Giuseppe De Rita, “No alla pandemia di Stato. Una molteplicità di soggetti salverà l’Italia” (Foglio). Enrico Giovannini, “Via con la spesa sostenibile o ripiomberemo nella crisi” (intervista a La Stampa). Giuliano Amato, “La complessità della ripartenza” (Treccani.it). Antonio Decaro, “Cosa chiedono i Comuni per la fase due” (intervista ad Avvenire). Cesare Mirabelli, “A tempo e controllata dal Parlamento, solo così l’app tutelerà salute e diritti” (intervista a Avvenire). SCENARI: Fabiano Fabiani, “Ci sarà un nuovo inizio” (intervista di Veltroni sul Corriere). Massimo Calvi, “Ripartire con il modello consumista?” (Avvenire). Guido Tonelli, “Ridisegnare un mondo senza più narcisismi” (Corriere della sera). Mons. Vincenzo Paglia, “Ci salveremo, non da soli” (intervista al Corriere). Edgar Morin, “Questa crisi ci spinge a interrogarci sui nostri veri bisogni” (intervista a Le Monde). Isabelle Allende, “Questa crisi è un’occasione per cambiare il mondo” (intervista al Secolo XIX). Salvatore Settis, “Cultura e rapporti sociali, le città cambiate dal Covid-19” (la Stampa).
26 Aprile 2020 at 21:23
Vorrei soffermarmi sui limiti evidenziati dal sistema sanitario, nazionale e regionale in questa emergenza e sulla necessità di riflettere per superarli, in quanto questo è ciò che si dovrà necessariamente fare nelle prossime settimane e mesi.
Nel merito credo sia importante avere presente la realtà che si è determinata in Lombardia a partire dal modello di riordino che è stato realizzato con la gestione della famosa L.R. n. 31/1997 (che ricordo era la conseguenza di un’intesa sindacale tra CGIL, CISL e UIL della Lombardia e la Giunta Regionale che è stata lunga, 14 mesi, e difficile) modello molto diverso da quello che la stessa legge annunciava, in particolare:
1) della riduzione della presenza pubblica ospedaliera che ha visto una riduzione di quasi il 45% dei posti letto e un incremento di quasi il 15% di quelli pubblici attraverso il meccanismo del riconoscimento della qualifica di IRCCS (Istituto di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico)
2) della riduzione dei servizi territoriali organizzati a livello distrettuale scaricandone tutti i limiti sul Medici di Medicina Generale e sui Pronti Soccorso (rammento che solo il 10% di quanti ricorrono al P.S. vengono ricoverati)
3) dall’assenza di un modello integrato di servizi sanitari, socio sanitari e assistenziali, nonostante che la legge regionale avesse come titolo ” Norme per il riordino del servizio sanitario regionale e sua integrazione con le attività dei servizi sociali”, ed è questa una delle ragioni delle difficoltà che vivono le RSA e gli operatori che in esse operano
4) l’assenza di un modello di programmazione dello sviluppo della rete dei servizi e del suo adeguamento costante all’evolversi della domanda di salute, sostituita dal solo vincolo economico della parità di bilancio delle aziende sanitarie e senza alcun intervento sulle disfunzioni e sugli sprechi presenti nel sistema.
5) in un quadro così determinato devono trovare soluzione i molti problemi del personale sanitario, a partire da quello medico ospedaliero e dalla intollerabile presenza di molte tipologie di lavoro, per poi riconsiderare la funzione e la riqualificazione dei medici di medicina generale e delle diverse figure di professioni non mediche.
Si possono aggiungere altri temi, ad esempio il modello di aziendalizzazione spinta della Lombardia, i criteri di scelta dei direttori generali, sanitari, sociali e amministrativi, basati esclusivamente sul rapporto fiduciario, ma credo bastino questi accenni per convenire che non si tratta tanto di “statalizzare” la sanità dopo una fase di “privatizzazione” quanto di ricuperare, nella dimensione regionale, i principi informatori e vincolanti della Legge 833 del 1978 e della L.R. 31 del 1997, e nel rapporto tra regione e Governo in principio della “leale collaborazione” e della reale partecipazione delle regioni a tutte le decisioni comprese quelle del reperimento delle risorse. In questo ambito la ridefinizione delle funzioni e dei vincoli in capo allo Stato e alle Regioni, attraverso la modifica dell’art. 117 della Costituzione, diviene l’elemento essenziale della riorganizzazione del servizio sanitario.