Il dibattito sviluppato nei giorni scorsi dalle scelte del Comune di Milano e dal “contestato” documento del PD sui diritti delle coppie omosessuali dovrebbe portarci tutti a ragionare senza demagogia, con più serenità ed anche con maggior reciproco rispetto, sui temi della sessualità, della famiglia, della coppia, delle adozioni, dell’educazione alla responsabilità ed alla libertà individuale e sociale.
L’omosessualità, più o meno socialmente accettata, fa parte da sempre delle relazioni umane; è cioè sempre esistita nelle varie società. Nei secoli passati, però, anche nelle società che maggiormente l’hanno serenamente sperimentata, è stata vissuta come una esperienza dell’individuo. Oggi, invece, l’esperienza vuole assumere connotazioni sociali che si inseriscano, senza alcuna distinzione, nella normativa giuridica e civile vigente del nostro tempo. In particolare, oggi, il dibattito, quindi, non sta sul rispetto della propria omosessualità e dei conseguenti diritti da riconoscere, ma avvampa nella rincorsa ad avere il riconoscimento di uguaglianza ad ogni relazione fra uomo e donna con il diritto di usare anche lo stesso lessico.
Credo, quindi, che il dibattito non debba partire dal valore e dal significato dell’amore (vedi articolo di don Mazzi) che, penso, solo pochi nostalgici mettono in discussione, dal diritto di ognuno ad essere amato e ad amare nella forma che meglio desidera; non credo nemmeno che il dibattito debba partire dal diritto di ogni uomo al rispetto della propria libertà (che, fra l’altro, in una cultura sempre più liberista sta rischiando di negare ogni confine), ma debba partire da uno scientifico rispetto dell’essenzialità, dal diritto e dal valore delle reciproche diversità.
Diventa, allora, difficile capire perché il diritto ad esprimere in forme diverse il proprio bisogno di amore e di essere amati debba poi anche voler confondersi, con l’attuale forza mediatica, politica e giuridica, in percorsi che umanamente e giuridicamente hanno diverse storiche connotazioni.
Pur nel rispettoso dubbio che desidero mantenere credo che il dibattito e le leggi debbano, quindi, rispettare, anche giuridicamente, la diversità delle espressioni della sessualità individuale, ma debbano anche, innanzi tutto, rispettare il diritto dell’essenza della storicità lessicale e del valore umano e sentimentale di parole, ricche di storia e di valori, quali “matrimonio”, “sposare”, “famiglia”, “figlio e figlia”, “uomo e donna”. I bisturi, le medicine, le creme, anche le leggi, hanno il diritto di esistere per aiutare a rendere più bello e più grande il corpo e l’animo umano; ma non hanno il diritto di cambiare valori e lessico che stanno nella storia e nella natura. Il vocabolario si può, anzi si deve ampliare; ma non è corretto, in nome della libertà, voler cambiare il significato di nomi che esprimono già una loro naturale connotazione fissata anche dalla storia.
Elton John ha diritto (con una dovuta attenzione anche ai doveri), grazie ai suoi soldi ed alla sua capacità culturale e mediatica, di vivere come vuole, di avere in casa ed al capezzale chi vuole, di lasciare i suoi beni a chi vuole, di stare con chi vuole, di inventare un nuovo lessico; ma non ha il diritto di voler far mutare il valore ed il lessico vitale che milioni di persone hanno, con gioia e/o con sofferenza, sempre vissuto. La nostra normativa deve, quindi, cambiare nel riconoscimento di nuovi diritti; ma non si capisce perché i nuovi diritti devono imporre di cambiare la natura esistente: figli si diventa solo, pur prodotti in provetta, con un gesto essenziale di una mamma (donna) e di un papà (uomo) che, storicamente, insieme, sono stati definiti una famiglia; anche le adozioni devono rispettare la legge della natura.
Se il dibattito si facesse con il reciproco rispetto della forma e specialmente dell’essenza, forse, si riuscirebbe anche meglio, reciprocamente, a capire quali sono nella storia umana, nella logica del nostro pensiero ….la strutture portanti e le sovrastrutture effimere, le scelte che possono cambiare e quelle che da tutti devono essere rispettate. Sulla “famiglia”, sulle “persone” e sulle connotazioni conseguenti si possono avere idee diverse, ma non si deve fare confusione.
Eugenio Caggiati