Non è un caso che le prossime elezioni abbiano l’Europa al centro, dopo un anno di governo «tecnico» segnato dal continuo tormentone su cosa ci chiedesse l’Europa e su cosa potessimo fare per l’Europa. E dopo che il governo Berlusconi era caduto per aver perso la maggioranza data la pessima performance proprio sugli effetti della crisi europea del debito sovrano. Oggi è quindi normale che in campagna elettorale ci si divida tra chi è per l’Europa e chi no. Ci sono infatti molte forze che hanno fatto della polemica antieuropea il proprio messaggio (su tutti gli angoli dell’offerta politica). Populismi, dicono asciutti i detrattori. I cattolici democratici, dal canto loro, hanno l’Europa nel loro Dna.
Ma siamo sicuri che basti dirsi «per l’Europa»? A mio parere esiste un problema di «quale Europa». Segnalo telegraficamente alcuni aspetti da approfondire e da discutere in campagna elettorale (lo riprendiamo sul numero in uscita di «Appunti di cultura e politica»). Il primo: vogliamo parlare di un progetto per l’Europa? Esiste qualcuno che sia in grado di spiegare ai cittadini che l’Europa che vogliamo non è solo un occhiuto guardiano dei conti? Si dovrebbe saper raccontare un realistico e praticabile progetto inclusivo di interessi e prospettive diverse. Perché l’Europa purtroppo non è un dato scontato, non esistendo una identità europea di tipo tradizionale (lingua, cultura, storia). Non basta parlare del classico sogno degli Stati Uniti d’Europa: resta un mito, se non lo si sviluppa in un discorso credibile. Una classe dirigente europea questo dovrebbe fare.
Secondo: come dare forza democratica alle istituzioni europee? Se lasciamo sopravvivere l’attuale convinzione che l’Europa sia una specie di algida tecnocrazia, non andremo lontano. Non basta eleggere ogni cinque anni un parlamento poco dotato di poteri. Bisogna trovare modo di coinvolgere direttamente i cittadini in modo più efficace: nessun coinvolgimento senza responsabilità. O si prende di petto la questione democratica o l’Europa non andrà avanti.
Terzo: vogliamo parlare di come si esce dalla crisi dell’Europa? Siamo reduci recenti dal rischio del fallimento dell’euro e quindi di tutta la costruzione dell’integrazione europea e facciamo finta di niente? Dovremo pur analizzare come mai un ambizioso progetto politico di costruire una influenza mondiale dell’Europa ha rischiato di essere travolto dalla speculazione finanziaria. Ed è stato per ora salvato solo dalla Bce di Draghi, forzando il quadro delle consuetudini e forse delle regole. Occorrerebbe dire se vogliamo continuare in questa direzione e magari renderla più strutturata e solida.
E infine: come non cogliere che c’è in Europa una dialettica, bene o male, tra destra e sinistra? Il presidente Monti ha messo molta enfasi sul superamento di questa frattura, ma proprio il sostegno del Ppe al suo nome dice qualcosa di diverso. Ci sarà, per i nostri gusti, da rendere più efficace e incisiva una visione «di sinistra» dell’Europa, ma abbiamo sperimentato l’effetto sulle istituzioni europee del mutamento di segno dei governi che vanno ai tavoli comunitari. Se Hollande non avesse sconfitto Sarkozy, forse l’Europa non sarebbe dove ora è, di fronte alle resistenze della Cdu tedesca a sciogliere le briglie della Bce. Anche in questa direzione, conta che le elezioni italiane vadano in un certo modo, eccome!
24 Gennaio 2013 at 11:39
Gentile Dottore
posso provare a sottomettere questi suoi 4 quesiti ai miei amici cattolici democratici, tutti con esperienze all’interno delle Istituzioni europee, e darle un contributo. Lei saprà senz’altro che esiste una ricca letteratura sul tema. Basterebbe aprire la biblioteca di Notre Europe, fondata da Jacques Delors. Che si può senz’altro definire un cattolico democratico.
Telegraficamente, vorrei subito dirle che le domande sono quelle giuste:
a) non basta dire Europa, ma quale Europa.
b) Europa partecipata. Indispensabile, ma come? Parlamento europeo con pochi poteri, non direi. Attualmente esiste una straordinaria macchina di consultazione in mille comitati frequentati da persone con incarichi pubblici ma anche della società civile. Ogni giorno arrivano a Bruxelles migliaia di cittadini europei, visitatori, consulenti, funzionari. Tuttavia, viste le domande sempre presenti di partecipazione, queste forme non bastano. Per non parlare dei mass media.
c) Europa nel mondo, come non farsi travolgere, ma anche come gestire la leadership
d) Bisognerebbe cominciare dalla questa quarta domanda. Che non é esattamente destra sinistra, ma neo-liberismo anglosassone versus solidarietà e Giustizia sociale.
L’accorpamento partitico principale, PPE – PSE non rispecchia più la realtà. E comunque tutto inizia dalle maggioranze politiche nei paesi membri che si ripercuotono nelle Istituzioni comunitarie. Dal 2000 ad oggi, si é insediata una maggioranza schiacciante conservatrice. Il modello sociale europeo é sotto attacco.
Sperando di poterle fornire un contributo collettivo più organico
Con stima
V. Campanelli