“Circolo il Borgo” di Parma
Premessa
Le risposte qui presentate non sono ufficialmente a nome del “Circolo Il Borgo” di Parma, ma a nome dei firmatari stessi, iscritti al Circolo e delegati a seguire la rete C3Dem.
Quale è la vostra posizione sulla riforma della Costituzione e sul relativo referendum, e come la motivate?
Per quanto riguarda noi, abbiamo aderito a un appello per il Sì – sottoscritto fino ad oggi da oltre 130 cittadini e cittadine di Parma – che vi inviamo: rimandiamo quindi ad esso.
All’interno del circolo Il Borgo, di cui facciamo parte, non c’è stata una presa di posizione ufficiale e ci sono sensibilità diverse sul tema, ma dalle occasioni di confronto finora avvenute ci pare di poter dire che la maggioranza dei soci condivide le nostre idee.
Secondo voi, è oggi più importante garantire una maggiore governabilità, cioè stabilità dei governi, oppure è più importante assicurare un’ampia e equilibrata rappresentanza alle diverse forze politiche? Ritenete la legge elettorale detta Italicum una legge soddisfacente oppure no, e perché?
Negli anni ’90 gli italiani hanno scelto, con i referendum Segni, di abbandonare il sistema elettorale proporzionale a favore di un sistema maggioritario. Il Presidente Scalfaro invitò il Parlamento di allora a scrivere la nuova legge elettorale “sotto dettatura” dell’esito referendario. Dopo quella legge – che porta il nome di Mattarella – che aveva dato buona prova di sé, il centrodestra inventò ed approvò un sistema elettorale orribile e, adesso possiamo dirlo, in parte incostituzionale, che tutti criticano ma che ha avuto il tempo di essere utilizzato più volte senza che il Parlamento lo modificasse. Va anche ricordato che ancora prima delle leggi per le elezioni del Parlamento, furono modificate quelle per l’elezione dei Sindaci e dei Consigli comunali, con l’elezione diretta del Sindaco.
Perché si era arrivati a queste scelte? Perché si è riscontrato che la frammentazione e l’instabilità andavano a discapito dell’azione di governo, senza di contro rafforzare l’istituzione parlamentare, vista anzi, purtroppo, come luogo delle non decisioni, delle lentezze, delle imboscate e delle trattative più o meno sottobanco.
In secondo luogo, per i cittadini risultava – e, secondo noi, risulta – più importante poter determinare (o avvicinarsi a questo) direttamente la compagine parlamentare da cui avrà vita il governo, sulla base di un programma chiaramente enunciato – pur rinunciando a un certo grado di rappresentatività di ogni singola piccola forza – piuttosto che avere una rappresentanza più plurale, a cui affidare una “delega in bianco” rispetto alle future alleanze e alla formazione dei governi, fonte di estenuanti trattative, mancanza di coesione e possibili “ricatti”.
A nostro parere, perciò, governabilità/stabilità da un lato e rappresentanza dall’altro sono dimensioni entrambe fondamentali ma che devono essere interpretate alla luce della realtà che via via si determina. A parte la nota “patologia” italiana in merito a durata e fragilità dei governi, in un mondo come quello in cui viviamo occorre misurarsi con entità sovranazionali e poteri economici globali: governi e maggioranze deboli e instabili non sono in grado di rispondere alle sfide che continuamente vengono poste e ciò non a svantaggio di questo o quel politico o partito, ma dei cittadini. In un Paese spesso segnato (e danneggiato) dalla frammentazione, occorre favorire forme di unificazione politica che non significano omologazione ma capacità di stare insieme con (e non “nonostante”) le proprie differenze. Peraltro, idee e proposte politiche, anche critiche verso le scelte di chi governa, possono e debbono trovare espressione anche in altre modalità oltre a quelle della rappresentanza istituzionale: movimenti, gruppi di opinione, comitati, leggi di iniziativa popolare, associazioni… Con le tecnologie informative oggi è ancora più possibile che in passato raccogliere persone intorno a idee e progetti, facendo legittima pressione sul livello politico e amministrativo.
