Il cammino sinodale della Chiesa genovese. Quanto resta della notte?

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di Salvatore Vento

Sabato 8 giugno col significativo titolo “Quanto resta della notte?” si è svolto a Genova l’incontro di riflessione sul cammino sinodale della Chiesa genovese iniziato tre anni fa col coordinamento di un “gruppo sinodale diocesano” e la direzione di Don Gianni Grondona, Vicario episcopale sinodalità. Il primo anno, chiamato “fase narrativa”, è stato caratterizzato dall’ascolto con l’individuazione di tre punti cardine: accoglienza, comunità corresponsabile e spiritualità. Successivamente si è passati ad approfondire la “fase sapienziale” finalizzata ad assumere decisioni. La maggior parte degli intervenuti proveniva dalle parrocchie e dai 22 vicariati presenti in città e in misura minore da associazioni e movimenti. Alle assemblee hanno partecipato 596 persone avendo come punti di riferimento le linee guida della Cei:

1) la missione secondo lo stile di prossimità;

2) il linguaggio e la comunicazione;

3) la formazione alla fede e alla vita;

4) la sinodalità e la corresponsabilità;

5) il cambiamento delle strutture.

Cercherò di sintetizzare alcuni dei principali contenuti emersi. L’annuncio del Vangelo non può limitarsi a trasmettere un messaggio, oppure offrire un servizio, ma deve evolversi in una relazione più profonda, di fraternità. Un’esperienza promettente in un quartiere piuttosto difficile è stata la costituzione di un “team pastorale” (sacerdoti, suore e diaconi) tra quattro parrocchie che si incontra settimanalmente per programmare insieme le attività.

Si è preso atto della “fine della cristianità” (non del cristianesimo) ponendosi questa domanda: Come reimparare a stare nel mondo in una società che non è più cristianizzata? Nessuna struttura, da sola, è autosufficiente. Sorge perciò la necessità di imparare a fare rete con tutte le associazioni della società civile presenti sul territorio, anche di fedi diverse o non credenti.

La liturgia dovrebbe saper portare sull’altare la vita della comunità, deve incarnare esperienze concrete di vita vissuta per generare empatia e coinvolgimento emotivo.

Molti hanno espresso parere favorevole al diaconato femminile, mentre non si è avuta convergenza sulla proposta di diaconato come via per accedere al sacerdozio.

Un tema ripetutamente evidenziato negli interventi è stato quello di concepire la diversità come valore comunitario.

Lo stesso giorno è stata diffusa La lettera pastorale dell’arcivescovo Marco Tasca, “Evangelizzazione, Sinodalità e Fraternità di parrocchie”.

La diocesi di Genova è composta da 278 parrocchie seguite da 142 sacerdoti (diocesani, religiosi, extradiocesani), di cui 64 hanno responsabilità di più parrocchie. Altri 80 sacerdoti operano come vicari parrocchiali o aiuti pastorali. Un vero e proprio grido d’allarme è stato lanciato dal Vescovo sul decremento demografico della città e il conseguente invecchiamento: nel 2022 sono nati 3.314 bambini e sono deceduti 8.246 persone. A Genova abitano 561 mila persone, di cui oltre 60 mila sono cittadini stranieri, pari al 10,8%. Nelle zone dell’entroterra o nei piccoli comuni dell’area metropolitana non ci sono sacerdoti sufficienti per garantire la messa domenicale. Da qui nasce la proposta di costituire “fraternità di parrocchie” (comunità che condividono la stessa équipe pastorale).

Secondo i dati Istat nazionali la frequenza settimanale di cittadini a un luogo di culto (chiesa, tempio, moschee) negli ultimi vent’anni è scesa dal 36,4% al 18,8%. I praticanti delle diverse confessioni religiose, come tutti gli studi hanno ampiamente dimostrato, sono minoranze. Di fronte a questi dati, validi anche a livello locale, Mons Tasca si chiede: “Come i fedeli laici possono accompagnare l’opera di evangelizzazione dei presbiteri? Davanti a tanto individualismo, che isola le persone, come e dove riscoprire, invece, il piacere spirituale di essere popolo? Ci sono tanti che cercano sinceramente la giustizia sociale, si prendono carico della vulnerabilità, si impegnano per la pace e per l’ambiente: quali percorsi si possono fare insieme?” Sono tutte domande che non possono trovare risposte definitive, l’importante è averne la consapevolezza e continuare, con ancora più forza e determinazione, il processo di sinodalità avviato.

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