Il travolgente consenso raccolto dal PD di Renzi ci ha fatto tirare un sospiro di sollievo. Sono stati battuti i due populismi, quello nuovo e più insidioso di Grillo e quello vecchio e declinante di Berlusconi. Ma anche e soprattutto ne è sortita una straordinaria spinta in positivo, che dischiude a una singolare centralità del PD nel quadro politico italiano, a una stabilizzazione del governo e alla sua carica riformatrice, a un nuovo, particolarissimo protagonismo del premier e del PD nel correggere il segno della politica europea.
Ma, una volta incassato il risultato, merita ragionare in prospettiva e in un’ottica di sistema. Muovendo da un interrogativo cruciale: quale profilo e missione ne sortiscono per il PD dentro il sistema politico italiano? Per lungo tempo, la pubblicistica ha letto il PD lungo la sequenza storica sostanzialmente unitaria del principale partito della sinistra italiana: Pci-Pds-Ds-PD. Già con la conquista della leadership da parte di Renzi, e ancor più oggi, quella lettura continuista è stata smentita. Diciamo che Renzi è riuscito a inverare una novità/discontinuità che gli ideatori dell’Ulivo si erano proposti di realizzare senza riuscirci: nell’avvicendamento dei gruppi dirigenti, in una sintesi politico-culturale genuinamente riformatrice che segnasse una differenza rispetto ai paradigmi della vecchia sinistra e soprattutto con la cosiddetta vocazione maggioritaria, ossia con l’ambizione di rappresentare la società italiana nel suo complesso e non un blocco sociale specifico confinato entro il recinto minoritario della vecchia constituency della sinistra. Qui sta la grande impresa di Renzi.
Qualcuno tuttavia, in queste ore, più che l’Ulivo ha evocato la Dc dei suoi tempi d’oro. Sia chiaro: non è sottinteso un giudizio di valore negativo, anzi, il riferimento è al posizionamento e alla funzione che fu della Dc, non al suo profilo e alla sua azione politica. Il “partito italiano”, per dirla con lo storico Giovagnoli. Pur nella consapevolezza che ogni paragone zoppica, non è difficile intuire il senso di tale riferimento: appunto la sua vocazione a una rappresentanza generale e interclassista, la sua natura di partito di raccolta in ogni direzione (“partito pigliatutto”), la sua incontrastata centralità nel sistema politico.
Qui sta tuttavia un nodo sistemico da sciogliere. Qui si decide se il PD renziano evolverà verso il paradigma Dc o verso l’Ulivo finalmente realizzato. Nel primo caso, il PD sarà partito centrale ed egemone ma dentro un sistema attraversato da spinte proporzionaliste. Un partito che, volta a volta, associa a sé alleati di governo alla propria destra e alla propria sinistra. In concreto integrando nel proprio campo anche il Nuovo centro destra. Mutatis mutandis, al modo della prima Repubblica, in un sistema politico bloccato, ove il M5S arroccato farebbe la parte che fu del vecchio Pci. Nel secondo caso, il PD non rinuncerebbe a un chiaro posizionamento di centrosinistra e a stringere alleanze con esso coerenti, privilegiando le formazioni alla sua sinistra. Con ovvie conseguenze sull’asse ideologico-programmatico e sulle concrete politiche pubbliche.
Tale alternativa strategica sarà il nodo politico che il PD dovrà mettere a tema nel futuro prossimo. Non è alternativa da poco per l’evoluzione della democrazia italiana intesa quale democrazia competitiva ovvero consociativa. Renzi ha mostrato di avere grandi qualità ma è incline al pragmatismo. Potrebbe interpretare egregiamente entrambi i copioni. Ma dovrà darsi una visione e operare conseguenti opzioni strategiche. In un caso, certo semplificando assai, si penserà alla Dc (certo più leaderista e decisionista e con una più marcata vena liberale e modernizzatrice), nell’altro all’Ulivo dentro un bipolarismo competitivo. Decisiva sarà la legge elettorale e segnatamente il ballottaggio. Immagino che vi saranno spinte a correggere l’Italicum in senso proporzionale. E non escludo che, al riguardo, dentro il PD, si possano rovesciare le parti e che sia ora la minoranza interna a patrocinare soluzioni maggioritarie e bipolarizzanti al fine di favorire interlocuzioni a sinistra e scongiurare una sorta di pentapartito di nuovo conio.
Franco Monaco
28 Maggio 2014 at 09:47
Il “nostro” mondo ha vissuto con un po’ di diffidenza l’ascesa di Renzi. Non è il caso qui di riprendere i diversi e legittimi motivi di tale atteggiamento, segno di quello spirito critico che deve caratterizzare un cattolico democratico e, in generale, ogni persona che voglia affrontare con intelligenza le questioni politiche.
Oggi però sarebbe utile aprire un dialogo un po’ più diretto e aperto col Presidente del consiglio e Segretario PD, se non con lui personalmente, per ovvie ragioni di agenda (ma forse non è impossibile in tempi medi), con qualcuno a lui vicino. Il successo del PD – e, diciamolo, di Renzi – ha difeso in un sol colpo l’Italia da un’ondata qualunquista e l’Europa da una (ulteriore) bordata antiUe e anti Euro (anche se nell’elettorato 5stelle ci sono istanze da considerare, al di là degli slogan). Non è poco.
28 Maggio 2014 at 23:18
Scusate, la diffidenza iniziale per Renzi, c’è un poco stata. E’ vero.
Superata tuttavia dal voto convinto del 25 maggio.
Ma sono i paragoni tra Dc e Ulivo proposti da Monaco che dovrebbero dare fiducia e speranza.
