Le contraddizioni della presidente Meloni

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di Sandro Antoniazzi

La presidente Meloni sostiene di essere stata coerente dando disposizione al suo gruppo di non votare Von der Leyen: coerente sì, ma con la sua tradizione di destra storica.

Sostiene anche che il suo voto è stato da leader europeo: certamente, ma da leader europeo del gruppo Conservatori e Riformisti (ECR), non certo da leader europeo in rappresentanza dell’Italia.

Non si può dire che Meloni abbia commesso un errore; ciò che è avvenuto è solo la plateale evidenza di una contraddizione o, meglio, di una serie di contraddizioni.

La Meloni, sapendo la propria provenienza poco bene accetta dai maggiori leader europei, ha cercato di accreditarsi con due mosse fondamentali: una chiara scelta atlantica (NATO) e il pieno appoggio alla linea europea sul problema Ucraina (ambedue materie militari più consone alla sua tradizione).

Ha poi assunto un’iniziativa decisa nel campo dell’immigrazione, cercando di portare la Von der Leyen sulla sua posizione.

Con queste iniziative Meloni pensava di essersi accreditata a sufficienza nei confronti della leadership degli Stati europei, ma non è così. Non bastano singole posizioni a dimostrare che cosa una è: se Meloni rimane collocata in una destra (ECR) che non ritiene di collaborare alla politica europea sarà sempre rispettata in quanto capo del governo italiano, ma guardata sempre con (giusta) diffidenza e tenuta fuori dalle decisioni strategiche.

Meloni parla di voler riaffermare il ruolo dell’Italia e in proposito è bene ricordare che, all’origine dell’Europa, l’Italia si presentava come uno dei tre paesi più rilevanti, alla pari e insieme alla Germania e alla Francia.

Oggi siamo ben lontani da questa posizione ed è evidente che con la collocazione della Meloni non ci arriveremo mai.

A livello europeo guida un gruppo di destra, critico dell’Europa in una forma più moderata dei Patrioti, che l’anno recentemente superata in fatto di rappresentanza.

L’antieuropeismo dei Patrioti è certamente più risoluto e in genere in una gara di estremismi è facile che vinca quello più estremo. Che ruolo può dunque avere ECR?  Si è dimostrato poco collaborativo (lo si è visto nel voto); sceglierà una maggiore comunanza coi Patrioti? Nodo che la Meloni dovrà sciogliere prima che altri partiti del suo gruppo, oltre a Vox, passino ai Patrioti.

In questa gara a destra non va certamente dimenticato Salvini, che da tempo si è messo a fare concorrenza alla Meloni su questo piano (si veda la scelta di candidare Vannacci) e indubbiamente anche questo confronto Meloni-Salvini può aver influito sulla scelta del voto europeo: altra contraddizione interna alla destra, che certamente non giova al ruolo dell’Italia.

Ciò che Meloni non vuol comprendere o, meglio, su cui probabilmente non è in grado di fare nessun passo significativo è che il vero cambiamento che le è richiesto è quello di passare da una destra tradizionale ad una destra che, per semplificare, possiamo definire moderna.

A riguardo sia lei, e ancor più il suo partito, si presentano tuttora in uno stato molto arretrato (sui diritti civili, sugli immigrati, sulla concezione della democrazia e su tanti altri problemi) e è questo che non si può nascondere.

La Meloni si sforza di presentarsi in modo accettabile sul piano internazionale, ma non è molto credibile perché gli altri sanno chi è e che cosa rappresenta.

Al di là dei problemi di immagine, è in grado di cambiare nella sostanza la cultura del proprio partito e quella del suo gruppo europeo?

Il voto a favore di Von der Leyen poteva rappresentare un primo passo in avanti in questa direzione e la possibilità di avvicinarsi a Francia e Germania in Europa, dunque poter contare di più.

E’ certo che un posto di commissario e/o di vicepresidente, l’Italia lo avrà, ma la posta in gioco era molto più alta e si è persa l’occasione.

La strada da seguire è chiara e non basta in proposito l’astuzia e le capacità trasformistiche della Meloni, o qualche viaggetto con la Von der Leyen: si tratta di adottare una linea strategica per una profonda trasformazione del partito e della sua linea politica.

Già in passato era stata avanzata l’ipotesi che Berlusconi potesse assumere il compito di realizzare una destra moderna, ma è stato troppo preso dalle questioni personali e aveva altro per la testa.

E’ significativo che i suoi figli, Marina e Piersilvio, abbiano recentemente preso delle posizioni politiche pubbliche piuttosto esplicite per sostenere che Forza Italia dovrebbe svolgere un ruolo più attivo, meno subordinato e proporsi un chiaro rafforzamento: propongono in sostanza il problema appena citato, sentono l’esigenza di una destra più moderna.

Nutro forti dubbi che Meloni intenda e sia capace di muoversi in questa direzione, ma ciò vorrà dire per l’Italia una politica di basso profilo, un continuo confronto-scontro con Salvini su chi è più a destra, una Forza Italia più moderata, ma non capace di andare al di là di qualche timida attenuazione e infine un paese irrilevante sia sul piano internazionale che sul piano europeo.

Tajani ha più volte parlato dello scarso rilievo della posizione di Salvini e della Lega nel Parlamento europeo (scatenando le ire dell’interessato), ma la stessa cosa vale per la Meloni, su cui Tajani ha taciuto per mantenere la pace nel governo.

E’ certamente difficile che Meloni cambi la sua politica, ma sarebbe auspicabile che affrontasse almeno alcune delle contraddizioni elencate che purtroppo non riguardano solo lei, ma interessano l’Italia.

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