Massimo Faggioli in “Europa” del 12 aprile 2012 riferisce e commenta una disputa apertasi su un sito cattolico “identitario”. La disputa è tra mons. Augusto Livi, settanttaquattrenne professore emerito di Logica e Filosofia della conoscenza nella Università Pontificia Lateranense, e il priore di Bose, Enzo Bianchi. Mons. Livi ha pubblicato il 17 marzo su “La Bussola” una stroncatura di una recensione di Enzo Bianchi alla nuova edizione del libro “Essere cristiani” di Hans Kung. Nella recensione Livi accusava Bianchi di eresia. Bianchi veniva poi difeso su “Avvenire” con un editoriale del direttore, Marco Tarquinio: anche il quotidiano, infatti, era stato preso di mira dalla polemica di mons. Livi. Successivamente Enzo Bianchi ha scritto una lettera a mons. Livi chiarendo la sua posizione e chiedendo di poterlo incontrare e di poter dialogare. E’ seguita una lunga lettera di risposta di Livi.
Articoli e lettere sono in http://www.labussolaquotidiana.it/ita/dossier.php?idRecord=32 Faggioli, nel suo commento su “Europa”, indica in Sandro Magister e il suo sito web su L’Espresso“il principale collettore”, nel corso degli anni, delle accuse contro Enzo Bianchi, e scrive: “La vera ‘eresia’ di Bose, agli occhi dei volonterosi delatori, è aver capito che è sul piano del dialogo culturale con la società, e non sul piano della conquista dei pubblici poteri, che si gioca il futuro del cristianesimo e del cattolicesimo in modo particolare”.
Un novello Antonio Rosmini dovrebbe annoverare tra “le cinque piaghe della Santa Chiesa” anche la blogosfera del cattolicesimo identitario, che è diventata, specialmente nel cattolicesimo occidentale, il ricettacolo delle peggiori delazioni contro teologi e uomini di Chiesa. È di qualche giorno fa l’appello lanciato contro Enzo Bianchi, fondatore e priore della Comunità monastica ecumenica di Bose. Le accuse formali sono partite dalla recensione di Bianchi alla nuova edizione di Essere cristiani di Hans Küng (il teologo svizzero ricevuto da Benedetto XVI, suo ex collega, pochi giorni dopo la sua elezione), ma ben presto sono cresciute fino ad invocare l’intervento del papa contro le “eterodossie” insegnate dal priore. Le accuse sostanziali riguardano invece il modello di Chiesa e di teologia proposto da Bose: una teologia patristica e non moralistica; un cristianesimo della Tradizione che non è tradizionalista; un ecumenismo che sposa spiritualità e dialogo tra i vertici; un cattolicesimo obbediente ma libero.
Il principale collettore di queste accuse contro Bianchi, da anni ormai, è Sandro Magister che si è incaricato periodicamente di esercitare una funzione delatoria contro varie anime della Chiesa (Sant’Egidio, gli storici cattolici, i liturgisti, etc.) dalle pagine web de L’Espresso.
I corifei di questo vasto programma girano attorno ad ambienti che farebbero inorridire Mario Pannunzio e Arrigo Benedetti, come fanno inorridire i cattolici italiani che conoscono di persona la realtà di Bose, l’ortodossia del priore Enzo Bianchi, e la funzione esercitata da quel monachesimo nella Chiesa italiana e universale – come ha ricordato il direttore dell’Avvenire Marco Tarquinio. Alcuni autonominatisi guardiani dell’ortodossia non tollerano che si parli ancora di Concilio Vaticano II, di laicità, di dialogo ecumenico. A Bose si rimprovera di non utilizzare come unico linguaggio specifico del cattolicesimo contemporaneo quello della teologia politica. La vera “eresia” di Bose, agli occhi dei volonterosi delatori, è aver capito che è sul piano del dialogo culturale con la società, e non sul piano della conquista dei pubblici poteri, che si gioca il futuro del cristianesimo e del cattolicesimo in modo particolare.
Nell’età della crisi di legittimità della politica non ci sono imperatori come Costantino interessati a salvare le forme pubbliche del cattolicesimo. Le vie da percorrere sono altre, e non stupisce che siano dei monaci ad averle trovate.