Molte sono le insofferenze e le critiche che si manifestano attorno al Pd, alle posizioni del suo leader, a una politica che sembra muoversi quasi solo sul piano empirico del fare, con poca attenzione a una prospettiva più ampia. In sintesi, la critica lamenta la mancanza di una cultura politica degna di questo nome.
Sarebbe bene però andare più a fondo; se si guarda al centro sinistra (e al Pd) non a livello della quotidianità, ma a un livello che chiamerei ”trascendentale”, allora appare in modo evidente che questa carenza ha una radice profonda e precisa: l’incontro storico fra le due grandi culture, quella cattolica democratica sociale e quella di sinistra, che avrebbe dovuto dar vita a un nuovo corso culturale, non ha prodotto un bel nulla; le due culture sono andate spegnendosi e una nuova non è sorta.
Queste culture erano espressione di due grandi blocchi storici ideali, politici, sociali, che sono stati a lungo tra loro contrapposti. E ognuno era abituato a trovarsi a casa propria, nella propria area, nella propria squadra, con il proprio linguaggio e la propria identità. Si è conclusa l’esperienza comunista, sia a livello nazionale che internazionale, e da allora a sinistra regna una grande confusione e un permanente disorientamento, non trovando altri punti adeguati di riferimento. Ma non è diversa la situazione dei cattolici.
Il cattolicesimo politico e sociale è sorto con l’enciclica “Rerum Novarum” per necessità, allo scopo di creare un’alternativa al movimento socialista, che stava rapidamente conquistando le masse. Il Papa prese questa decisione con molta reticenza; si trattava in sostanza di riconoscere che la chiesa non era più di tutti, ma riguardava solo una parte. Così i cristiani non erano più lievito nella pasta, ma diventavano una pasta accanto ad altre paste. I cattolici hanno vissuto a lungo, per più di un secolo, questo modo di stare nella propria pasta, nella propria parte, in casa propria, ciò che presenta grandi e indubbi vantaggi, limitando al minimo le scelte da fare, una volta che si è deciso da che parte stare. E altrettanto è avvenuto a sinistra. Essere lievito è un compito decisamente più difficile, perché si opera in mare aperto, sotto la propria responsabilità personale; ci si trova, per così dire, in una situazione analoga a quella del cittadino globale.
Ora entrambi gli schieramenti sono orfani e vivono male la situazione presente. Le due identità, molto forti, si trovano a dovere abbandonare gran parte del passato e ad affrontare una situazione del tutto inedita.
Un’indicazione utile , perlomeno di metodo, può venire da un discorso di Dossetti e dalla recente Enciclica di Papa Francesco. Dossetti nel suo discorso pubblicato di recente nel volume “Gli equivoci del cattolicesimo politico” (leggi la recensione di c3dem, ndr) abbandona il pensiero maritainiano della “cristianità”, sostenendo che i cristiani solo di volta in volta, nelle singole situazioni, possono individuare atteggiamenti da assumere, con ciò evidentemente allontanandosi da ogni ipotesi di politica cristiana. Il Papa, nella sua enciclica, si rivolge, in modo indiscriminato ai laici e ai cristiani, sostenendo in pratica che l’impegno nel mondo è un impegno comune senza distinzioni.
Se si dovesse trarre una conclusione, da queste indicazioni sembra emergere l’esigenza di realizzare ambienti e organizzazioni comuni, dove ci si abitui a lavorare insieme per promuovere idee e politiche condivise. Il Pd serve a questo (senza inventare altre separazioni), ma occorre proseguire oltre, sul piano dell’unità sindacale e di tanti altri possibili incontri sociali e culturali. Occorre abituarsi a lavorare in ambienti misti e non solo o non più in ambienti cattolici.
Non propongo certo né l’omogenizzazione di massa, né tanto meno il pensiero unico. Propongo una linea che mi sembra oggi assumere, dopo i discorsi del Papa, quasi un carattere “teologico” e propongo una diversa declinazione della dottrina sociale: di fronte al mondo globalizzato, alle reti informatiche che tutto connettono, alle diseguaglianze crescenti e incommensurabili, agli imponenti drammi delle migrazioni, delle guerre, delle povertà, la scelta teologica primaria e fondamentale diventa quella del lavorare insieme, dell’impegno comune.
Sandro Antoniazzi