Invece di porre in contrasto rappresentanza e governabilità sarebbe importante chiedersi come ridare forza e autorevolezza alle assemblee rappresentative nel contesto di una “democrazia decidente”: Parlamento e, aggiungiamo, Consigli regionali e comunali. Non è questa la sede per addentrarsi nel tema ma c’è tutta una serie di poteri e compiti (oltre a quelli – prioritari – legislativi / deliberativi) su cui ragionare: di iniziativa, di controllo, di ispezione, di nomina, di rapporto col territorio e i cittadini, di relazioni a livello europeo e internazionale, di tutela dei diritti; strumenti e spazi per le opposizioni, ecc.
Per quanto riguarda l’Italicum, non ci sentiamo di affermare che sia la migliore legge possibile, ma constatiamo è quella che migliora di molto la situazione precedente e che ha trovato il consenso necessario, tenendo conto dell’indisponibilità radicale a una mediazione di diversi gruppi politici. Non ci pare che costituisca un attacco alla democrazia, come qualcuno paventa, e che vada nella direzione – da tutti auspicata, almeno fino a qualche mese fa – di maggioranze più stabili. A proposito della polemica su “minoranze che diventano maggioranze”, va ricordato che anche col sistema Mattarella, a seconda della distribuzione del voto, la vittoria è andata o può andare anche a partiti/coalizioni che in termini numerici non sono maggioritarie nel Paese: nessun sistema elettorale è perfetto… In ogni caso, mentre scriviamo Governo e Gruppi parlamentari del PD hanno dato disponibilità a riaprire la discussione per vedere se si può ulteriormente migliorare il testo e raccogliere un più ampio consenso. L’importante è che dalle elezioni risulti una maggioranza in grado di governare e che le opposizioni abbiano tutti gli strumenti e gli spazi necessari per svolgere il loro ruolo.
Ritenete che Matteo Renzi, come segretario del Pd e come capo del Governo, si muova in un solco in linea di massima corrispondente con la vostra cultura politica, oppure ritenete che presenti dei caratteri che con essa sono scarsamente compatibili o addirittura configgenti? (e, in questo secondo caso, quali in particolare?).
Pensiamo che Matteo Renzi si collochi nell’alveo – che, come tutti sappiamo, è ampio e articolato – della nostra cultura di cattolici democratici. Innanzitutto perché la sua storia è simile a quella di tanti di noi: è un credente, formatosi per lunghi anni nello scoutismo cattolico che notoriamente è collocato saldamente sulla linea conciliare, attento alla dimensione politica della testimonianza cristiana e certamente non incline a guardare a destra. Dopo questa esperienza ha contribuito alla fondazione dei Comitati Prodi, quindi dell’Ulivo, entrando poi nella Margherita e quindi nel PD. Come segretario del PD e come premier ci pare abbia dimostrato più volte come la sua fede cristiana sappia tradursi in un forte senso della laicità e di autorevolezza della politica. Lo ha dimostrato favorendo in ogni modo l’approvazione della Legge sulle Unioni Civili ma non solo. Nonostante una prima fase in cui lo stile comunicativo era certamente discutibile (ancorché efficace) e al di là di alcune caricature giornalistiche, chi ha avuto la pazienza di ascoltarlo e leggerlo senza mediazioni, ha potuto osservare il rispetto portato agli avversari politici sempre criticati nel merito delle scelte politiche e mai offesi come persone, cosa assai consueta per molti leaders politici attuali. Mantenere la discussione, anche dura, sul merito dei problemi è tipico del metodo della nonviolenza che riteniamo essenziale alla politica tanto più se cristianamente ispirata. Come amministratore locale e come presidente del Consiglio ha composto le compagini di governo con un numero paritetico di uomini e di donne, elemento a cui siamo molto sensibili perché non ci può essere vera democrazia se uno dei due generi è escluso dal potere politico. Coraggioso anche l’atteggiamento di Renzi nei confronti dei migranti fortemente improntato