ci ricordava nel suo impegno da presidente del parlamento europeo David Sassoli – ciascuno deve essere partecipe della vita della propria comunità.
Raccogliamo un invito a cambiare prospettiva e visione del mondo, ad aprire uno sguardo oltre le nostre frontiere, per affrontare le questioni globali in modo interconnesso, come un’unica umanità. Sarebbe ad esempio un cambio di approccio e di visione per tutte e tutti noi passare dalla migrazione come sofferenza alla mobilità come diritto umano inalienabile come proposto dal documento Mobilità umana internazionale – Carta di Palermo.
Coltivare un pensiero per il cambiamento, responsabilità e speranza per un futuro desiderabile con una umanità che si ritrova a condividere lo stesso cielo ed un’unica terra comune: ecco il nostro cantiere.
Sono tante le sfide che dobbiamo affrontare, ma queste passano attraverso la scelta (e la necessità al tempo stesso) di recuperare i frammenti (come l’arte giapponese del kintsugi che recupera bellezza anche là dove sembra esserci solo imperfezione) per riconnettere persone e comunità, per mettere insieme pratiche, partecipazioni a progetti comuni – magari inediti, per rigenerare le relazioni, la comunità, la cultura politica e ricostruire il tessuto per una progettualità partecipata e democratica.