Un contributo di Luigi Maggi per il Convegno del 29 a Milano
La caduta del muro di Berlino venne salutata vent’anni fa come il segno del primato del liberismo economico. Il perseguimento del profitto come obiettivo fondamentale di sviluppo ha via via influenzato i comportamenti sociali, il senso dell’interesse collettivo è stato prevaricato dalla crescente ricerca dell’utile personale. In sostanza nel corso di un quarto di secolo il modello di vita è profondamente mutato. Sviluppo impetuoso della tecnologia e del miglioramento delle condizioni di vita hanno portato al perseguimento del massimo benessere per ciascuno, all’affermarsi del diritto come espressione massima delle conquiste dell’uomo. Sennonché, via via, questo stesso “diritto” è snaturato in indiscriminata affermazione dell’”ego”, bandiera di libertà senza condizioni, abuso di potere, emarginazione di quel senso civico in mancanza del quale un popolo imbarbarisce, il tessuto stesso di una società si dissolve.
Per porre argine a questa progressiva deriva non vi è che realizzare uno, due obiettivi innovatori di coinvolgimento collettivo, capaci di scuotere e risvegliare quella stessa volontà di riscatto che ha permesso all’Italia, dopo l’ultima guerra, di riproporsi come protagonista tra le nazioni che contano.
Da qui le due differenti proposte da me avanzate in due diverse occasioni (un Convegno nazionale del 2006 sulla riproposizione del “ modello di società”; una lettera suggerimento all’allora Presidente Monti). Da un lato il ripristino di un servizio di leva obbligatorio (anche di soli sei mesi) proseguimento della scuola dell’obbligo, non più a fini militari, bensì esclusivamente strutturato per la realizzazione materiale d’interventi di salvaguardia del territorio, di assistenza sociale, di interventi di emergenza. Un tirocinio di formazione umana dei giovani, di significativo confronto con i problemi sociali, approccio alle attività manuali, in sintesi significativa scuola di vita.
Di tutt’altra impostazione e indirizzo, un “appello” (vedi caso esumato recentemente a mia insaputa da Cirino Pomicino) ai signori più ricchi di questa nostra Italia (quel 10% che detiene patrimoni pari a tre, quattro volte il debito Pubblico del paese) a darsi “un colpo di dignità” conferendo tutti insieme un “contributo alla patria” (come lo fu l’“oro alla Patria” dell’era mussoliniana). Passerebbero alla storia ancor più di quanto lo siano per le loro benemerenze economiche. Utopia? Per questo nostro paese un simile atto di orgoglio, di dignità è nelle sue corde storiche.
Luigi Maggi
21 Novembre 2014 at 20:27
Concordo con il primo suggerimento di Luigi Magi, con un’osservazione La leva c per il servizio civile dovrebbe durare 12 mesi, con richiami di aggiornamento fino all’età del pensionamento. Nella neutrale e pacifica Svizzera, tutti i cittadini abili hanno in casa la mimetica e l’arma in dotazione e sono richiamati per unwwek end una volta l’anno, e stiamo parlando di esercito. Il servizio civile non puo’ essere dammeno.
Quanto alla donazione volontaria dell’ “oro alla patria” invece mi sembra un indebolimento del dettato costituzionale. L’articolo 53 stabilisce che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario e informato a criteri di progressività”.
Sul punto della fiscalità, ritengo che il cittadino deve pagare fino in fondo il dovuto, ma poi deve (dovere civico) controllare la spesa pubblica. E’ la “cattiva” spesa che alimenta e legittima (all’occhio dell’evasore) l’infedeltà fiscale.
V. Campanelli