JESUS: La Chiesa che verrà – LA CIVILTA’ CATTOLICA: La “cultura dell’incontro” – IL FOGLIO: L’Italicum e le preferenze – SERVITIUM “L’umiltà della verità”.

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“La Chiesa che verrà”. E’ una domanda che si pongono in molti, e perlopiù con grande speranza. Così anche Jesus di marzo parla del pontificato di Francesco. Vittoria Prisciandaro offre varie notizie “dal Vaticano” a cominciare dalla creazione del segretariato per le finanze in Vaticano. E poi apre l’obbiettivo sulle parrocchie e le diocesi, chiamate anch’esse a rinnovare e rendere più evangelico il loro rapporto col danaro. Mauro Castagnaio invece parla dell’impegno delle chiese, a partire dal Cile, dal Sudamerica per trovare un miglior rapporto con l’ambiente e proteggere le risorse idriche ed ambientali. A partire da questo numero (3/2014) il cardinale Ravasi torna a curare un appuntamento mensile di rilettura e spiegazione del testo biblico.

Anche La Civiltà Cattolica (n 3929 – marzo 20149 apre con un articolo su papa Francesco e i contenuti del suo magistero. Emerge, nel saggio del gesuita Diego Fares, la “cultura dell’incontro”: anzitutto egli non vede contraddizioni” là dove ci sono semplicemente contrasti e differenze (che poi spesso si rivelano complementari). Inoltre è evidente lo sforzo di mettersi nell’animo degli ascoltatori, non per adattare la verità alla situazione ma per cogliere la tensione, la scintilla, l’attesa che c’è in ciascuno… e che può arricchire la comprensione dei problemi e della stessa verità. Insomma: in papa Francesco i discorsi, gli incontri, le riflessioni e un po’ tutta la visione della società sono sempre “inclusivi”, orientati alla comprensione reciproca e animati da una tensione all’arricchimento reciproco perché nessuno possiede “tutta” la verità, ma essa può essere costruita e vissuta più facilmente “tutti insieme”. Naturalmente l’autorevole rivista dei gesuiti dedica vari articoli al nuovo pontificato: i nuovi cardinali, i temi sociali nell’Evangelii Gaudium, lo stile “creativo” del Bergoglio educatore…

Il Foglio, che si definisce modestamente “mensile di alcuni cristiani torinesi” accanto a tante considerazioni di ordine spirituale, ecclesiale, culturale e civile offre spesso anche brevi considerazioni “fulminanti”, pensieri liberi, magari discutibili, ma che fanno riflettere. Ad esempio sul numero 409 c’è un pensierino di Dario Oitana sulle preferenze elettorali: le “demitizza” e non ritiene che la loro presenza sia una battaglia importante per la democrazia. Sostiene che gli elettori, salvo una piccola minoranza, le indicano secondo le indicazioni dei partiti (o di cosche più o meno mafiose) o secondo la simpatia delle facce o secondo l’ordine in cui vengono offerte. E ricorda un esempio di trent’anni fa quando dopo lunga riflessione i responsabili delle “liste verdi” decisero di proporre alle preferenze i candidati in ordine alfabetico ed…erano stati votati i primi della lista!

Sul numero successivo (Il Foglio 410, di marzo) l’editoriale ricorda e sottolinea che la nuova proposta di legge elettorale (italicum, concordata con Berlusconi) secondo molti autorevoli giuristi contiene vizi analoghi a quella dichiarata incostituzionale; e che lo stesso Valerio Onida ritiene che un premio che dà la maggioranza assoluta ad un terzo o poco più dei voti è certo incostituzionale.

Ha un titolo suggestivo, bellissimo e fulminante, il fascicolo 211 di Servitium, quaderni bimestrali di ricerca spirituale con redazione a Sotto il Monte, nello spirito di Papa Giovanni e di pare Turoldo. Il titolo è “umiltà della verità” e cerca di rimettere in ordine idee e valori tanto sconvolti da identificare talvolta la verità (la sua difesa, la sua affermazione, la sua intuizione…) con la presunzione, la prepotenza, la violenza. Tanti i punti toccati nel volumetto: dalle parole di Gesù “io sono la via, la verità, la vita”, all’esortazione di Paolo “dire (e vivere…) la verità nell’amore”, alla riflessione sulla “verità dei vinti”, alla “verità dell’istituzione”, alla “verità dei volti”. E da tutto il cammino di più di cento pagine a più voci (e che voci…) esce questo inno all’umiltà intesa non tanto come nascondimento, ma come mitezza e amore per gli umili, i vinti, quelli che cercano, che ascoltano, soffrono, accolgono… Del resto se si può dire che Gesù è maestro di verità (con la vita, non dalla cattedra) è perché Egli è ”mite ed umile di cuore”.

 

(a. bert.)

 

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