Chiesa di Genova: “Una comunità affaticata ma pronta a ripartire nella dimensione del noi”

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Lo scorso febbraio, in previsione della nomina di un nuovo vescovo chiamato a succedere ad Angelo Bagnasco, un gruppo di credenti della diocesi di Genova firmarono una lettera aperta, “Chiediamo per Genova un vescovo sulle orme di papa Francesco“. Il documento, indicate alcune urgenze della chiesa genovese, proseguiva dicendo: “Una primavera nella chiesa genovese non può che partire da un processo di ascolto e di confronto, per una lettura comunitaria e sincera dei segni dei tempi. È fondamentale la convocazione di un inedito Sinodo diocesano che abbia il coraggio di favorire una reale e plurale partecipazione, a servizio della chiesa diocesana e della città. La chiesa di Genova contiene già in sé molte energie vitali e iniziative meritevoli che potrebbero se valorizzate e armonizzate costituire i semi per una stagione di rinnovamento”.

Il documento si concludeva indicando i tratti della “persona di cui abbiamo bisogno”: “Desideriamo chiamare, accogliere e accompagnare a servizio della nostra città una persona in grado di mettersi con umiltà e determinazione di fronte a tutto questo; che abbia la capacità di ascoltare, chiedere consigli e sintetizzare la pluralità; che abbia la volontà di rendere conto delle sue scelte e delle sue azioni; che cerchi di includere e non di allontanare chi la pensa diversamente; che frequenti abitualmente le periferie esistenziali e gli ‘ultimi’ del territorio. Una persona che sia presente ogni giorno e che sia facilmente accessibile. Un Vescovo che intenda seguire, imitare e applicare il magistero e lo stile di Papa Francesco”.

A tale documento si riferì, su questo portale, con un breve articolo, Maria Pia Bozzo, animatrice del Circolo culturale Aldo Moro di Genova.

Ora, a pochi giorni dall’annuncio della nomina di padre Marco Tasca, dell’Ordine dei frati minori conventuali, ad arcivescovo di Genova, abbiamo intervistato Luca Rolandi, giornalista e ricercatore di storia sociale e religiosa, per un commento su questo momento importante per la comunità ecclesiale genovese (ne aveva scritto già qualche giorno fa sul “Secolo XIX”). E abbiamo chiesto a Maria Pia Bozzo le sue prime impressioni alla lettura del messaggio di saluto inviato alla chiesa di Genova dal nuovo arcivescovo.

(Redazione di c3dem)

 

INTERVISTA A LUCA ROLANDI

Come ha vissuto la chiesa di Genova, nelle sue diverse anime, la parte finale dell’episcopato di Bagnasco corrispondente all’avvento di papa Francesco?

La comunità ecclesiale genovese ha vissuto la seconda parte dell’episcopato dell’Arcivescovo Bagnasco con molte aspettative, soprattutto dopo la conclusione della presidenza della Cei del cardinale. Dal 2007 al 2017 per un decennio, Bagnasco ha ereditato la difficile carica che fu di Ruini, profondendo molte energie spirituali e pastorali nei confronti della comunità ecclesiale nazionale. Troppo poco è stato il tempo per poter imprimere una svolta importante al suo episcopato genovese. Certamente l’arcivescovo Bagnasco, dopo l’avvento di Francesco, ha lavorato per fare crescere un clero giovane e preparato, attento ai bisogni delle persone e alle necessità di una città, Genova, da troppo tempo in crisi di identità. Una città anziana, divisa, popolare nella sua dimensione più ampia, ma anche elitaria e divisiva nelle suo componenti più nobiliari e borghesi.

Negli anni dell’episcopato di Bagnasco sono scomparsi preti guida di una chiesa in uscita, ante litteram, come don Antonio Balletto per la vita culturale, don Gianni Baget Bozzo, intellettuale poliedrico e fuori dal coro, don Piero Tubino, animatore della Caritas, don Andrea Gallo uomo di frontiera. Si sono affievoliti molto i movimenti cattolici di base e associativi; e la componente d’ispirazione cristiana nelle istituzioni, nella politica come classe dirigente  si è rarefatta. Ha resistito la pietà popolare, il forte radicamento spirituale, l’opera di carità, la presenza nei luoghi del lavoro e delle professioni del mondo cattolico, penso all’instancabile ruolo di mons. Luigi Molinari nella cappellania operaia. La celebrazione del Congresso Eucaristico del settembre 2016 e la visita del Papa del giugno 2017 sono stati i momenti più importanti. La ferita profonda e dolorosa del crollo del Ponte Morandi nell’agosto 2018, il tempo più difficile. Certamente la Chiesa genovese deve riprogettare il suo futuro, riproporsi e provare a riprendere anche coraggiosamente un ruolo profetico e di visione spirituale e sociale nel contesto del suo territorio.

Che cosa ha significato e che ricezione ha avuto, nella comunità ecclesiale genovese, la lettera di alcuni cattolici genovesi dello scorso febbraio “Chiediamo per Genova un vescovo sulle orme di papa Francesco”?

