La politica nell’era di Trump e Musk

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di Sandro Antoniazzi

Il nuovo arrivo alla Casa Bianca di Trump, più agguerrito e determinato della volta precedente, e con al fianco un personaggio come Elon Musk, fa presagire un futuro prossimo tempestoso.

Già le dichiarazioni da Presidente eletto, ma non ancora in funzione, hanno destato serie preoccupazioni: rialzo dei dazi alle dogane, richiesta di aumento della spesa militare europea al 5%, riconoscimento sessuale esclusivamente binario (uomo e donna) e da ultimo le rivendicazioni territoriali su Panama, Canada, Groenlandia.

A queste poi si aggiungono le iniziative di Musk con le sue critiche a Starmer e Scholz, l’appoggio al partito di destra tedesco (AFD) e la promozione della sua rete satellitare Starlink (dotata di ben 7.000 satelliti).

Occorre innanzitutto partire dal fatto che la globalizzazione, da un punto di vista politico, è stato un duro colpo per i partiti di centro-sinistra (e per i democratici americani).

Gli effetti sociali della globalizzazione nei paesi occidentali sono stati disastrosi: chiusura di fabbriche, delocalizzazioni, contenimento dei salari, precarietà, lavoro terziario povero, colpendo quella che era la base tradizionale della sinistra.

La risposta della destra è stata chiara: contro la globalizzazione, difesa del proprio territorio, espulsione degli immigrati, nazionalismo.

C’ è molta ideologia e retorica in queste posizioni, però si presentano anche come una risposta concreta alla situazione di declino e di abbandono che molti hanno vissuto.

Il centro-sinistra democratico, sempre razionale e ragionevole, ha invece sostenuto che la globalizzazione non era un male di per sé, aveva però bisogno di regole condivise.

 

Il problema sta nel fatto che le forze di centro-sinistra non hanno praticamente nessun potere per affermare queste regole e così abbiamo subito una globalizzazione selvaggia.

Le masse dei lavoratori, le classi popolari e anche una parte dei ceti medi hanno trovato più convincenti (si potrebbe dire, più abbordabili) le posizioni della destra.

Ciò spiega perché tanti lavoratori, neri, latino-americani hanno votato Trump e ciò spiega perché le forze di destra continuino a progredire in Europa.

Quindi sovranismo, nazionalismo, populismo – per quanto possano presentarsi grezzi e aggressivi – trovano facile consenso.

Ma, appunto, il sovranismo tende a manifestarsi soprattutto a livello nazionale, tanto è vero che in passato Trump è stato tacciato di isolazionismo.

Invece, una volta affermatisi all’interno, Trump e Musk si sono lanciati verso l’esterno, attaccando direttamente alleati democratici (Germania, Gran Bretagna, Canada, Danimarca), ciò che rappresenta un’indubbia allarmante novità.

Dunque, “America first” non solo all’interno degli USA, ma anche nel mondo, dove Trump vuole riaffermare un’egemonia americana che è andata perdendosi.

Per questa azione risoluta, Trump non ha bisogno di alleati tentennanti, che vogliono discutere e decidere insieme – ciò che per lui costituisce soprattutto una remora e una perdita di tempo – ma vuole alleati che siano totalmente d’accordo con lui.

In questo contesto la Meloni si è collocata a dovere: ha fatto da subito una scelta atlantica (più esplicita di Macron e Scholz, che vogliono sempre discutere), si è accattivata Musk e ha stabilito un rapporto diretto con Trump, ritagliandosi così una posizione di tutto favore.

Del resto, l’Italia per quello che conta non ha posizioni da difendere nei confronti degli USA: in questa situazione anche l’amicizia personale torna utile.

Chi non è messa per nulla bene è l’Europa, che è nata male e scompensata, realizzando il mercato comune, ma non l’unità politica (Delors aveva promesso entrambe) e questo difetto appare sempre più evidente nel succedersi degli eventi mondiali.

Certamente Trump avrà poco interesse a trattare con l’Europa, la quale non ha un proprio esercito, ha un bilancio che è un centesimo di quello USA, non ha una vera rappresentanza politica (ricordo che Josep Borrell, Alto Commissario europeo per gli Affari Internazionali non è neppure stato ricevuto da Israele e soprattutto che dopo due anni e mezzo di guerra in Ucraina l’Europa non è stata capace di avanzare una proposta di pace, a cui adesso penserà Trump. Ma l’Ucraina non è in Europa?).

Si parla dei possibili dazi che metteranno in difficoltà l’Europa, ma per chi ha letto il rapporto Draghi non sono certo i dazi il problema; sono l’industria e l’economia europea che non hanno saputo seriamente unificarsi per dar vita a un’economia integrata in grado di competere con USA e Cina.

Così la lotta per l’egemonia mondiale (innanzitutto economica, ma anche militare e di potere) vede come protagonisti USA e Cina e all’Europa, meglio ai singoli paesi europei, non rimane che schierarsi.

Non è lo schieramento occidentale di ieri, è molto più vincolante, richiede più adesione a chi comanda.

L’Italia in pratica si è già schierata.

Le elezioni in Germania e l’approvazione o meno del nuovo governo in Francia diranno qualcosa riguardo ai nostri vicini.

In ogni caso la rotta dei prossimi anni è oramai delineata e a livello mondiale rischia di essere una lotta senza esclusione di colpi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

One Comment

  1. All’articolo di Sandro, sempre molto puntuale, vorrei sottolineare qualche altro breve punto. Trump desidera smantellare il valore di rappresentanza della Ue, trattando con singoli Stati. La sua è una visione espansionistica e missionaria dell’America. Dice Trump: Dio è con noi, mi ha salvato dall’attentato proprio per fare grande l’America (Maga/Make America Great Again), occorre conquistare lo spazio e piantare la bandiera a stelle e strisce su Marte. Trump non tollera i vincoli e i regolamenti imposti dalle istituzioni internazionali: è contro l’Onu, contro la Nato, contro l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità).
    Il modo e l’esposizione mediatica come firma i suoi decreti, la rapidità dei gesti, l’espressione del volto, vuol dimostrare che è lui l’uomo forte che decide subito, che non perde tempo nei dibattiti parlamentari. Il vero capitalismo vincente è quello che si affida all’uomo della provvidenza. Con Trump il legame tra potere politico e potere economico finanziario diventa strutturale, a discapito della classica divisione dei poteri della democrazia liberale.
    Davvero altri tempi quelli che evocano le parole scritte sul piedistallo della Statua della Libertà:
    “Datemi i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse infreddolite desiderose di respirare liberi, i rifiuti miserabili delle vostre coste affollate. Mandatemi loro, i senzatetto, gli scossi dalle tempeste e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata”.

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