“Elezioni: che faranno i cattolici?” è il titolo di un articolo di Raniero La Valle apparso su “MicroMega” e datato 8 gennaio. La Valle, rifatta un po’ di storia, osserva che dopo la fine della Dc i cattolic “sono caduti nell’insignificanza” e che ora, con Monti, “è difficile vedere in questo approdo alla politica di dirigenti delle ACLI senza le ACLI, di dirigenti della CISL senza la CISL, e di laici autorevoli senza alcuna rappresentanza laicale, quell’ingresso in politica di una nuova generazione di cattolici” che la Chiesa ha più volte auspicato. Di fatto, dice La Valle, resta irrisolto “il problema di un pensiero politico nuovo che partendo dalle radicali istanze poste dal Vangelo, si confronti con il duro mondo che si sta costruendo in Europa e fuori di essa”. Andrea Riccardi, intervistato da Maria Antonietta Calabrò sul Corriere della Sera dell’11 gennaio (“Il partito della Chiesa non esiste. Bisogna dar peso ai nostri valori”), in qualche misura segue lo stesso filo del discorso, pur riponendo fiducia nella prospettiva di Monti: “Bisogna essere chiari – dice, rispondendo a una domanda -: i cattolici si ritrovano da tempo in vari schieramenti, ma sarebbe bene – aggiunge – che operassero nel promuovere i valori che ci sono cari. Non esiste, e da molto tempo, il partito della Chiesa. La lista Monti non poteva essere costruita con il ‘manuale Cencelli’ delle organizzazioni cattoliche. Bisogna pensare al mondo cattolico in modo nuovo, articolato e comprensibile”. Per l’editorialista dell’Avvenire, il professor Francesco D’Agostino, i valori in questione sono soprattutto quelli della biopolitica (famiglia, matrimoni gay, inizio e fine vita, biomedicina) e c’è un appunto critico anche per Monti: “Bisogna che nella campagna elettorale entri in modo esplicito e non equivoco anche la biopolitica. E ogni candidato faccia capire come la pensa e che cosa si prepara a fare” (“Ciò che non va tra parentesi”).