La povertà in Italia

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di Salvatore Vento

I dati dell’Istat, così come l’azione quotidiana della Caritas e le denunce dell’Alleanza contro la povertà (costituita da molte associazioni della società civile e dai sindacati) dimostrano, cifre alla mano, la situazione di indigenza che colpisce milioni di cittadini residenti in Italia. “Sacche di salari bassi lacerano la coesione sociale” ripete il Presidente Mattarella, in coerenza con l’art.36 della Costituzione: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Ecco come il recente rapporto sulla povertà della Caritas descrive la situazione italiana. Sono aumentate le famiglie operaie povere passando dal 7% al 16,5% di incidenza di povertà assoluta. Sono più di 4 milioni i lavoratori del settore privato che hanno una retribuzione inferiore a 12 mila euro lordi l’anno, o per basso salario orario o per scarso numero di ore lavorate. La povertà assoluta colpisce 1 milione 295 mila minori.

Così come 1 milione e 145 giovani dai 18 ai 34 anni. Secondo l’ultimo dato, riferito al 2023, risultavano in condizione di povertà assoluta più di 2.2 milioni di famiglie (l’8,5% del totale) pari a oltre 5,7 milioni di individui (il 9,8% del totale), in continua crescita rispetto agli anni passati. Il disagio risulta più marcato per le famiglie con figli minori, per le quali l’incidenza cresce all’aumentare dei figli passando dal 7,7% delle famiglie con un solo figlio al 20,3% delle famiglie numerose. Risulta nel complesso rilevante, e in continua crescita, la differenza tra l’incidenza della povertà assoluta nelle famiglie con almeno un figlio minore e quelle con almeno un anziano. Sono 1,3 milioni i minori che si trovano in famiglie povere. L’incidenza della povertà assoluta tra i minori, rispetto a tutte le altre fasce d’età, è oggi ai massimi storici, pari al 13,8%. Particolarmente elevata la povertà assoluta tra gli stranieri, con un’incidenza pari al 35,6% nelle famiglie di soli stranieri e al 30,8% nelle famiglie con stranieri. Non sono dati contingenti, ma derivano da un processo di continua e prolungata crescita nel tempo, configurandosi come una vera e propria cronicità. Dal 2014 al 2023 il numero di famiglie povere residenti al Nord è raddoppiato, passando da 506mila nuclei a quasi un milione (+97,2%). Secondo le valutazioni empiriche, frutto degli interventi operativi della Caritas, notiamo che: quasi una persona su quattro (23%) degli assistiti ha un’occupazione; i genitori con figli minori rappresentano il 56,5% degli assistiti; la povertà non riguarda solo gli aspetti economici, ma ormai assume aspetti di un fenomeno sociale multidimensionale e multiforme. Infatti, tra gli assistiti, solo il 44,6% ha manifestato un solo ambito di fragilità di ordine economico-materiale; il 26,4% ne vedeva cumulati due e il 29% tre o più (fragilità economiche, occupazionali, abitative, difficoltà legate allo stato di salute o ai processi migratori). L’altra grande criticità riguarda, come ampiamente noto, l’abitazione. In Italia un milione e mezzo di famiglie vive in abitazioni sovraffollate, poco luminose e senza servizi come l’acqua corrente in bagno. Il 5 per cento dei nuclei fa fatica a pagare le rate del mutuo o l’affitto e le bollette. Le sentenze di sfratto per morosità, che restano la principale motivazione, nel 2023 sono state 30.702. Sul totale delle nuove sentenze, quelle per morosità sono pari al 78%. Le prime politiche abitative di edilizia residenziale pubblica (Erp) risalgono lontane nel tempo (vedi il Piano case del dopoguerra 1949-63). L’83% degli edifici residenziali è stato costruito prima del 1990 e il 57% risale a prima degli anni ’70. Per adeguarsi alle direttive UE serviranno investimenti tra gli 800 e i 1.000 miliardi di euro. Gli alloggi di edilizia pubblica in Italia sono soltanto il 4 % del totale, a fronte di quasi il 17% in Francia e in Inghilterra. Gli alloggi di edilizia pubblica ammontano a circa 758 mila, di cui 652 assegnati regolarmente. Secondo ricerche di Nomisma, tra i nuclei familiari che vivono in alloggi privati affittati, un milione e duecentomila sono ritenuti in “condizione di disagio economico acuto”. Nel censimento del 1951 le case in proprietà erano il 40%, che salgono al 71% nel 2001. Tra i residenti che vivono in affitto, il 36% sono operai e il 20% impiegati. Dal rapporto Istat del 2022 sul titolo di godimento dell’abitazione e l’emergenza abitativa risulta: 18,2 milioni di famiglie (70,8% del totale) sono proprietarie dell’abitazione in cui vivono; 5,2 milioni (il 20,5%) vivono in affitto; 2,2 milioni (l’8,7%) dispongono dell’abitazione in usufrutto o a titoli gratuito. Le famiglie proprietarie di un’abitazione e che pagano un muto rappresentano il 12,8% del totale (circa 3,3 milioni di famiglie). Ragionando in termini di individui, in Italia su una popolazione di 59 milioni di abitanti 42,7 milioni vivono in case di proprietà, 11,8 milioni vivono in affitto e 4,4 milioni in usufrutto o in uso gratuito.

ViaPo-Economia la povertà in Italia

Articolo pubblicato su Conquiste del Lavoro nel gennaio del 2025

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