La sindrome di Stoccolma[1]

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L’articolo è uscito sul blog dell’associazione Appunti Alessandrini, aderente alla rete c3dem

 

Sono abbastanza sicuro che se confrontassimo il numero dei miti con quello dei falsi miti in auge in Italia scopriremmo che i secondi sovrastano i primi per numero e intensità. Fra i falsi miti quello che mi è più inviso e gode di maggior popolarità è quello del cambiamento, ovvero quella visione manichea che separa il vecchio cattivo dal nuovo buono usando  come discriminanti il tempo trascorso e la novità. Questa selezione scarta a priori, per esempio, un ottimo uomo politico o donna politica perché presente da tempo nello scenario istituzionale e eleva un uomo cretino o una donna cretina perché non sono ancora approdati allo stesso scenario.

Lungi dal voler rifilare patenti di cretino a chicchessia, resta il fatto che istrioni da palcoscenico e mentecatti vari hanno convinto buona parte della popolazione che “la politica è schifosa e fa male alla pelle” come cantava Gaber in un poco noto pezzo del 1980.

Non solo non è vero, ma il vero malcostume è proprio nel rifiuto della Politica che ha portato e ancora porta improbabili individui a vari livelli di potere con gli ovvi e penosi risultati che abbiamo innanzi in quasi tutti gli ambiti istituzionali: dalle amministrazioni comunali corrotte o incapaci, agli assessori regionali incompetenti e devastanti ai parlamentari che stabiliscono per legge che una ragazzina nel posto sbagliato e al momento sbagliato sia la nipote del Presidente di uno stato estero per compiacere ai capricci del loro leader.

Quando impareremo a meditare prima di agire? Quando condivideremo ideali e criteri di selezione per distinguere i buoni dai cattivi, i bravi dagli incapaci?

Premetto che non ho nulla da eccepire sulle figure che sono state elette come Presidenti alla Camera ed al Senato, entrambe splendide espressioni della migliore società italiana, ma la loro elezione è arrivata anche tramite l’esclusione di persone altrettanto degne e meritevoli che avrebbero meritato quel posto e gestito efficacemente il loro ruolo: mi riferisco all’On. Franceschini e alla Sen. Finocchiaro, che sono stati scartati perché definiti politici di lungo corso.

Trovo questo atteggiamento pericoloso, perché se scartiamo le persone serie, intelligenti e morali solo perché “c’erano già” invece di non scartare le persone amorali o poco serie solo perché sono nuove inauguriamo una stagione politica che ci porterà a un disastro peggiore di quello in cui ci troviamo.

Della Senatrice Finocchiaro aggiungo che sarebbe un ottimo Presidente della Repubblica, in grado di indicare al Paese e alle sue Istituzioni la giusta strada, ne sono convinto per la maturità politica che ha dimostrato in questi anni, per la grande preparazione culturale, integrità morale e rispetto delle persone e delle opinioni altrui. Mi piacerebbe che all’interno del PD venisse portato avanti il suo nome.

Mi piacerebbe altresì che a guidare l’Italia dal Quirinale e a condurre il Governo ci fossero delle figure sicuramente decise, ma non urlanti e perennemente all’attacco, aprioristicamente contro il sistema invece che contro un pessimo modo di gestirlo.

E’ alquanto sgradevole sentire sempre parlare, quando va bene perché ora è di moda urlare, di cambiamento totale, azzeramento, tabula rasa: perniciosi atteggiamenti di tipo nordcoreano, inutili e dannosi come quel regime.

Perché prendersela con lo Stato, con le Istituzioni e con la Politica invece di prendersela con i funzionari che sbagliano, gli amministratori incapaci e i politici corrotti?

L’atteggiamento rottamatore (io poi sono contro gli ecoincentivi) dovrebbe essere rivolto contro l’atteggiamento non civico in cui si è fossilizzato buona parte del popolo italiano.

Ho trovato, per esempio, splendido il nome che il Presidente Monti ha dato alla sua lista: scelta civica.

Credo che l’uovo di Colombo sia proprio la scelta civica, non c’è nulla da innovare, non c’è nulla da demolire. La Costituzione della Repubblica del 1948 ha progettato uno Stato perfetto, come il bicameralismo messo inopinatamente in discussione a vantaggio di forme di governo lontane dalla nostra cultura, addirittura pericolose in un Paese come è divenuto l’Italia.

Dobbiamo imparare a essere cittadini, considerare la cosa pubblica come cosa di tutti e non come cosa di nessuno, imparare il rispetto per le Istituzioni cominciando dalla Scuola per arrivare al Parlamento. Dobbiamo arrivare a comprendere che non è disdicevole essere chiamati Onorevole, ma un grande onore che va meritato, difeso e espletato con spirito di servizio e intelligenza messa a disposizione della Comunità.

Rifiutare il titolo Onorevole significa insultare il Parlamento invece dei parlamentari che tanto male hanno fatto al Paese e pone le basi per un atteggiamento anarcoide foriero di quel modus vivendi individualista, irresponsabile e pernicioso che ha demolito il concetto di Cittadinanza e di Comunità.

Sono francamente stanco di persone che si riempiono la bocca delle parole innovazione, cambiamento, riforma. Ogni cambiamento istituzionale nell’Italia repubblicana è sempre equivalso a un peggioramento e ancora la classe dirigente fa finta di non capirlo: invece di usare correttamente la macchina la cambiano 

Vorrei sentire parlare di attuazione della Costituzione del 1948 e non della sua riforma.

A questo proposito una prima frettolosa lettura della relazione dei “saggi” in materia di riforma costituzionale mi ha lasciato abbastanza perplesso: seppure, intelligentemente, ripropongano la modifica della dannosa riforma del titolo V della Costituzione che era iniziata sotto il Governo del Presidente Monti e interrotta dal ritorno della carovana del burlesque vengono suggerite profonde modifiche sulla forma di Governo e messo in discussione addirittura il ruolo centrale del Parlamento.

Ancora una volta non si prende in considerazione l’eventualità di fare le cose per bene invece di farle male e lamentarsi che non vanno: come i bambini che rompono il gioco che non sanno far funzionare, ma un gioco si ricompra uno Stato no.

Quando torneremo semplicemente a parlare di serietà?

Già ci siamo dimenticati di quell’atmosfera splendida che si respirava all’inizio del Governo Monti. Venivamo da una stagione allucinante e l’unica parola che veniva pronunciata come una catarsi era sobrietà. Dove è finita?

Nemmeno due anni dopo siamo stretti fra gli strepiti e le urla di qualcuno alle riproposizioni di quelle atmosfere dalle quali ci sentivamo liberati, evidentemente una significativa parte dell’Italia subisce la sindrome di Stoccolma.

 



[1] Con l’espressione Sindrome di Stoccolma ci si riferisce ad uno stato psicologico particolare che si manifesta in seguito ad un episodio estremamente violento o traumatico, ad esempio un sequestro di persona o un abuso ripetuto. Il soggetto affetto da Sindrome di Stoccolma durante l’abuso o la prigionia, prova un sentimento positivo, fino all’amore, nei confronti del proprio aguzzino. Si crea una sorta di alleanza e solidarietà tra la vittima e il carnefice.

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