In un articolo sul suo blog sull’Huffington Post (“Dialogo Pd-M5S, lezioni dal passato”), Franco Monaco, deputato Pd nella scorsa legislatura, sostiene che per il M5S l’accordo con il centrodestra non sia la prima scelta per quanto riguarda il governo; che le distanze dal M5S sono, per il Pd, meno grandi che quelle dal centrodestra; che il partito di Mattarella non dovrebbe mostrarsi sordo al suo appello generale alla responsabilità e dovrebbe andare a vedere le carte del M5S; che l’alternativa sarebbe un governo M5S-Lega, con effetti gravi (elezioni ravvicinate e nuovo bipolarismo); che certo il primo passo lo deve fare il M5s, così da aprire un confronto che può portare a un sostegno esterno o a una non sfiducia o altro; che, al netto delle differenze di contesto, il Pd dovrebbe fare memoria di precedenti della storia repubblicana che lo dovrebbero convincere di poter giocare oggi un ruolo attivo (ne indica tre: l’accordo Pci-Dc del ’78, il ruolo del Psi, la Dc di Moro); che in regime parlamentare gli accordi si fanno in Parlamento e che non è detto che gli elettori del Pd sarebbero contrari alla ricerca di un confronto con il M5S. In conclusione cita un passo dell’ultimo discorso di Moro ai parlamentari della Dc in cui li convinse al coinvolgimento del Pci sulla base di una linea di “flessibilità costruttiva”.
9 Aprile 2018 at 08:36
Complimenti a Franco Monaco. Finalmente qualcuno ricorda coerentemente Aldo Moro. Riprenderne le logiche politiche sarebbe modo per sconfiggere tutti i brigatisti-assolutisti di ieri e di oggi.
Possibilmente ponendo anche i problemi reali della vita civile: il contenimento del debito pubblico, la funzionalità degli apparati burocratici, il valore civile della cura dei territori storici e delle risorse d’arte che ne connotano l’intrinseca musealità.
22 Aprile 2018 at 19:48
Non concordo appieno con l’analisi di Monaco, in particolare per quanto attiene al riferimento a Moro. Anzitutto trovo molto riduttivo vedere il percorso di avvicinamentto DC-PCI attuato da Moro in chiave puramente di scelta di responsabilità – come sarebbe un governo M5S-PD oggi. Era molto di più!
Secondariamente, l’analogia di un rapporto DC-Pci con PD-M5S di oggi, mi pare decisamente forzata. Non dimenticherei che tra il mondo cattolico e quello comunista era esistita (peraltro con più o meno la stessa generazione di leaders, se non proprio con le stesse persone) la comune grande avventura della Costituente, che era stato il formidabile laboratorio capace di plasmare la possibilità di dialettica politica pur nella estrema diversità delle ispirazioni: dei frutti di quel laboratorio democratico abbiamo vissuto di rendita per decenni di esperienza parlamentare. Al M5S manca invece ancora qualsiasi “abbecedario” di dialettica e di senso istituzionale.
Una esperienza di comune lavoro di governo tra un PD incapace di trovare una linea politica coerente dopo il personalismo suicida renziano, e il movimentismo inconcludente dei M5S, in questa fase non solo sarebbe un gioco di equilibrismo in funzione solo negativa (antileghista) ma sarebbe anche un dannoso “salto” di quella salutare fase di “decantazione/maturazione” (per il M5S) o “quarantena” (per il PD) di cui entrambe le formazioni hanno un disperato bisogno: il PD “DEVE” stare in panchina quanto basta per ridefinirsi dopo la sbornia renziana (e, diciamolo: per recuperare un po’ di voti capitalizzando la figuraccia che farà un eventuale annetto o due di governo Lega-M5S); il M5S “DEVE” andare al governo per fare un bel bagno di realtà, essere costretto a selezionare un minimo di classe dirigente credibile, abbandonare bufale del web e buffonate e assumere quella necessaria forma di partito e di attore responsabile della politica che gli manca. Certo so anch’io l’Italia ha bisogno di un governo diverso da quello di un (per me agghiaciante) duo Salvini-Di Maio, ma è anche necessario dare tempo al tempo. E poi che gli Italiani (ahiloro) imparino a conoscere sulla loro pelle chi vale cosa, al di là degli slogan elettorali più o meno sciocchi, per scegliere diversamente domani. Altrimenti faremmo un governo più o meno balneare regalando un altro 10% a Salvini, che stando all’opposizione capitalizzerebbe ogni giorno che passa. Ed è l’ultima cosa che personamente vorrei.