“Il deputato Franco Monaco torna a incalzare il ‘suo’ Pd sulla questione della regolazione delle convivenze che Renzi vuole realizzare. Offre anche domande che riguardano tutti , non solo i cattolici dem”. Così Marco Tarquinio, direttore dell’Avvenire, presenta ai lettori la lettera che Franco Monaco gli ha indirizzato, e a cui risponde sul suo quotidiano.
La lettera di Franco Monaco contiene, ad un certo punto, questo passaggio: “Mi sento di porre ai cattolici democratici e sociali una domanda: non avvertono essi il rischio di un doppio, speculare scostamento del Pd rispetto all’Ulivo, così come essi lo avevano pensato e promosso da cofondatori? Un depotenziamento della sua sensibilità sociale, della sua tensione all’uguaglianza, della sollecitudine per i soggetti deboli e, per converso, una deriva verso posizioni individualistiche e laiciste in tema di diritti civili?”.
Lettera e risposta si trovano in “’Unioni sì, matrimoni gay no’. I nodi cruciali per credenti e no” (Avvenire, 30 dicembre).
31 Dicembre 2015 at 17:08
da L’Unità di oggi
Unioni civili. Sgomberare il campo da quattro equivoci
di Stefano Ceccanti
Una serie di equivoci potrebbero creare interpretazioni sbagliate rispetto alla necessaria approvazione della legge sulle unioni civili. Le interpretazioni distorte sono sbagliate anche se non bloccherebbero la legge, ma creerebbero comunque conflitti inutili.
Il primo è che si sarebbe all’anno zero, mentre ci muoviamo dentro i binari della giurisprudenza della Corte costituzionale. Essa, al momento (ma non sembra destinata a cambiare nel breve periodo), per un verso non consente di estendere il matrimonio alle coppie di persone omosessuali senza passare prima per una revisione costituzionale, ma per altro verso riconosce a tali coppie lo status di formazioni sociali tutelate dall’articolo 2 Cost. E’ a partire da questo riconoscimento che invita il legislatore a regolamentare diritti e doveri. Un invito chiaro già nella sentenza 138 del 2010 e poi ribadito ancora con più forza nella 170 del 2014. Se seguiamo la scia della Corte non ha quindi nessun senso affermare che si sta seguendo una cultura individualistico-radicale, rimprovero che andrebbe rivolto a chi parlava di diritti individuali. Le persone che costituiscono formazioni sociali vanno tutelate perché le loro formazioni contribuiscono alla forza dei legami sociali. Per questo la legge ricomprenderà oltre alle unioni anche una tutela minima delle coppie di fatto omosessuali (che non scelgono l’unione) ed eterosessuali (che non scelgono il matrimonio): è la finalità sociale che spinge a tale scelta, che altrimenti andrebbe solo lasciata all’autonomia individuale, che si sarebbe già espressa nel non scegliere la forma istituzionalizzata.
Il secondo equivoco è che ci possano essere forme di disciplina coercitiva, o di partito o di corrente o di area culturale (con qualcuno che si possa sentire investito di una rappresentanza “cattolica” o “laica”) per cui si starebbe procedendo in modo incerto o non convinto o contraddittorio: questo è un ambito in cui il programma di governo non prevede nulla ed è ampiamente ammissibile il voto segreto. Ognuno pesa solo per le ragioni che porta, non per i vincoli che può esigere o i mandati che ritiene di avere e che comunque nessuno in ambito politico potrebbe dare.
Il terzo equivoco è che lo status di formazione sociale sia riconosciuto solo dal momento in cui la legge sia operativa: un equivoco che porta a drammatizzare il rilievo delle singole votazioni che si verificheranno. Ciò vale anzitutto per il punto più discusso, la stepchild adoption. In assenza di una legge vi è già oggi un diffuso orientamento giurisprudenziale che la riconosce a coppie stabili di persone omosessuali, anche qui non in nome dei loro diritti individuali ma del valore sociale della loro formazione sociale che già accoglie in sé il figlio, a favore del quale è estesa la tutela. Se a scrutinio segreto dovesse passare lo stralcio di tale norma, giusta o sbagliata che fosse tale scelta, il Parlamento starebbe decidendo non di proibire la stepchild adoption, ma di farla decidere ai giudici.
Il quarto equivoco, ma dovrebbe essere già ampiamente noto, è che questa legge abbia qualcosa a che fare con l’utero in affitto, già duramente perseguito nel nostro ordinamento, praticato all’estero da coppie quasi tutte eterosessuali e non reprimibile in modo efficace dal legislatore nazionale oltre le sue frontiere.
Se quindi ragioniamo su quello che già preesiste alla legge e su ciò che essa non può fare, forse è possibile vivere il passaggio parlamentare con la necessaria serenità di chi non pensa a un confronto tra verità ed errore, ma tra sensibilità legittimamente diverse, soprattutto su base generazionale. Sapendo poi che sulla ragionevolezza dei trattamenti differenziati tra matrimonio e unione dovranno anche pronunciarsi poi la Corte costituzionale e di quella di Strasburgo.