“Migliaia di migranti stagionali, in Italia, subiscono condizioni di lavoro schiavistiche, soprattutto nei campi. Serve un approccio sia repressivo che sociale”. La denuncia, intitolata “Frutti amarissimi” campeggia in copertina del n 7/2013 di IC ItaliaCaritas, il mensile che divulga impegni, denunce e valori dell’organismo pastorale della Cei. Il problema dei lavoratori stagionali irregolari è molto diffuso e molto grave, soprattutto nel mezzogiorno e coinvolge almeno 400 mila persone impiegate in nero nell’agricoltura. Di esse una su quattro lavora in condizioni disumane, schiavistiche. Senza rispetto di orari e di condizioni civili di lavoro; talora al termine non viene neppure versata interamente la somma pattuita (i “caporali” trattengono spesso dal 30 al 50 per cento del salario). Sullo stesso fascicolo della rivista, poche pagine dopo, ecco un’altra denunzia: quella della povertà infantile: “il rischio di cadere in povertà tocca più i minori che gli adulti e gli anziani. Vale in Europa, vale anche nel nostro Paese”. Che futuro può sperare un Paese che maltratta o dimentica i suoi figli? Ma c’è un settore che non è in crisi, documenta ancora ItaliaCaritas, citando un rapporto di Legambiente: è quello dell’ecomafia, cioè dei settori della criminalità organizzata che hanno scelto il traffico e lo smaltimento illecito dei rifiuti. Nel solo 2012 sono state accertate 34.120 infrazioni, denunciate 28.132 persone, effettuati 8.286 sequestri. Le regioni maggiormente colpite sono nell’ordine: Campania, Sicilia, Calabria, Puglia, Lazio, Toscana…
“Il rispetto della realtà: è il primo canone, e non si può trasgredirlo per nessuna ragione, quando si ha tanta strada da fare, e tante contrarietà da incontrare; per nessuna ragione, neppure per accendere entusiasmi, o consolazioni. Soprattutto nella vita cristiana. Dove comincia la favola bella, o il mito, il cristianesimo è già svanito”. Lo scriveva Nando Fabro “Il cristiano tra due fuochi”; e questo pensiero, insieme a molti altri anche più complessi ma altrettanto sapienziali, viene proposto dal quaderno di settembre de Il Gallo, la rivista che lui aveva fondata. Sullo stesso fascicolo un intervento di Enrico Peyretti a proposito del saggio di Roberto Mancini su “Teologia o violenza” e un’articolata riflessione di Carlo Carozzo sul tema del silenzio a partire da un testo del filosofo catalano Francesco Torralba Rosellò (Volti del silenzio, ed Qjqajon, Bose).
La rivista internazionale di Comunione e liberazione Tracce dedica a settembre la copertina e un’ampia intervista ad Alberto Savorana, autore di una bella biografia di don Giussani (ed Rizzoli). Interessante anche il dossier sul meeting di Rimini 2013, su “Emergenza uomo”; e l’annuncio del tema per l’anno venturo: “Verso le periferie del mondo e dell’esistenza. Il destino non ha lasciato solo l’uomo”.
Koinonia, la rivista mensile curata dalla comunità domenicana di Pistoia, offre, nella consueta veste semplice, parecchio materiale interessante e originale. L’editoriale del numero di settembre (che contiene poi informazioni e riflessioni originali e non conformiste sulla vita della Chiesa nel mondo) si pone una domanda importante, e tanto più attuale dopo l’elezione di papa Francesco: “Epoca di cambiamenti o cambiamento d’epoca?”. Scrive padre Alberto Bruno Simoni, richiamandosi soprattutto alle parole del Papa all’episcopato brasiliano e ai vescovi del Celam. “Nella comunicazione quotidiana, immediata, efficace del Papa non manca, anzi è ben presente una visione strutturale di chiesa e una strategia di riforma che non possono rimanere lettera morta e non devono favorire operazioni gattopardesche”. E infatti Koinonia ripropone, nelle pagine successive, un bellissimo testo di Severino Dianich ripreso da Il Regno attualità n 14- 2013 intitolato “La Chiesa dopo la Chiesa. Evangelizzazione in Europa”. Pur con distinzioni e cautela, l’autore afferma, infatti, che anche qui da noi “non è indebito parlare di una crisi dell’evangelizzazione” e che “questa mutazione del quadro religioso dell’Europa ha avuto un’accelerazione impressionante in questi ultimi decenni, mentre la prassi pastorale e il costume dei fedeli restano ancorati alla visione tradizionale di una sorta di automatismo della trasmissione della fede, per cui la ripresa dell’evangelizzazione si presenta come un’impresa difficile, alla quale il corpo cristiano si trova impreparato”. E conclude: “Non si tratta solo di prendere atto di una situazione mutata. È tutto il rapporto fra la Chiesa e il mondo, sul piano sia culturale , sia del costume e sia politico che è messo in causa affinché le vie dell’evangelizzazione possano essere riaperte”.
(a.bert.)