Ricordando infatti che la Dc di De Gasperi era un partito interclassista di “centro” che “…muoveva verso sinistra” ( verso cioè più giustizia sociale e verso maggiori eguaglianze ), e che l’Ulivo doveva essere un partito interclassista di “sinistra” che per vincere “si doveva muovere verso il centro” ( all’insegna della giustizia sociale e dell’eguaglianza, si doveva muovere cioè verso la tutela di piccoli e medi imprenditori, verso le più eque regole del libero mercato, e verso ceti medi sin d’allora in crisi di identità e di status), ebbene una volta che Renzi si è trascinato una bella fetta di sinistra fedele, riuscendo a sfondare al centro ( centro sociale, badate bene, altra cosa dal c.d. centro politico ) e una volta che si rende conto della composizione sociologica del nuovo elettorato che lo ha votato ( ceto medio in discesa libera in attesa degli 80 euro, famiglie letteralmente sotto la soglia di povertà, “moderati” per modo di dire, borghesia inesistente ma piccola borghesia imprenditoriale in crisi, ecc. ) chi e cosa lo frenano nel promuovere politiche economiche di redistribuzione e certamente anche di crescita ? Chi lo frena a trovare un equo equilibrio tra Stato e società, anziché sbilanciarsi tutto verso la società deregolamentata? Chi e che cosa gli impediscono di porre attenzione al lavoro, ai giovani, alle classi deboli, alle (nuove) diseguaglianze, ad un welfare meno sprecone e agli ultimi della terra ?
Valori questi ultimi che poi troviamo depositati nella migliore tradizione della sinistra Dc, dell’Ulivo e del (fu) cattolicesimo democratico, e non solo in quella della (fu) sinistra storica.
Un saluto Nino Labate
29 Maggio 2014 at 18:38
Credo che non si possano fare paragoni con il passato a motivo dell’anomalia della situazione si trova la nostra democrazia in questo tempo. Nelle elezioni del 25 giugno ritengo che abbia prevalso, e la cosa è positiva, soprattutto il buon senso: non si poteva dare credito alla “proposta” rappresentata da Grillo e non si poteva dare credito all'”ectoplasma” Berlusconi. E così è venuta la forte astensione e la grande maggioranza, fra i votanti, del PD di Renzi. Non c’è dubbio che ci sia stato un consenso alla positività di Renzi e al forte rinnovamento dei quadri del PD. Ora ritengo che il PD debba costruirsi come Partito vero e credibile, al di là del suo leader. In questo momento deve soddisfare la destra, la sinistra e il centro perchè pare non ci sia altro. Il contesto è tutto in movimento: i 5 stelle sono un fenomeno che potrebbe implodere e che, come è ora, non credo abbia molto futuro, la destra è tutta da costruire dalle macerie in cui si trova e a da cui non ha i presupposti per ricostruirsi e il centro non esiste, mancano persone nuove e credibili in queste parti del nostro quadro politico. Per questo andrei cauto a fare paragoni con situazioni del passato. Sarebbe auspicabile che il PD si costruisse con lo spirito dell’Ulivo.
30 Maggio 2014 at 00:04
Condivido il contenuto ed il problema evidenziato da Monaco nel suo articolo . Ritornare con la memoria al passato ,a due pariti DC e PCI ,potrebbe apparire anacronistico ,in quanto rispecchiava una realtà diversa anche se non sono mancati momenti in cui la nostalgia affiorava …Renzi ,con la sua vittoria ha raccolto un consenso che proveniva da varie posizioni ,le più svariate ,dal centrodestra berlusconiano allo sfascio ,dal rinsavimento dei 5S ,da nostalgici democristiani dispersi ,e dalla sinistra stanca dell’immobilismo in cui versava da tempo .Ora bisognerà vedere come si orienterà .Di certo per chi ha come me votato la sinistra ,da cattolica praticante, per una condivisione di “valori “che erano basilari per una difesa delle classi più deboli, per gli emarginati da una società elitaria (pur facendone parte io stessa ) per la salvaguardia dei diritti di ogni uomo ,contro ogni sorta di discriminazione ,pur tenendo conto di altre componenti, non sarebbe una pretesa assurda sperare che il Pd possa rinascere a nuova vita consapevole di ciò che rappresentava per gli elettori ma disponibile ad aperture verso riforme innovative e coraggiose che promuovano sviluppo e,crescita del paese . Sono questi valori che si ritrovano in ogni ideologia che ha a cuore il benessere di tutti e non di pochi !
31 Maggio 2014 at 21:09
Condivido l’analisi di Franco Monaco anche se non mi rallegra che l’attuale dirigenza del PD sia, come lui dice, nell’attuale ambiguità di se riprendere lo spirito dell’Ulivo o verso un paradigma DC, anche perché la politica del Partito prima di Renzi aveva le stesse ambiguità: una dirigenza proveniente dalla sinistra storica che non ha mai espresso, se non a parole, valori di sinistra e quando è stata forza di governo si è spiattelata sulle politiche neoliberiste di Monti e di Letta.
Mi auguro che il PD, forte dell’affermazione elettorale trova la forza di essere davvero il partito egemone della futura politica governativa e dissipi le ambiguità, anche queste purtroppo delle sue prime scelte di Renzi nel cedere troppo alle pretese di Berlusconi e della sua pattuglia all’interno del governo capeggiata da Alfano di NCD. E’ su queste valutazioni che per le europee ho vostato la lista Tsipras che contiene un chiaro indirizzo di rinnovamento delle politiche comunitarie e mi auguro che sia di aiuto alle forze socialiste e democratica.