Non è bastata l’incredibile partecipazione di popolo nel recente viaggio di papa Francesco nello Sri Lanka e nelle Filippine, dove si è toccato con mano il senso autentico dell’annuncio del vangelo a tutti i popoli della terra. Come appare davvero vecchia e stanca la nostra fede nella persona di Gesù! E soprattutto come è fredda la nostra partecipazione alla chiesa.
Mentre vedevo le immagini della TV, con le folle dei filippini assorti alla messa finale a Manila, mi dicevo che qui da noi siamo davvero capaci di analisi, di critiche, di suggerimenti alla religione ma abbiamo perso il senso della novità e della bellezza di partecipare a una solidarietà di popolo che celebra nella fede il germe di speranza insito nel termine ‘vangelo’. Quale ‘annuncio gioioso’ viviamo, noi, nella nostra fede, in questa nostra chiesa così fredda, individualista? Cosa apprendono i nostri figli dalla nostra testimonianza di cristiani adulti?
I discorsi e i segni di Francesco hanno contrassegnato un evento di condivisione del dolore e della speranza che difficilmente è dato riscontrare nella storia recente della chiesa.
In mezzo a questo stupore di grazia e di emozioni interiori, ecco il Papa, in aereo, in seguito ai fatti di Parigi, in un dialogo libero e concreto con i giornalisti, uscirsene dicendo: “Se questo tale, che pure è mio amico, mi dice una parolaccia contro la mia mamma, gli arriva un pugno!”.
E scoppia il caos. “Ecco il paladino della pace, del perdono, della misericordia, essere pronto a menare pugni!”. Era quello che mancava ai nostri quotidiani, oppositori di papa Francesco, che già gli attribuiscono la patente di rivoluzionario, di comunista, di pauperista ecc.
La confusione mentale, la depressione caratteriale e melanconica di alcuni personaggi, che hanno a disposizione soldi e media, non poteva trovare di meglio che scandalizzarsi.
A me sembra che il papa dicesse: “Se uno prende gusto a schiacciarti un piede coi calli, come fai a non dirgli, allontanandolo col braccio: ‘non vedi che mi schiacci i calli?’”.
A questa reazione spontanea, istintiva, si riferiva il Papa, pensando a situazioni drammatiche nelle quali un popolo si vede continuamente beffeggiato per la sua religione.
La libertà, che è la nostra bandiera insieme alla tolleranza, non significa necessariamente continuare a deridere valori e credenze religiose di milioni di persone.
Ha senso farlo, poi, quando in seguito assistiamo, come è accaduto anche questa volta, alla reazione di molti paesi, con ulteriori morti e saccheggi?
Il Papa, col suo linguaggio fresco, popolare, istintivo, capace di trasmettere idee e concetti senza troppi ragionamenti, sempre in aereo, al ritorno dalle Filippine, a proposito di nascite e di famiglie numerose, ha parlato dei ‘conigli’, che sappiamo nascere a piccole frotte. No, dice il Papa, “la paternità e la maternità sono un evento di responsabilità”; il Concilio ha parlato di “paternità responsabile”, che è poi il succo di quella famosa enciclica di Paolo VI, la “Humanae vitae”.
Il senso delle parole del Papa era che i figli non sono come ‘conigli’ da far nascere; il compito dei genitori è educare, far crescere, tenere in vita; quando questo impegno non si riesce a mantenere, è sofferenza e dramma.
Quante volte anche noi preti-parroci abbiamo detto: “attenti, i figli da mettere al mondo non sono come conigli”, usando la stessa espressione di papa Francesco!? Il Papa poi ha indicato nel numero di tre figli semplicemente una realtà di buon senso, un consiglio per quando la situazione è molto difficile e precaria. Ma a nessuno è proibito averne 10 o 15; basta avere i mezzi per farli viver con dignità!
Anche qui c’è stato lo scandalo dei benpensanti, molti dei quali non hanno figli. E c’è stato, anche, su qualche giornale, un buon papà che diceva: “Io sono uno di quei conigli!”. Il Papa, allora, ha poi chiarito che le famiglie numerose sono certamente un dono di Dio, ma che questo non cancella il valore della responsabilità nel mettere al mondo dei figli.
