Capitalismo, disuguaglianze, modelli di sviluppo, lavoro: vogliamo discuterne a partire dal testo base della nostra democrazia. Per capire quali soluzioni possono essere praticate e per provare a lanciare qualche idea. Lo faremo a Milano il 29 novembre prossimo. Segnatevi la data
Di Vittorio Sammarco
L’economia italiana fa fatica a ripartire; i disoccupati aumentano, soprattutto nella fascia giovanile e in quella medio alta di chi, non avendo raggiunto ancora l’età della pensione non riesce a riconvertirsi in un nuovo lavoro dopo la chiusura della sua azienda; i consumi ristagnano e i piccoli segnali di ripresa che ci sono stati vanno di nuovo sfumando.
Ma c’è un dato su tutti che si fa fatica ad accettare: è quello che ci dice che nonostante la crisi c’è chi si impoverisce (ed è chiaro) ma c’è anche chi si arricchisce. Cosicché le diseguaglianze diventano sempre più evidenti, alimentando la rabbia e l’insicurezza. Non solo in Italia, ma l’Italia si distingue nella classifica dei paesi occidentali con il maggior tasso disuguaglianza abbinato ad un basso tasso di crescita.
Ebbene: è, questo, un sistema da considerarsi strutturalmente incorreggibile vista la disparità di quote di potere in mano a chi ne beneficia e chi ne è invece vittima? O questi, invece, sono piuttosto i frutti perversi di un sistema che non funziona come dovrebbe e che presenta delle distorsioni perché condizionato da certe rigidità che ne bloccano la crescita?
Il dibattito su tesi contrapposte è aperto, ma forse non sufficientemente condiviso. Appare cioè ristretto ad una cerchia di addetti ai lavori (esperti, professori e politici interessati – purtroppo non molti e spesso neppure in grado di farsi comprendere). Quindi è facile che il profano della materia si senta escluso e di conseguenza, percependo solo la gravità della situazione, si affidi… alla buona volontà delle persone in cui crede o, peggio, alla buona sorte. Ma questo significa, più o meno direttamente, alimentare quel distacco dalla politica che, nell’astrattezza di analisi, proposte e soluzioni, sta via via diventando sempre più pericoloso.
Noi che abbiamo costruito la rete C3dem per riflettere – insieme – su attualità e concretezza di queste tre parole basilari per la nostra vita personale e comunitaria (Costituzione, Concilio e Cittadinanza) crediamo, invece, che proprio alla Costituzione ci si possa rifare per rimettere in circolazione punti di riferimento valoriali e – allo stesso tempo – scelte da realizzare nei fatti. Sul lavoro, l’equa retribuzione, la cooperazione, i beni comuni, la fiscalità, l’uguaglianza di opportunità, la tutela dei diritti dei lavoratori, la libertà di iniziativa economica connessa a fini sociali, e altro ancora di cui è intessuto il Testo base della nostra democrazia, c’è ancora molto da dire e da fare.
La domanda per il futuro è quindi semplice, e ce la poniamo in vista del nostro prossimo appuntamento che abbiamo previsto per il 29 novembre a Milano: questo insieme di princìpi sono ormai invecchiati, sterili, superati dai fatti, condannati a un ineluttabile oblio? Oppure costituiscono ancora un punto di riferimento solido, e non perché delineino necessariamente specifiche politiche, ma perché impongono di orientare in qualche misura qualsiasi politica e quindi tutte le scelte della collettività in una certa direzione? La nostra risposta a questa domanda non implica una visione totemica della costituzione come se essa avesse già dentro di sé tutte le risposte, ma esclude anche una visione riduttiva che neghi qualsiasi pregnanza dei principi rispetto all’analisi e all’azione.
Sarà quindi sulla base di un testo suggeritore di spunti e di temi che apriremo da settembre un dibattito su questo portale. Per arrivare all’appuntamento del 29 novembre a Milano (appena possibile forniremo indicazioni più dettagliate) con il più ampio coinvolgimento di idee e proposte e con la possibilità di verificarne la praticabilità e lanciare qualche segnale a chi se ne occupa a livello istituzionale. Almeno ci proveremo.
Certo ci faremo guidare da esperti, ma vogliamo anche dire la nostra. Per individuare nuove piste di riflessione, sondare argomenti che spesso restano trascurati e scelte non sufficientemente sostenute. Siamo convinti che la discussione debba allargarsi ad ampio raggio. Non solo perché siamo sostenitori del metodo della partecipazione, ma proprio perché il concetto di cittadinanza, indica come strada preferenziale la capacità del maggior numero di persone possibile di farsi carico, con cura e impegno e nei limiti del possibile, di argomenti di generale interesse.
Sono in pochi quelli che – con una certa dose di ragionevolezza – possono ritenere di avere la soluzione in tasca. Non c’è, non può esserci, soprattutto in un contesto internazionale globalizzato che non consente di trovare rimedi a questioni complesse nel ristretto perimetro dei singoli stati. Non bastano, lo sappiamo bene, i dettami, seppure lungimiranti, del dettato costituzionale di settant’anni fa.
Però da lì dobbiamo e possiamo partire. In quell’articolato ci sono indicazioni chiare che si possono tradurre in opzioni reali, valide anche oggi. Nonostante la crisi, o, forse, proprio perché c’è la crisi.
Troppo asfittico ci pare il dibattito in corso su questi grandi temi. Per questo proveremo a dare piccoli frammenti di contributi, sperando possano servire. Quindi continuate a seguirci su questo portale.
Buone vacanze, e a presto.
Vittorio Sammarco