Grandi difficoltà di rapporto tra l’amministrazione Obama e i vescovi statunitensi. Riportiamo di seguito una breve nota della giornalista cattolica Kathleen Naab, apparsa su Zenit il 1° febbraio, e un articolo di Massimo Faggioli su Europa del 7 febbraio.
Almeno il 65% dei vescovi USA contro il piano sanitario di Obama Alle istituzioni cattoliche vengono imposti l’aborto e la sterilizzazione
di Kathleen Naab in www.zenit.org
Almeno il 65% dei vescovi statunitensi si sono espressi in difesa della libertà religiosa nelle ultime due settimane. Il dissenso dell’episcopato americano riguarda il provvedimento dell’amministrazione Obama che impone alle istituzioni cattoliche il finanziamento del piano sanitario nazionale, comprendente farmaci abortivi e sterilizzazione. Il blogger cattolico Thomas Peters ha aggiornato la lista dei vescovi che hanno rilasciato dichiarazioni pubbliche – molte delle quali fatte durante le omelie domenicali – in merito al piano governativo. Il numero dei vescovi che si sono pronunciati sono stati 126, mentre le diocesi sono complessivamente 197 in tutti gli Stati Uniti.
“L’amministrazione Obama ha tracciato una linea nella sabbia senza precedenti”, aveva dichiarato il cardinale designato Timothy Dolan, arcivescovo di New York, il giorno dell’approvazione del piano.
“I vescovi cattolici sono impegnati a collaborare con i nostro compatrioti americani per riformare la legge e cambiare questa ingiusta norma”, ha affermato Dolan, che ricopre anche la carica di presidente della Conferenza Episcopale Statunitense.
“Continueremo a valutare tutte le implicazioni di questa sconcertante decisione”, ha concluso il presule.
[Traduzione dall’inglese di Luca Marcolivio]
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Riforma sanitaria e contraccezione, è guerra tra Casa Bianca e vescovi Cattolici
di Massimo Faggioli
in “Europa” del 7 febbraio 2012
L’amministrazione Obama si trova di fronte ad una delle crisi più gravi tra chiesa cattolica e politica, dalla sentenza della Corte suprema del 1973 che legalizzò l’aborto. Il presidente in carica potrebbe pagare un prezzo molto alto per aver toccato un ambito, quello delle esenzioni degli “enti religiosi” da alcuni requisiti imposti dalla legge di riforma sanitaria, che i vescovi ritengono parte integrante della definizione di “libertà religiosa”.
Da tempo i vescovi chiedevano alla Casa Bianca un maggiore spettro di esenzione concessa a scuole, ospedali ed enti caritatevoli cattolici, in particolare rispetto all’obbligo di fornire ai propri utenti e impiegati copertura assicurativa per pratiche contraccettive (sterilizzazione inclusa e aborto escluso). Il 20 gennaio scorso il Department of Health and Human Services, diretto dal segretario Kathleen Sebelius (cattolica), ha escluso gli enti cattolici da questa esenzione, garantendo loro solamente un anno in più per mettersi in regola, ovvero fino ad agosto 2013.
La reazione non si è fatta attendere. Questa decisione della Casa Bianca, sotto certi versi inattesa perché presa senza considerare ipotesi alternative (come quella in vigore nello stato delle Hawaii), ha fornito nuove munizioni ad un episcopato che dall’elezione di Obama in poi non ha perdonato nulla all’amministrazione democratica, ma ha chiuso più di un occhio di fronte alla deriva ideologica individualistica e antisociale dei repubblicani. Ma non soltanto i vescovi si sono fatti sentire. Cattolici laici di varie tendenze teologiche e politiche hanno criticato l’amministrazione per questa decisione: soltanto alcuni di questi lo hanno fatto perché spinti dai vescovi. Molti cattolici obamiani sentono di essere stati sedotti e abbandonati, dopo essersi esposti in prima persona (come in occasione dell’invito al neo-presidente a parlare all’Università di Notre Dame nella primavera 2009) e aver pagato con un ostracismo dichiarato da parte dei loro vescovi per aver appoggiato il candidato e il presidente “sbagliato”.
Anche la Catholic Health Association, che nel 2010 aveva appoggiato la riforma sanitaria di Obama contrapponendosi ai vescovi americani, ha criticato la decisione del dipartimento della sanità. Non è chiaro se la Casa Bianca farà marcia indietro; ma è chiara la dimensione del problema politico, e in particolare di matematica elettorale nella prospettiva delle elezioni di novembre. I voti dei cattolici sono particolarmente importanti in stati-chiave del Midwest come Ohio, Pennsylvania e Wisconsin. Ma è evidente la sottovalutazione della questione della “libertà religiosa” da parte dell’amministrazione Obama, eletta nel novembre 2008 col 54 per cento dei voti dei cattolici (in gran parte cattolici non bianchi).
Non molti cattolici democrats cambieranno il proprio voto rispetto a quello del 2008, ma questo scontro aperto tra chiesa cattolica e Obama potrebbe influenzare il voto degli indipendenti: i vescovi ora hanno in mano una “issue” che possono usare per additare Obama all’ostilità degli elettori più religiosi e così influenzare la corsa alla presidenza molto più di quanto non potessero prima del 20 gennaio scorso.
La stragrande maggioranza dei cattolici americani disapprova il magistero ufficiale della chiesa circa la moralità della contraccezione, e ha ben presente che oggi gli “enti cattolici” impiegano e offrono i loro servizi ad un bacino di utenti e lavoratori che sono in grande maggioranza non cattolici. Gli stessi intellettuali cattolici che hanno criticato la decisione del dipartimento della sanità non sono ciechi di fronte al rischio di un sistema sanitario ancora più particolaristico di oggi, in cui ad ogni chiesa e credo possano essere garantite esenzioni: oggi la contraccezione per i cattolici, domani le vaccinazioni per qualche altro gruppo?
D’altra parte, l’idea di “libertà religiosa” che i vescovi cattolici avocano oggi è assai diversa da quella classica, che si esplicava principalmente in libertà di coscienza e libertà di culto. Ma l’amministrazione Obama non ha calcolato il costo politico di pronunciarsi su un ambito, quello della “libertà religiosa”, che rappresenta la pietra angolare del sistema costituzionale americano. Di fronte all’ostilità dei vescovi americani, Obama aveva trovato finora una sponda nella diplomazia vaticana e nella segreteria di stato del cardinale Bertone. Ma il nuovo nunzio apostolico a Washington, Viganò, è alle prese con la fuga di notizie circa la corruzione nell’amministrazione della Santa Sede: con le manovre in corso in Vaticano che puntano alla sostituzione del cardinale Bertone, l’episcopato statunitense ha più che mai mano libera. Tra dieci mesi i vescovi americani potrebbero trovarsi nella condizione di appoggiare indirettamente un candidato come Romney: un mormone la cui biografia è quanto mai misteriosa (perché finora tenuta nascosta) sulle questioni di fede e morale.