Ho vissuto con amarezza e speranze presto svanite, come tutti gli ultimi vent’anni della nostra vita politica, amareggiata anche degli errori che venivano dalla nostra parte e ancora peggio, sempre ovviamente, quelli dell’ultima legislatura. Alle primarie per il segretario ho votato per Franceschini, ma sono stata lieta di seguirlo, e di seguire insieme Rosi nell’esperienza Bersani a partire dallo splendido impianto che ci offrì all’ Eur all’inizio del suo mandato di segretario. Il Pd di questi anni è ancora inevitabilmente stato segnato dai mali delle realtà da cui nasceva, nel Lazio aggravate dalle eredità margheritine (ma spesso andreottiane) della regione. Ma la gestione di Bersani, entro una crescente drammatizzazione della realtà, mi è sembrata sempre non solo ineccepibile ma tutt’altro che ambigua: autonoma, coraggiosa, serena nei rapporti interni, coraggiosa in occasione delle primarie locali da Milano a Napoli, prudente entro quelle incerte come Palermo. Negli ultimi anni dobbiamo sostanzialmente anche a lui, non solo certo a Napolitano, la caduta di Berlusconi, la soluzione Monti, la lealtà e la fermezza con cui l’ha sostenuto e corretto quando necessario: sarà usato sicuro, ma più conveniente e affidabile di una novità di fabbrica non sufficientemente collaudata. Basterebbe la gestione di queste primarie per dire che è l’uomo di cui abbiamo ancora bisogno quali che siano ancora i limiti interni di questo nostro partito.
Vorrei in più sottolineare un aspetto assai importante della competizione, distrattamente spesso visto come folcloristico. Voglio dire la candidatura di Tabacci, una persona che stimo moltissimo, che in altra occasione avrei votato con gioia, testimone di una stagione altra della sinistra democristiana di Marcora e Bassetti, ad altissima competenza. Tabacci non ha preso voti perchè in realtà non solo non li ha cercati ma li ha quasi dissuasi, perchè la sua è stata una candidatura pro Bersani, volta a dare un senso alla sua ricerca di unità fra i tanti riformismi italiani, assai più idealmente esemplare e significativa delle contrattazioni con Casini.
Perdonatemi questa dichiarazione di voto, qualsiasi cosa voi pensiate. Io spero che vinca alla grande, perché è quello di cui abbiamo bisogno.
Paola Gaiotti
6 Dicembre 2012 at 11:33
Condivido in pieno la riflessione di Paola Gaiotti anche sulla stima a Tabacci (votarlo sarebbe stato culturalmente e politicamente più congeniale alla nostra cultura cattolico democratica), credo però che il Segretario debba avere più coraggio nello svecchiamento dell’apparato ancora troppo legato al PCI-DS.
Rimane il nodo della nostra capacità a rappresentare, con una mediazione alta, i valori della nostra tradizione riformista troppo spesso ” strattonata” da suggestioni cosiddette centriste, in realta conservatrici se non reazionarie. Leopoldo Rogante