di Cesare Rimini, in “Corriere della Sera” – Milano – del 10 febbraio 2012
http://archiviostorico.corriere.it/2012/febbraio/10/ETICA_FAMIGLIE_TEMPO_CRISI_co_7_120210026.shtml
I problemi giuridici e quelli etici si intersecano spesso e si pongono con diverse prospettive. Per solito si affrontano in modo sistematico secondo le regole della politica e della dottrina. Altre volte nascono da un episodio, da un caso. Insomma la discussione entra dalla finestra invece che dalla porta. Questo sta avvenendo a proposito di vecchi temi che ormai sono stati posti sul tappeto molte volte, tutti relativi alla regolamentazione della famiglia di fatto. Si è parlato dei Pacs francesi (Patto civile di solidarietà, che è consentito anche a conviventi dello stesso sesso) e si è buttato uno sguardo anche sulla normativa del Regno Unito e della Germania. Grande spazio hanno avuto poi i discorsi relativi al registro delle unioni di fatto. Tutti temi affrontati da punti di vista diversi e influenzati, è bene dirlo subito, dalle convinzioni religiose e morali. Ma a volte succede che da una iniziativa che trae origine da gravi esigenze economiche nasca una discussione, anche questa influenzata dalla diversità delle opinioni che creano fratture anche all’interno dello stesso orientamento politico.
Ciò è successo — e sembra giusto dire, in modo anomalo — a seguito di una delibera della giunta milanese: «Fondo anticrisi — sostegno al reddito per persone e/o famiglie in situazioni di crisi per la perdita del lavoro e fondo a sostegno di progetti di vita in comune». È chiaro che la polemica è nata perché l’aiuto del Fondo anticrisi è destinato anche alle coppie di fatto e alle coppie omosessuali. Da un problema legato alla normativa comunale il discorso e il contrasto si è aperto a tutto raggio. L’Avvenire, il giornale della Conferenza episcopale, ha parlato addirittura di incostituzionalità e il sindaco di Milano ha replicato che è normale che il Comune aiuti tutti i soggetti bisognosi, senza alcuna discriminazione.
Del resto il regolamento anagrafico del 1989 dice che agli effetti anagrafici per famiglia si intende un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed avente abituale dimora nello stesso comune. Il vincolo affettivo può evidentemente legare la coppia di fatto etero o omosessuale, ma è giusto chiarire subito che la delibera della giunta milanese è una delibera da crisi economica, non è una fuga in avanti, non c’entra con i progetti di legge ormai abbandonati da anni sui Pacs e sui Dico (diritti e doveri delle coppie conviventi), né col tema del matrimonio degli omosessuali previsti da alcuni ordinamenti stranieri. C’è un limite nelle cose e nei pensieri. Davvero non sembra una buona idea quella di discutere dei massimi sistemi in occasione di una delibera che merita di essere descritta nelle sue prime righe: «È costituito un Fondo anticrisi per fronteggiare l’emergenza derivante dalla sfavorevole congiuntura economico-occupazionale». Non si tratta certo di una occasione o di un pretesto per aprire il dialogo o il contrasto sui massimi sistemi: regolamentazione della famiglia di fatto… e matrimonio tra omosessuali. Ciò proprio mentre a Washington la Suprema Corte, massima istituzione giuridica del Paese, dovrà pronunciarsi sulla costituzionalità del matrimonio tra persone dello stesso sesso.