Fulvio Ferrario, in “Riforma”, settimanale delle Chiese Evangeliche Battiste Metodiste e Valdesi del 13 aprile 2012, in un a breve nota sul cinquantesimo anniversario dell’inizio del Concilio, dice che, a vedere dall’andamento dell’ecumenismo, il Vaticano II rischia di risultare una parentesi felice dentro una storia che non fa passi avanti.
Quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II. Naturalmente si è trattato, di per sé, di un evento interno al cattolicesimo romano e alla sua gerarchia, convocato dal papa e costituito da vescovi. Esso ha avuto, tuttavia, un significato importante per la storia mondiale e, in essa, anche per il cammino verso l’unità della chiesa. Il cattolicesimo è parso imprimere una svolta decisa al proprio atteggiamento verso il mondo moderno: non più condanna e rifiuto, bensì dialogo. In questo quadro, anche il confronto tra chiese diverse ha ricevuto un impulso significativo. In precedenza, il movimento verso l’unità della chiesa era limitato quasi esclusivamente al protestantesimo. Con il Concilio, la chiesa cattolica è entrata con entusiasmo nel dialogo e, per alcuni anni, è sembrato che i cambiamenti potessero essere veramente decisivi.
Il Concilio afferma, in un passo famoso, che la vera chiesa di Gesù Cristo sussiste nella chiesa cattolica romana. Si tratta di parole scelte con cura. Qualcuno voleva che si affermasse che la vera chiesa è la chiesa cattolica. Il Concilio ha volutamente scelto un’espressione diversa: sussiste nella chiesa cattolica. Se poi sussista anche altrove, in altre chiese, è questione che viene lasciata aperta, in attesa di sviluppi futuri. Sembra una piccolezza, ma si è trattato di un enorme passo avanti, impensabile fino a pochi anni prima. Il dialogo tra le chiese ha vissuto, negli anni successivi al Concilio, il proprio momento migliore. Purtroppo però, durante i pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI il quadro si è notevolmente modificato. Il passo che abbiamo citato è stato interpretato dal Vaticano come se Roma fosse l’unica e sola vera chiesa: un chiaro e netto ritorno al passato. Molti teologi cattolici hanno rilevato che il testo voleva dire un’altra cosa: ma il parere della gerarchia si è imposto. Oggi, celebrando il concilio, alcuni parlano di svolta, altri sottolineano la continuità con il passato. Mi chiedo se non si debba parlare di una parentesi: una grande promessa di cambiamento, certamente, che però, per dirla in termini prudenti, non è stata pienamente mantenuta.