di Salvatore Vento
Fabrizio De Andrè, nato a Genova Pegli nel 1940, questo mese avrebbe compiuto 85 anni. Anniversario ricordato, oltre che nella sua città natale, in diverse regioni d’Italia e in particolare in Sardegna dove si era trasferito nel 1976 e aveva acquistato tre appezzamenti di terreno per lavorarci e riflettere meglio, in contato con la natura e con la sua compagna Dori Ghezzi; periodo concluso con il loro rapimento effettuato nel 1979 dall’Anonima sequestri e liberato dopo oltre cento giorni.
De Andrè è stato commemorato anche nella Sala della Regina della Camere dei deputati con la partecipazione di Dori Ghezzi, Paolo Fresu e Paola Turci.
Morto a Milano l’11 gennaio 1999, i funerali si svolsero due giorni dopo nella grande Basilica Santa Maria Assunta del quartiere genovese di Carignano. L’omelia fu tenuta da don Antonio Balletto (1930-2008), teologo e uomo di cultura. Ecco il testo della sua omelia, che avevo pubblicato nel libro scritto insieme a Luca Rolandi Sacerdoti nella città. Esperienze di umanesimo cristiano, Diabasis editore, 2010
“Qui è il luogo ed è il tempo del cuore ferito ancora una volta che diviene valle grande dove il risuonare del silenzio alto e delle povere nostre parole, si fa invocazione struggente.
E invochiamo per lui cieli sereni, acque limpide, sconfinati e liberi paesaggi. Invochiamo un Padre che sa, che vuole stringere a sé questo suo figlio, cavaliere errante, in cerca di respiro, di amore, di libertà.
In cerca dell’oro che il suo cuore nobile coglieva anche tra le fanghiglie delle nostre terre, nei vicoli umidi, sporchi e bui, in cerca di quell’oro che era reliquia nobile di splendore di umanità.
Sì, tu Fabrizio, meglio di noi scoprivi oro e amore da vero rabdomante e quest’oro di umanità offrivi cantando come un antico aèdo dal gran cuore e il tuo canto ci ha toccato, ha toccato l’esistenza di tanti giovani: tutti hanno sentito il timbro sincero che vede i fiori anche nella disperazione e sferza come si conviene gli stolti che credono d’essere semidei e disprezzano tutto e tutti.
Invochiamo per te, Fabrizio, cavalcate serene nei pascoli del cielo e pace e gioia infinita da quel Dio che è padre al quale ti affidiamo.
Invochiamo per la tua sposa, per i tuoi figli per i parenti tutti e invochiamo anche per tutti noi che siamo qui perché possiamo avere cuore, testa e coscienza umana.
Grazie, Fabrizio per l’oro scoperto che ci lasci in eredità e perché hai aperto un sentiero per me.
Vi fu un Uomo Dio, un tempo, che vide regali stupendi là dove noi vediamo solo fango e ignominia.
Io prego che tu ora possa sederti con Lui alla mensa della Vera Vita, mentre noi dobbiamo arrancare e faticare.
La tua città, la tua Genova è qui per dirti che ti vuol bene, per dirti grazie e molti di noi pregano per te”.