“Non saranno le certezze del passato a guidarci nella crisi della democrazia che stiamo vivendo. Tra le poche certezze che abbiamo c’è quella che nulla può essere dato per scontato. Bisogna cercare nuovi argomenti per difendere i principi di libertà e di eguaglianza, e prestare attenzione alle passioni e non solo a interessi e ragioni. Le cose non andranno a posto da sole. C’è molto da fare, e bisogna farlo”. Così si conclude l’editoriale che presenta il numero 3/2019 de Il Mulino, giunto al suo 68° anno di vita e al fascicolo (meglio: volume) numero 503. È una grande emozione per chi legge questa e altre riviste da 60 anni. La diagnosi severa e molto preoccupata che emerge appare molto realistica e invita a evitare chiacchere e a concentrarsi verso un impegno severo e di lunga durata … e dunque tale da coinvolgere anche e soprattutto le generazioni più giovani e future. In particolare su questo interessantissimo numero si può leggere di come viviamo in un mondo dove il lavoro ha sempre meno valore, dove l’Italia, priva di una “linea” sia sempre più irrilevante e debole e divisa al suo interno, talora fino all’intolleranza e alla lacerazione. Sulla base di queste considerazioni la rivista offre poi alcuni interventi (e un’intervista a Salvatore Veca) molto interessanti e, per chi ha il coraggio del futuro, molto impegnativi.
E’ tutto dedicato a Romano Guardini il numero doppio (uscito a giugno) di Humanitas, il bimestrale della Morcelliana. Ilario Bertoletti illustra l’importante rapporto che ha legato Romano Guardini e l’editrice bresciana; e molti interessanti interventi illustrano il pensiero di Guardini, il suo grande contributo non solo alla cultura moderna ma anche allo sviluppo della religione nel confronto-dialogo con la modernità. Lungo le trecento pagine della rivista s’incontrano nomi ed esperienze di lingue, culture e fedi diverse, tutti in qualche modo legati a un dialogo (esplicito o implicito) con Guardini, del quale la Morcelliana (e il mondo cattolico più attento e aperto, a cominciare da Montini) sono stati interlocutori e spesso discepoli. Questo numero di Humanitas (oltre 500 pagine, non tutte in italiano) è di grandissimo interesse e può aiutare anche oggi molte coscienze a trovare un’interpretazione (illuminata dalla fede) di fronte a tanti problemi, pensieri e azioni, che ci circondano o si annunciano: dall’etica alla politica, dalla filosofia alla teologia, dalla liturgia all’azione quotidiana.
Dialoghi, la rivista che fa capo alla fondazione Apostolicam actuositatem, ed è il trimestrale promosso dall’Ac in collaborazione con l’istituto Vittorio Bachelet per lo studio dei problemi sociali e politici, dedica il numero di giugno al Potere della comunicazione e ospita, tra gli altri, l’articolo di Vania de Luca e Vittorio Sammarco su La democrazia al tempo della comunicazione. Gli autori mettono in luce come la centralità dell’informazione richieda una maggior partecipazione e protagonismo. Non basta essere buoni fruitori dei media, ma bisogna essere capaci di diventare attori di una comunicazione pluralista e obbiettiva e onesta perché non legata a interessi di parte.
“Quando sinodalità vuol dire fede pensosa e pensante” è il titolo-tema del fascicolo di Koinonia di giugno. In vari interventi e testi pubblicati sul fascicolo (agile ma profondo e ricco di stimoli) si sviluppa la giusta intuizione che la pluralità delle voci non è confusione, ma è piuttosto una ricchezza vera, anche se impegnativa. Certo: dar voce a pensieri diversi, a intuizioni nuove, ad attese e domande magari impreviste può essere certamente una fatica; e chiede serietà e saggezza, ma offre anche la possibilità di pensare più e meglio, di costruire una sinodalità pensosa e pensante…. Tra le pagine del fascicolo di Koinonia si possono leggere tra l’altro le riflessioni di Edward Schillebeeckx che, in un colloquio con Francesco Strazzari afferma, tra l’altro: “una volta si parlava di scuole teologiche: c’erano dei maestri e dei discepoli. Ora non più. L’idea di fare scuola è un’idea superata….io non scrivo per l’eternità, ma cerco di rispondere alle domande. La mia teologia ha quindi una data, è contestuale, ma nello stesso tempo vuole andare anche al di là della situazione come tale. C’è una intenzione universale …”.
(a. bert,)