L’incontro di sabato 22 gennaio, organizzato dall’associazione Argomenti 2000 e a cui hanno preso parte Silvia Costa, Michele Nicoletti e Laura Rozza Giuntella, è stato un’occasione sia per ricordare la figura del presidente del Parlamento Europeo sia per prendere le mosse dalla qualità del suo fare politica per ragionare sulle prospettive del cattolicesimo democratico
di Riccardo Saccenti
L’Europa come cantiere da edificare con gli strumenti della democrazia, alimentando nel dibattito e nel confronto la maturazione di una consapevolezza dei doveri e dei diritti che ne costituiscono la ragione politica e morale. Sono queste le direttrici dell’esperienza politica di David Sassoli che emergono dall’incontro di sabato 22 gennaio, organizzato dall’associazione Argomenti 2000 e a cui hanno preso parte Silvia Costa, Michele Nicoletti e Laura Rozza Giuntella. Un’occasione non solo per ricordare la figura del presidente del Parlamento Europeo, ma più profondamente per prendere le mosse dalla qualità e dalla sostanza del suo fare politica per ragionare sui fondamenti e le prospettive del cattolicesimo democratico. Perché nella biografia politica di Sassoli questa espressione – “cattolicesimo democratico” appunto – non rimanda soltanto ad una tradizione di cultura politica, né va intesa come un semplice sistema di principi di riferimento astorici. Si tratta piuttosto di un vero e proprio habitus, di una lettura politica della realtà maturata dall’interno delle cose, dalla loro pratica e dalla loro cura.
Come molti hanno ricordato, la sensibilità politica di Sassoli ha radici lontane, precede il suo impegno politico come parlamentare europeo e poi come presidente dell’assemblea di Strasburgo. Risale alle origini fiorentine, al suo aver respirato l’aria della città di La Pira, Milani, Balducci, e ad una gioventù vissuta fra lo scoutismo e l’esperienza del “La rosa bianca” dei Giuntella, Ardigò, Scoppola. Una palestra di politica, proiettata già allora oltre i confini italiani, nell’ambizione di una politica europea che radicasse l’esercizio della libertà nella costruzione di itinerari di giustizia. Un orizzonte nel quale matura non solo l’attenzione per le dinamiche istituzionali e partitiche, per i processi sociali e culturali, ma si radica anche una coscienza cristiana curiosa di pensare la fede, di viverla e interrogarla sulle grandi questioni di senso. Non dunque un cattolicesimo “clericale”, esposto alla tentazione di poter semplicemente tradurre sul terreno socio-politico i contenuti del magistero sociale. Piuttosto la scelta di un cristianesimo che prende le mosse, in modo sapienziale, dall’esperienza dell’umano, da una vita nella quale la fede viene interrogata dalle gioie e dalle speranze, dalle attese e dai timori che attraversano il cuore dell’uomo. È un cristianesimo che non si traduce in una chiusura nell’individualità, ma che al contrario, proprio nell’affrontare il bisogno profondo di senso, si radica nella storia e lì riesce a leggere tanto il Vangelo quanto quei “segni dei tempi” che del Vangelo sono semi piantati nella vicenda umana.
Dagli interventi della mattinata di sabato (che possono essere riascoltati QUI non emerge un semplice ricordo di Sassoli. Piuttosto si delineano le forme di una riflessione che offre la possibilità di dare consistenza a quella “buona politica” che è stata richiamata come cifra dell’impegno del presidente del Parlamento Europeo. Perché questa è fatta di capacità di leggere la realtà, di sforzo di comprensione delle cose, di una disponibilità ad ascoltare ogni voce, che poi si traduce in una progettualità possibile. È certamente una politica segnata da una profonda idealità, ma non prigioniera della tentazione di voler costringere la realtà dentro gabbie ideologiche. Al contrario, è un agire pubblico che, a partire dalla concretezza dei problemi, ne comprende il senso profondo, il valore pienamente politico, e sa per questo costruire opzioni possibili perché le colloca dentro un’intelligenza del quadro più generale, sia esso quello nazionale o europeo o planetario.
Visto attraverso la vicenda di David Sassoli, il cattolicesimo democratico appare allora come una realtà viva, capace di alimentare una sensibilità umana e politica che modella e orienta l’iniziativa di chi opera nelle istituzioni. In questo tempo di crisi profonda delle strutture partitiche, dei processi di costruzione del consenso, della capacità delle democrazie di fare della rappresentanza la radice che àncora l’agire politico ai processi vitali della società, interrogarsi sulla forza che esercita un lucido “pensare politicamente” significa porre al centro del dibattito la democrazia del XXI secolo. E il valore dell’esperienza di Sassoli sta proprio nel prendere le mosse dall’urgenza di ripartire dalle culture politiche come condizione necessaria per restituire qualità alla politica. Si tratta, cioè del rimettere al centro il confronto sulle idee e sulla intelligenza delle cose, in una parola: del bisogno di pensare.
Ed è in questo senso che si può affermare l’appartenenza di Sassoli al cattolicesimo democratico, là dove quest’ultimo lemma assume i tratti non solo di un sistema statico di principi e valori. In senso più radicale, esso descrive una vera e propria dimensione programmatica, nella quale si gioca lo sforzo sempre nuovo di combinare una profonda coscienza cristiana con un esercizio della politica intesa come capacità di comprendere e orientare ad una umanizzazione la realtà e i suoi processi. L’attenzione che in queste settimane è stata riservata al presidente del Parlamento Europeo segna così l’occasione per tornare a riflettere sul valore e sul futuro del cattolicesimo democratico nel contesto della vita politica italiana ed europea.
Riccardo Saccenti
Comitato scientifico di “Argomenti 2000”