Credo sia stato un documento che ha suscitato interesse e fatto pensare anche coloro che non l’hanno apprezzato. La chiesa genovese è composta da molte anime, non è ascrivibile, secondo una interpretazione sommaria, come il luogo della conservazione determinata dal lungo episcopato del cardinale Giuseppe Siri; è molto di più. Lo stesso Siri, da molti identificato come l’ultimo vescovo principe, in realtà aveva una sensibilità fortissima per il sociale e il mondo del lavoro; e sul ruolo di Siri nella Genova del dopoguerra gli storici sono chiamati ad indagare ancora: emergerebbe un aspetto ancora poco noto oltre alla proverbiale fermezza sui principi e i valori cattolici e una ecclesiologia più rigida rispetto alle aperture conciliari anche di molti sui confratelli e compagni di studi e di presbiterato come Emilio Guano, Giacomo Lercaro e Franco Costa. Il mondo giovanile che si alimenta in una dimensione legata alle parrocchie e alle associazioni e ad alcuni giovani o meno giovani preti e religiosi (gesuiti, francescani, agostiniani) e a molte congregazioni femminili sono quasi del tutto estranee alla stesura e alla promozione del documento, nato e promosso dalla generazione più adulta e anziana del mondo cattolico progressista genovese. Ci sono molti preti che hanno un forte ascendente sulle comunità dei giovani e meno giovani: tra i più anziani mons. Marino Poggi e don Marco Granara ai più giovani don Doragrossa, don Moretti, don Valentino Porcile. Per il mondo giovanile punti di riferimento importante sono il vescovo ausiliare mons. Niccolò Anselmi, già responsabile della pastorale giovanile della Cei, senza dimenticare il ruolo del vicario generale don Mauro Doldi e del teologo Davide Bernini.

Si conosce qualche elemento che dica come si sia addivenuti alla scelta, per Genova, del francescano Marco Tasca? E quali sono le tue impressioni rispetto alla scelta che è stata fatta?

Non ho elementi e fonti sulle quale possa dare un giudizio o provare a fare una ricostruzione della scelta del francescano padre Tasca che naturalmente è orientata al rinnovamento dell’episcopato italiano avviato dal Francesco all’inizio del suo primo settennato di pontificato. Certamente i nomi che circolavano per la successione erano altri, dal patriarca di Venezia, ma genovese di formazione, Mons. Francesco Moraglia a mons. Mauro Rivella, torinese ma da molti anni a Roma collaboratore del Papa all’Apsa e in altri servizi e funzioni o infine un altro francescano emergente mons. Vittorio Viola, attuale vescovo di Tortona. L’arrivo di Padre Tasca avvia una cesura con il passato, con una chiesa storica quella genovese, che ha le sue profonde radici nel Novecento. Il nuovo Arcivescovo avrà un compito davvero impegnativo, e lo potrà realizzare nella dimensione del Noi e in una fede evangelica molto radicata nella spiritualità e nelle opere, progettando il futuro con semi di speranza. Troverà una comunità affaticata ma pronta a ripartire, perché nel profondo la comunità genovese è ancora sensibile e profondamente permeata di una domanda di senso e da una dimensione di fede autentica anche in rapporto con le altre confessioni religiose e con il mondo laico.


 

FRATELLI E SORELLE CARISSIMI…

Maria Pia Bozzo

 

Con questo saluto inizia la lettera che il vescovo designato, padre Marco Tasca, rivolge al popolo “della chiesa di Dio che è in Genova”: in esso saluta fraternamente il vescovo Angelo, fino ad oggi sua guida sulla strada del Vangelo, il vescovo ausiliare Nicolò, presbiteri, religiosi e religiose, diaconi, operatori pastorali, catechisti e tutti fedeli laici di questa chiesa particolare.

Una lettera breve, improntata alla famigliarità e a un orientamento di dialogo e di comunione fraterna: in essa manifesta la sua trepidazione per il nuovo compito che l’aspetta e  nello stesso tempo la serena certezza  di essere condotti da Gesù al Padre. Sentirsi fratelli lo si impara dal considerarsi figli dell’unico Padre che manifesta la sua paternità con la cifra della misericordia nei confronti degli uomini capaci di riconoscersi “miseri”.

Si evidenzia, nella lettera, il proposito di vivere in una comunità ecclesiale caratterizzata dalla costante ricerca della comunione, del dialogo, della relazione fraterna.

L’esperienza di quarant’anni di vita religiosa nei Frati Minori Conventuali si esprime e si riassume, per padre Tasca, nella fraternità: si comprende, anche nella brevità di un primo saluto, come questa parola significhi per lui un aspetto fondamentale della sua spiritualità francescana e quindi una modalità essenziale della sua condotta pastorale.

Certamente a Genova sta per cominciare un percorso ecclesiale inedito, in compagnia e con la guida di un vescovo “nuovo”: nuovo come vescovo e nuovo come cittadino di una realtà non facile.

Ci sembra che il primo approccio sia positivo e possa sollecitare dai cristiani genovesi una risposta sincera e fiduciosa.

 

 

 

 

 

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