Sull’inserto domenicale del Corriere della Sera (“La lettura”) del 17 giugno, insieme ad un articolo di Alberto Melloni, è pubblicato un articolo di Marco Rizzi, intitolato “Il Concilio di Trento è finito. Dopo 5 secoli”. Sottotitolo molto lungo: “II problema non sono i corvi vaticani ma il ribaltamento delle pratiche devozionali. Non regge più il modello organizzativo centralistico e parrocchiale definito nel ’500. La Chiesa rischia di diventare una confederazione di movimenti in lotta tra loro”. “Dottrina e disciplina”, scrive Rizzi, “parole chiave” del concilio di Trento hanno retto per cinque secoli, reggendo anche alla prima ondata della secolarizzazione, nell’epoca illuminista. Ma poi, “con la cultura di massa e la possibilità di sperimentare, accanto a quelli tradizionali, nuovi modelli di vita e di gestione del tempo”, il modello tridentino ha mostrato la corda. Il Vaticano II “ha provato a rispondere a questa mutata situazione”, ma l’aggiornamento conciliare “si è scontrato con l’accelerazione dei processi di secolarizzazione degli ultimi cinquant’anni”; e con il connesso “ritorno del sacro di questi ultimi tempi”,. Ed è così emersa “una religiosità di ascendenza quasi medievale, basata sulla spontaneità e l’eccezionalità dell’esperienza religiosa, coniugata con i caratteri propri dell’epoca tecnologica”. “L’ordinata pratica religiosa parrocchiale si è svuotata, sostituita da pellegrinaggi, culti particolari, esperienze legate a personalità carismatiche; la catechesi settimanale è stata sostituita dal flusso ininterrotto delle radio mariane o della televisione dedicata a Padre Pio, e la reliquia del santo è stata rimpiazzata dalla foto scattata col telefonino al santuario”
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