Ecco, io credo che le reazioni di tanti nostri cattolici alle parole del Papa abbiano proprio il sapore di quella fede che non sa più credere con la gioia con la quale credono le popolazioni dei nuovi continenti. Il Papa ha detto cose straordinarie, vivendole nella sua persona, ma a questi bravi cattolici, difesi dai soliti preti che non amano questo Papa, sono bastate poche battute di buon senso (non sono una enciclica!), per scatenare il loro livore nei confronti dell’azione rinnovatrice di papa Francesco.
In questi casi non serve più la parola di Dio annunciata con profezia dal Papa. Non dice nulla il suo esempio di santità e di amore alla chiesa e al mondo. Nulla serve l’annuncio della misericordia e della tenerezza di Dio di cui è piena la predicazione del Papa. Per chi ha un cuore ‘duro’, incapace di ‘conversione’, non resta altro che accusarlo anche di fronte a parole di semplice bonomia, che non sono certo oggetto di fede!
don Enrico Ghezzi
23 Gennaio 2015 at 16:27
Carissimo Vittorio, anch’io mi sono posto i tuoi interrogativi. Ma non ricordo chi, tantissimi anni fa, ha per primo profetizzato che il cristianesimo del futuro ci arriverà dall’Oriente. Condivido poi perfettamente il tuo giudizio su “… La confusione mentale, la depressione caratteriale e melanconica di alcuni personaggi, che hanno a disposizione soldi e media, non poteva trovare di meglio che scandalizzarsi. ” E a tale proposito , aggiungo di seguito la lettera inviata al Foglio di Giuliano Ferrara due giorni fa.
Caro Ferrara,
ho sentito ieri sera a “Le invasioni barbariche” una sua feroce presa di distanza dal “pugno” di Papa Francesco !
In punta di piedi vorrei tuttavia ricordare a lei e ai suoi tanti lettori, che sulle “reazioni umane” dei papi, reazioni cioè collocate nella storia, c’è un illustre precedente.
Mi risulta per esempio che il “primo” Papa del cristianesimo, che era un personaggio secondo le sue imperscrutabili ragioni terrene un poco “fifone”, ma decisamente inserito nel suo tempo e a cui Gesù si rivolse dicendo che era di scandalo perché: ”… non pensava secondo Dio ma secondo gli uomini”, ha addirittura reagito a quella che per lui era una “ingiustizia”, tagliando l’orecchio al servo del sommo sacerdote!
“… Pietro, che aveva una spada, la prese e colpì il servo del sommo sacerdote, recidendogli l’orecchio. Quel servo si chiamava Malco…”(Mc;Mt;Lc;Gv;) .
Poi intervenne Gesù …ma questo è un altro discorso.
Anche perché tra Pietro e Gesù c’è una differenza siderale.
Mi sono sempre chiesto se “…pensare secondo gli uomini” sia però un peccato mortale. E mi sono interrogato se la reazione di Pietro sia stata sin troppo impulsiva, terrena, focosa, “irrazionale”, emotiva, scaturita dalla situazione, oppure c’è dell’altro che ignoro.
Accetti un cordiale saluto
Nino Labate-Roma
23 Gennaio 2015 at 16:35
Chiedo scusa a don Enrico Ghezzi, l’articolo è suo! E gli interrogativi e il virgolettato sono suoi.
Mi ha portato fuori strada quel: “…by Sammarco” collocato all’inizio, Mentre la lettera a Ferrara è mia!
D’altronde, caro don Ghezzi, se lei vuole può però rispondere al mio interrogativo evangelico , molto meglio di quanto possa capire io, essendo padrone dell’esegesi e della teologia.
Accetti un saluto e le mie scuse.
Nino Labate
25 Gennaio 2015 at 16:43
Caro don Enrico,
non cadere, per favore, anche tu nella trappola di creare subito steccati di parole (benpensanti, livore, etc.). Il senso del discorso di Francesco sulla procreasione responsabile è importante e benvenuto. Ma la forma non lo è, nemmeno in un momento colloquiale. Su conigli e procreazione fioriscono decine di barzellette da caserma. Il “non siamo conigli”- forse dovuto a una non piena padronanza di alcune sottigliezze della lingua italiana – ha offeso più di una persona. Tutto qui. Nulla di grave. Ma nulla di grave anche nel rilevarlo.
Un caro saluto
Gianni Toniolo