Dossetti, Lercaro e il caso Viganò

 di Aldo Maria Valli, in “Vino Nuovo” (www.vinonuovo.it ) del 9 febbraio 2012

A volte fra la cronaca quotidiana e un libro di storia si creano connessioni altamente significative. Mi è successo di recente. Proprio mentre dal Vaticano filtravano le notizie circa la Viganò story, con tutti gli annessi e connessi, ho letto Dossetti e Lercaro. La Chiesa povera e dei poveri nella prospettiva del Concilio Vaticano II (Paoline, 376 pagine, 22 euro), nel quale il teologo Corrado Lorefice rievoca la storia del rapporto fra il futuro monaco e l’allora arcivescovo di Bologna, in particolare riguardo all’influenza che Dossetti ebbe sul discorso pronunciato da Lercaro nel dicembre del 1962, durante la trentacinquesima congregazione conciliare, sulla povertà della e nella Chiesa. Così, mi sono trovato a confronto fra un’alta lezione di vita cristiana ed ecclesiale alla luce del Vangelo e la realtà sconcertante di un’istituzione ecclesiastica alle prese con le seduzioni di Mammona.

Ai padri conciliari il cardinale Lercaro, ispirato da Dossetti, disse che la povertà, per il popolo di Dio, non può essere una semplice opzione fra le altre, dettata dalla sensibilità o dalla buona volontà. Tanto per i singoli quanto per l’istituzione Chiesa, alla luce del Vangelo, semplicemente non c’è che la strada della povertà. Dio si è fatto uomo, e uomo povero, per la nostra salvezza. Povertà e messaggio evangelico non possono mai separarsi.

Poi leggi, appunto, che nella Città del Vaticano avvengono faide per interessi economici incredibili, che lo stesso monsignor Viganò ha in corso un contenzioso giudiziario con un fratello sacerdote per una somma di trenta milioni di euro, che un frate domenicano ha improvvidamente affidato alla società del truffatore Gianfranco Lande, meglio noto come il Madoff dei Parioli, un milione e settecentomila euro versati come anticipi per sostenere le cause di beatificazione, e ti chiedi se per caso non ha ragione il teologo Giuseppe Ruggieri quando, nella prefazione al bel libro del collega Lorefice, scrive che “la povertà della Chiesa come via del suo cammino nella storia è semplicemente rigettata, non nei suoi principi, ma nella vita concreta”. Ruggieri è duro: “Dire che la Chiesa deve rinunciare ai privilegi storicamente acquisiti quando essi si mostrassero di ostacolo all’annuncio del Vangelo è un discorso che, nel migliore dei casi, suscita un sorriso ironico in viso all’ascoltatore di buone creanze. Troppo palese è infatti l’inconsistenza di queste parole nella prassi dominante”.

La lezione di Dossetti e Lercaro non è mai passata? Quell’insegnamento non è mai stato accolto? Queste domande meriterebbero risposte adeguate. Sì, nel senso della povertà ci sono state scelte importanti, e anche gesti simbolici. Ma, in profondità, la scelta della povertà è mai diventata, da virtù etica, insopprimibile elemento distintivo della vita evangelica? E che cosa significa oggi accogliere l’insegnamento della Lumen gentium là dove, ispirata proprio dall’intervento di Lercaro, afferma che “come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni, così pure la Chiesa è chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti della salvezza”?

Nei documenti postconciliari, nota Lorefice, sia da parte del magistero papale sia negli interventi dei vescovi italiani il tema della povertà della Chiesa e dello stile povero nell’esercizio della sua missione è quasi del tutto assente. Si parla molto di poveri e di povertà, ma poco o nulla circa la povertà della Chiesa e dei mezzi necessari per svolgere la missione evangelizzatrice. Si parla spesso di “Chiesa dei poveri”, mai o quasi mai di “Chiesa povera”.

Le cose, lo sappiamo, sono andate diversamente in Sudamerica, dove sia alla conferenza dei vescovi di Medellin (1968) sia a quella di Puebla (1979) la povertà è diventata l’asse della dottrina sociale e alla scelta preferenziale per i poveri è stato accostato il tema della necessaria povertà della Chiesa, ma i teologi della liberazione che si sono fatti interpreti di questa linea (i Gutiérrez, i Boff, i Sobrino) sono finiti tutti nel mirino della Congregazione per la dottrina della fede.

Il congresso teologico continentale in programma a cura della Fundacion Amerindia (7 – 11 ottobre 2012, Unisinos, San Leopoldo, Brasile) per celebrare i cinquant’anni della convocazione del Concilio Vaticano II e i quaranta dalla pubblicazione del libro di Gustavo Gutiérrez Una teologia della liberazione sarà una preziosa occasione di confronto e di verifica. Sempre che al di qua dell’oceano si voglia ascoltare.

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