La rinuncia di Benedetto, segnale di una crisi ma anche gesto di fiducia

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di Angelo Bertani

Suggestione e ambiguità delle parole! E pensare che avevamo intitolato un corsivo: “Gloriosamente regnante”!  Certo: era per sottolineare che questa espressione, forse adatta due secoli fa, certamente oggi è del tutto inappropriata, tanto più considerando l’attuale condizione della Chiesa nel mondo.

E infatti… Tuttavia proprio perciò merita di essere raccolto con attenzione, e meditato, il messaggio che Papa Benedetto ha rivolto a tutta la Chiesa attraverso la sua rinuncia. Certo ha sorpreso la semplicità e la schiettezza della sua decisione. E mi è subito venuto in mente il linguaggio chiaro e incisivo di Ratzinger quando (erano gli anni ‘69-’70) teneva belle, chiare e profonde conversazioni alla radio bavarese, citando e dialogando con Simone de Beauvoir, e Wittgenstein, e Camus. E poi mi son ricordato che quando l’avevo intervistato per Famiglia Cristiana , nel 1997, Ratzinger mi avevo colpito (come scrissi) per la sua gentilezza e lucidità; e soprattutto per un fatto assolutamente inconsueto: avevamo chiacchierato abbastanza a lungo, su vari temi anche delicati e di attualità, e avevo registrato il tutto. Alla fine gli dissi che l’avrei riassunto e “sistemato” e glielo avrei fatto rivedere. Ebbene fu la prima e unica personalità “importante” (era prefetto della Congregazione per la dottrina  della fede) a non volere in alcun modo rivedere il testo dell’intervista. Fu una prova di fiducia che non ho mai dimenticato.

Vorrei dire che nel gesto di questi giorni ritrovo (su ben altra scala!) lo stesso atteggiamento di fiducia. Dice di non sentirsi più in grado, di non avere più energie sufficienti; ma soprattutto dice, implicitamente, che non si sente necessario. Ha fiducia che la Chiesa cattolica saprà trovare la giusta strada e luce e forze sufficienti. Ha fiducia negli uomini e nel Signore.

Non dice, e io credo che non pensi, che la situazione sia facile. Anzi, fa intendere chiaramente il contrario. Ed ha ragione perché segni di debolezza, divisione, superficialità non mancano. C’è qualcosa di molto profondo e drammatico nella “profezia” di molte persone serie e pensose secondo le quali si sta affacciando sulla scena del mondo …la prima generazione incredula, non credente. Ed è abbastanza impressionante che il recente Sinodo sulla Nuova evangelizzazione abbia raccolto così poca attenzione, abbia toccato così poco le menti e le coscienze…  Di fronte a tutto ciò le vicende interne della Città del vaticano e dintorni, sono poca cosa. Certo sgradevole, anche scandalosa, ma marginale. Ben peggio, invece, sono le divisioni profonde, lo spirito settario e persino astioso che caratterizza certe polemiche “ecclesiastiche” che emergono da documenti riservati e pubblici, prodotti e circolati in ambito ecclesiale (per esempio quelli relativi alla diocesi di Milano e ai suoi recenti Pastori; o la perdurante, sotterranea polemica verso la grande figura di Giuseppe Dossetti).

Certo, vien da pensare che forse, se la Chiesa vivesse in pace e serenità come il suo Fondatore avrebbe desiderato…. e se ognuno facesse bene la sua parte con fede, impegno e spirito di comunione…. forse anche Papa Benedetto avrebbe potuto decidere di restare alla guida della Chiesa.

Al di là degli aspetti strettamente personali, la “rinuncia” infatti segnala che effettivamente c’è una “crisi” nella Chiesa. Naturalmente crediamo e sappiamo che le “crisi” sono spesso l’occasione per un miglioramento, talora un balzo in avanti. Le crisi possono essere davvero provvidenziali se vengono comprese nella loro verità, nelle domande e sfide che pongono a chi se le trova davanti. Ecco: può darsi, speriamo e preghiamo, che ci sia una adeguata capacità di leggere bene i dati di fatto, capire le cause e trovare i rimedi adatti. Probabilmente non si tratta di palliativi o di regolette disciplinari, ma di una grande slancio di rinascita e di rinnovamento della vita ecclesiale. Il gesto di Benedetto sarà davvero provvidenziale se nei prossimi mesi, nei prossimi anni la Chiesa cattolica saprà diventare davvero più povera (quanti guai hanno prodotto le ricchezze!), più comunitaria (ricordiamo i disastri del verticismo, della divisione quasi in caste), più fiduciosa nel suo Signore e in tutti i Suoi figli (anche quelli che non si dicono cattolici e neppure credenti). Esser comunità significa anche riscoprire e vivere la pari dignità evangelica di tutti i membri della Chiesa che invece, tuttora, si immagina come una superorganizzazione gerarchica piramidale nella quale i laici sono i destinatari degli ordini e dei servizi (o, al più, fidati collaboratori per le operazioni  meno “spirituali”).

