Recentemente Romano Prodi, in vista del rinnovamento del Parlamento Europeo, ha invitato gli italiani ad esporre fuori dalle proprie case la bandiera dell’Unione Europea (insieme a quella italiana) per il 21 marzo scorso, giorno dell’equinozio di primavera e di San Benedetto patrono d’Europa, e sino alle elezioni. Lo ha fatto partendo dalla raccapricciante vicenda della Brexit, che vede il Regno Unito in un estenuante contorcimento legislativo-burocratico, sulle migliori condizioni economiche per sé di uscire definitivamente dall’Unione Europea.
In un articolo-intervista, a firma di Mimmo Sacco, apparso sul Quotidiano di Puglia il 10 marzo scorso, Prodi si dice preoccupato del clima di estrema sfiducia e di avversione verso l’istituzione europea che è venuto montando in questi ultimi anni, sia in Italia e in Europa, e che ha dato vita al populismo e al sovranismo, frutto di un approccio superficiale e becero sulla situazione della società e dell’economia, da parte soprattutto di noti esponenti politici. Questi, sfruttando il malcontento e il pessimismo, da anni soffiano sul vento della divisione e distruzione dell’esperienza Comunitaria e delle sue Istituzioni. Dice Prodi: “Per gli stati europei non vi è altra possibilità che riaffermare e portare a termine il progetto dell’Europa con il solo mezzo capace di incidere in concreto sulla vita dei cittadini: l’azione politica! … Oggi la Gran Bretagna ha reso chiaro quanto grave sia la perdita dei vantaggi che l’Unione ha reso possibile, nonostante i suoi limiti “. Per questo, la inusuale sua proposta di esporre la bandiera europea mira a “risvegliare l’emozione e scaldare il cuore delle persone”. Poi servono coesione e unità, attraverso “la ripresa di una politica comune… per sconfiggere la frammentazione interna che finirebbe con il penalizzare le nazioni più deboli, come l’Italia, a vantaggio dei più forti”.
Stare nell’Unione Europea vuol dire tante opportunità di crescita e sviluppo
Proprio di vantaggi occorre riflettere e parlare, se si vuole avere il reale spessore economico, sociale, politico e culturale, che la nascita e la vita dell’Unione Europea, e della CEE prima, hanno voluto significare per la vita e il progresso (in tutti i sensi), soprattutto delle nostre popolazioni del sud Italia e delle regioni europee più arretrate economicamente.
Quelli intorno alla mia generazione ricordano bene com’era la vita dei nostri comuni del sud, tra gli anni ’50 e‘60, incentrata su una notevole presenza di addetti all’agricoltura e all’artigianato. La strada “delle pezze”, che conduce a numerosi appezzamenti agricoli di Crispiano, comune in collina a quindici chilometri da Taranto, nel primo mattino e alla fine della giornata era uno sciame di uomini in biciclette e traini, con qualche mezzo meccanico e qualche motociclo; segno di una intensa e diffusa attività agricola, che aveva soprattutto una produttività per il mercato regionale e “di sussistenza”.
Con la nascita della CEE e la realizzazione di un Mercato Comune, i nostri contadini e agricoltori, ad esempio, possono contare sui fertilizzanti provenienti dall’Olanda, pagandoli agli stessi prezzi locali, e ciò permette il triplicarsi delle rese e dei raccolti in Italia. Questa è la politica agraria comune (PAC): fa sviluppare il settore su tutto il territorio nazionale e si arricchisce il mercato interno, con il proliferare di centri di raccolta e trasformazione del prodotto anche al sud, e ciò favorisce anche l’esportazione estera.
Di conseguenza cresce il reddito e il potere d’acquisto delle famiglie contadine, permettendo una diffusa meccanizzazione dei mezzi di trasporto e di un arricchimento tecnico e produttivo della pratica agricola. Inoltre, la creazione della CECA, per la produzione del carbone e dell’acciaio, ha dato impulso allo sviluppo industriale della nazione e in parte anche del sud Italia.
