L’autore è docente di Politica Sociale presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Univerità di Roma Tre
Di semi-presidenzialismo se ne parla da tempo, e periodicamente ‘qualcuno’ agita il tema per ‘distrarre’ o per impedire che si faccia qualcosa di serio in Italia. Si tratterebbe di mettere mano alla Costituzione, che è una cosa troppo seria per essere affidata a dilettanti. Qualcuno ricorderà che ai tempi della P2 se ne parlava e si presentò il rischio che fosse tra i progetti da realizzare. Allora si pensò che si trattasse di velleità di un gruppo, che tutti, o la maggior parte, finirono per deridere. Ma non c’era da scherzare. L’idea sembrò morire, ma visse nel pensiero e nei propositi di ‘uno’ soprattutto: era un’idea che faceva il suo corso scavando, come un fiume carsico che, silenzioso, scava la pietra e va avanti. Ora ci risiamo e il governo ‘di servizio’ sembra disposto a ‘fare questo servizio agli italiani’. Ma non tutti forse sono disposti ad accettare questo servigio.
Il semi-presidenzialismo (o peggio ancora il presidenzialismo) richiede che la Costituzione sia cambiata e non sembra che ce ne sia bisogno. Il bisogno può darsi che ce l’abbia Berlusconi che è ‘in attesa’ dei responsi delle diverse magistrature. Il PdL sembra insistere sul governo perché faccia le riforme economiche, ma il vero problema è quello della riforma della Costituzione, dato che della riforma della giustizia è inutile parlarne. Ma pensa Berlusconi che sia più facile cambiare la Costituzione piuttosto che chiedere il cambiamento di una parte di essa? Può darsi che a lui interessi prendere tempo e arrivare alle sentenze per poi ribaltare tutto e, come il “Caimano”, trovare il modo di accendere ‘il fuoco’ contando sui suoi fedelissimi: “una sentenza vale bene una rivoluzione” dice il ‘nostro’, parafrasando un re di Francia, che pur di prendere Parigi era disposto ad andare a messa. Ma, soprattutto, come pensa il governo di riuscire nell’intento berlusconiano, dal momento che la maggioranza non c’è?
Intanto bisogna pensare alla riforma dello Stato con i pesi e i contrappesi, il conflitto di interessi che è quello che maggiormente riguarda Berlusconi. Soprattutto occorre assicurare che ci sia un controllo e sappiamo che Berlusconi non sopporta di essere legato da lacci e laccioli, specie di tipo costituzionale. Si potrebbe pensare alla formula francese del ‘doppio turno’, ma bisognerebbe pensare a trasformare la macchina burocratico-amministrativa, che esclude ogni tipo di conflitti di interesse e renderla efficiente come quella di oltralpe. La riforma alla tedesca sarebbe possibile, ma la formula di governo in quella nazione non prevede il presidenzialismo o il semi-presidenzialismo e il parlamento tedesco ha quasi lo stesso potere di quello italiano. Inoltre il sistema tedesco prevede uno stringente conflitto di interessi. Per non parlare dell’antico sistema americano che prevede, insieme ad una Camera con il potere di contrastare il Presidente, una rigorosa legge che prevede che nessun conflitto di interessi possa riguardare il Presidente o qualcuno dei ministri (o Segretari di Stato). Il nostro semi-presidenzialismo sarebbe invece semplicemente ad usum delphini, e, tanto vale, lasciarlo andare al suo destino e lasciare che i tempi maturino verso una democrazia più matura e che, per altre vie, non ci sia in giro “qualcuno” con un grande e insolvibile conflitto di interesse. Perché la verità è che i mali dell’Italia non dipendono dall’architettura della Costituzione, bensì dall’uso che se ne vuole fare.
Una riforma che invece andrebbe fatta al più presto è quella che prevede il rafforzamento della Presidenza del Consiglio, con il potere di nomina e di licenziamento dei ministri, la riforma del Senato federale ed evitare la doppia lettura di ogni legge, con una perdita di tempo che limita l’efficienza e l’efficacia che ogni provvedimento dovrebbe avere. Queste riforme dovrebbero avere la precedenza su tutti i presidenzialismi o semi-presidenzialismi, che una parte consistente del Parlamento e, soprattutto, dell’osceno (ob-scaena, nato da intese “fuori scena”) governo attuale non vorrà approvare. Tempi duri ci attendono, il tempo del “Caimano”.
Salvatore Rizza
20 Giugno 2013 at 00:45
L’affermazione che il governo attuale sia “osceno” è insultante e non fa onore a chi la fa.
L’affermazione che lo stesso governo sia nato da “intese fuori scena” non corrisponde al vero: il governo è stato votato dal nostro Parlamento, cioè “al centro” della scena sancita dalla nostra Costituzione.