Concluderei così: la decisione di papa Benedetto, ben più che una fuga, è un grido di allarme per la situazione della Chiesa (e della cosiddetta Santa Sede in particolare); ma anche un gesto di grande fiducia nella capacità di tutta la Chiesa di rimettersi in marcia.

È necessario che la Chiesa (in capite et in corpore, gerarchia, clero e fedeli) prenda coscienza della crisi; sappia capirla in profondità e trovare, con l’aiuto di Dio, i giusti, radicali  rimedi. Esame di coscienza e conversione, illuminate dalla preghiera e dalla speranza. Bisogna che i cristiani diventino capaci di amare di più: Dio, i fratelli nella fede, tutti gli uomini. E diventino capaci di dimostrarlo in spirito di umiltà e di servizio. La Chiesa cattolica deve diventare, anche visibilmente, una vera comunità articolata in piccole e grandi comunità; sia animata dal desiderio di leggere alla luce del Vangelo i segni dei tempi; si riscopra desiderosa di servire i fratelli, fiduciosa nella povertà e semplicità, nella libertà e nella profezia. È un cambiamento profondo e visibile che è necessario e possibile, come ci ha indicato recentemente il Concilio Vaticano II, dallo spirito del quale ci siamo troppo allontanati. Io credo che il gesto di Benedetto ci inviti di fatto a ripartire dal Concilio, per andare avanti con passo spedito, anche per riguadagnare il molto, prezioso tempo perduto. Si tratta di recuperare e accentuare moltissimo l’idea della collegialità, della comunità; il distacco dai poteri e dalle ricchezze del mondo. Per fare questo dovremo rimettere in onore l’esempio che ci hanno dato tanti profeti anche nel recente passato. Io penso a quelli che ho conosciuto, come  papa Giovanni,  papa Paolo, Carlo Martini, Tonino Bello, David Turoldo, Giuseppe Dossetti, Benedetto Calati, Luisito Bianchi, Carlo Carretto, Vittorio Bachelet, Giuseppe Lazzati, e tantissimi altri… Mi accorgo che non ho fatto nomi di donne; anche se so quanto esse siano esemplari e importanti nella vita della Chiesa; ma devo riconoscere che non sono abbastanza conosciute e valorizzate  e proprio ciò rappresenta probabilmente una delle ragioni della crisi della Chiesa. Se esse avessero il posto che meritano nella vita della Chiesa, (anche in quella “visibile”, non solo nei monasteri o tra le mura domestiche!) certo le cose andrebbero molto, molto meglio.

 

4 Comments

  1. tutto giusto ma dobbiamo trovare il modo di far girare le idee . Nessuno o troppo pochi sanno dell esistenza della rete

  2. “…Certo, vien da pensare che forse, se la Chiesa vivesse in pace e serenità come il suo Fondatore avrebbe desiderato…. e se ognuno facesse bene la sua parte con fede, impegno e spirito di comunione…. forse anche Papa Benedetto avrebbe potuto decidere di restare alla guida della Chiesa…” .
    Questo tuo passaggio, caro Angelo, lo condivido pienamente.
    Ma è l’intero tuo commento che è molto bello ed esauriente.
    E, agiungo, coraggioso.
    Sono infatti tra i tanti “…peccatori”, convinti che Papa Benedetto si è messo da parte solo e soltanto per i diversi “mercanti del Tempio” che vedeva in Curia accanto a lui.
    Inadatti ai compiti da svolgere.
    Presi da altre faccende.
    Disinteressati alle sorti del Cristianesimo.
    E lui lo fa capire bene con una frase che rappresenta un programma di fede per la Chiesa del domani; ma che può anche suggerire un itinerario di responsabiità etica e di governo per la Polis che si deve, ahimè, costruire:
    ” …essere adeguati alla missione da compiere” .

    Un saluto e complimenti
    Nino

  3. Grazie Angelo per quanto hai scritto e per qs. considerazione che nel messaggio di Papa Benedetto vi sia una fiducia ( parola che ha la stessa radice della parola fede) nelle capacità della Chiesa di rinnovarsi. Non è del tutto facile considerare marginali le vicende interne alla Città del Vaticano, che pesano in ogni caso nella vita della Chiesa. Affinchè la crisi sia feconda bisognerebbe che ciascuno si metta in gioco, uomini e donne, per stabilire legami e non divisioni, anche tra le diverse Chiese cristiane.

  4. E se non fosse invece che Papa Benedetto, piuttosto che avere fiducia “negli uomini e nel Signore”, avesse piuttosto fiducia “nel Signore e negli uomini”? 🙂

    Il distacco dai poteri e dalle ricchezze non serve a niente, se si sta poi attaccati ad altro, a noi più congeniale.

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