Stare nell’Unione Europea vuol dire tante opportunità di crescita e sviluppo. Migliora la qualità della vita, crescono le opportunità di lavoro all’interno e tra gli stati aderenti, l’istruzione superiore e universitaria e l’accesso alla salute per tutti. Dice Prodi: “Ci siamo uniti per mettere fine agli orrori della guerra e abbiamo garantito oltre 70 anni di pace entro i nostri confini… Abbiamo creato un mercato comune che ha garantito benessere, sviluppo, libertà di movimento di uomini e di merci”. Oggi però, avverte Prodi, “la mancanza dell’Europa politica, capace di scelte ispirate alla solidarietà e alla lotta alle disuguaglianze, ha alimentato sentimenti sovranisti e rinfocolato diffidenza, antichi nazionalismi ed egoismi… Alle elezioni europee dobbiamo decidere quale volto dovrà avere l’Europa, se sarà quindi capace di rigenerarsi, riscoprendo i suoi valori fondanti, o se sarà l’espressione degli egoismi nazionali.”
Inoltre, basta soltanto ricordare tutte le normative emanate a livello europeo in materia di tutela dell’ambiente naturale e della salute dei cittadini, per rendersi conto degli adeguamenti e dell’accresciuta sensibilità pubblica avvenuta negli ultimi trent’anni nelle nostre comunità in questo settore vitale; anche se da parte delle istituzioni periferiche spesso si incorre in reiterate infrazioni. Oppure serve ricordare il programma di integrazione culturale Erasmus, che ha permesso a tanti nostri giovani di corroborare la propria preparazione scolastica negli stati membri e ampliare le proprie conoscenze.
In politica con leggerezza e senza memoria storica
E’ raccapricciante la mancanza di memoria o la scarsa conoscenza della nostra storia recente ed europea che si avverte in tanta parte di questa classe politica italiana. Dice Prodi: “l’Italia, per la sua sciagurata politica, non potrà più esercitare quel ruolo di equilibrio di cui è stata capace in passato”.
Le dichiarazioni di questi giovani leader politici, alla ribalta nazionale da alcuni anni, sui problemi inerenti l’Unione Europea, sono un danno per il nostro paese. Essi fanno intendere a chi ascolta che la UE è un qualcosa che sta lì ad intralciare l’Italia: “E’ più facile dare la colpa a Bruxelles per tutti i guai nazionali; e ha pagato, in termini di consensi, inventare un’Europa figlia della finanza”. Non si pensa alla Commissione europea come organismo autonomo e sovranazionale, che opera senza interferenze da parte dei governi nazionali e garante degli interessi di tutti e di ciascuno!
Di recente nella trasmissione Otto e mezzo su LA7 il leader di un partito al governo ha affermato candidamente: “se vinciamo noi chiederemo all’UE, che al commissario dell’Italia nella Commissione Europea venga data la delega ai Trasporti per tutelare le imprese italiane del settore”. Questa è un’idea mercantile e puerile dell’istituzione europea, un idealismo distorto e immaturo. L’Italia, in quanto paese fondatore, deve essere protagonista e corresponsabile delle scelte politiche europee! Per stare ai vertici delle istituzioni nazionali occorre preparazione, responsabilità e capacità di mediazione, che è la principale declinazione della politica in uno stato democratico.
Queste elezioni europee sono una grande sfida? “Sì – dice Prodi -, politica e insieme culturale. L’Europa è la costruzione di uno spazio libero e democratico sorto per porre fine agli orrori della guerra e alle persecuzioni etniche… Noi europei abbiamo il dovere di preservare il ricordo, la memoria di ciò che è stato, ma ancora di più di operare, soprattutto attraverso le scelte politiche, perché ciò che è stato non accada mai più”.
Antonio Conte
Associazione Agire Politicamente – Rete C3dem
Crispiano, 8.5.2019