all’accoglienza e alla solidarietà. Non sappiamo chi altri avrebbe trovato il coraggio di spendere milioni di euro per recuperare centinaia di cadaveri di migranti intrappolati in un barcone affondato nei nostri mari. La fede europeista unita all’insistenza sulla necessità di superare l’approccio tecnocratico dei governanti europei, l’ingente investimento sulla scuola, la legge sul terzo settore, sul Dopo di Noi, il grandissimo impegno sui temi del lavoro che, nonostante le feroci critiche, ha portato a un miglioramento della situazione… ci sembrano tutte scelte coerenti con una cultura politica cattolico democratica. I dubbi su alcune scelte ci sono: referendum sulle trivelle e in generale la considerazione dei temi ambientali, eccessiva insistenza sull’obbiettivo di abbassare le tasse, atteggiamento insofferente nei confronti dei sindacati… E comunque non c’è un solo modo di interpretare la cultura cattolico-democratica quindi è normale che alcune posizioni di Renzi possano essere maggiormente condivise nel nostro “mondo” e altre meno, così come poteva succedere con Prodi, Letta o altri. L’importante è distinguere tra stile comunicativo e sostanza ma è ancora più importante chiedersi qual è l’alternativa migliore che noi oggi abbiamo da proporre a Renzi. Il masochistico compiacimento con il quale il centrosinistra ha sempre distrutto i propri leaders e se stesso, ha solo e sempre aperto le porte alla destra. Oggi l’aprirebbe soprattutto al Movimento 5 stelle che, quanto a mancanza di democrazia interna, trasparenza e coerenza farebbe impallidire anche il partito berlusconiano dei tempi “migliori”.
I percorsi di maturazione e condivisione del consenso sembrano essere sempre più condizionati da meccanismi che poco hanno a che fare con la conoscenza dei temi in discussione, con il confronto, con la comune appartenenza ad aggregazioni capaci di fare nascere visioni e progetti: è una situazione irrimediabile? Come recuperare il terreno perso in questi ultimi anni?
Bisogna evitare di ragionare sempre in termini di “perdita” rispetto a qualcosa che c’era e adesso non c’è più. I partiti di massa c’erano e ora non ci sono più, è vero. Ma davvero erano il paradiso della consapevolezza e della capacità di scegliere con cognizione di causa? Oggi non siamo chiamati a rimpiangere il passato ma ad analizzare la situazione nuova in cui ci troviamo e a individuare strumenti nuovi di partecipazione e formazione alla politica. La società è molto più frammentata ma è anche molto più libera. Dobbiamo imparare a usare al meglio possibile gli strumenti del web, moltiplicare le occasioni di approfondimento e discussione con i mezzi che abbiamo a disposizione, aggregare su temi specifici perché le appartenenze che durano una vita non ci sono più o sono comunque rare (ci piaccia o no), dobbiamo investire molte risorse sulla scuola. Dobbiamo valorizzare al massimo tutti i luoghi che nel mondo cattolico già ci sono (associazioni ecclesiali, non ecclesiali, parrocchie, gruppi…) in cui è possibile il confronto e la riscoperta delle ragioni della partecipazione politica.
Eugenio Caggiati, Sandro Campanini, Carla Mantelli – Parma
17 Ottobre 2016 at 11:40
Sono sostanzialmente d’accordo con i pareri qui espressi.
Matteo Renzi può non essere il leader ideale per chi ha sempre avuto valori di sinistra come me, ma indubbiamente oggi è forse l’unica risorsa che abbiamo per non cadere nel caos dei 5 stelle.
Va anche detto che viene apprezzato all’estero e che la considerazione dell’Italia nel parlamento europeo -destabilizzata malamente dal governo berlusconi-è oggi felicemente risalita.
Ha a volte atteggiamenti di eccessiva sicurezza in se stesso e nel suo operato,ma meglio un po’ di sano ottimismo che ripiegamenti su sconfortanti visioni pessimistiche .
Sono poi convinta che molte tendenze a votare NO al referendum siano più motivate da un desiderio distruttivo nei confronti di questo governo che da sane obiezioni alla costruttività delle riforme proposte.