Le parole di papa Francesco nel pre-conclave

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Durante l’omelia pronunciata nella prima messa celebrata a Cuba, sabato 23 marzo, il cardinale Jaime Ortega ha rivelato le parole che il cardinale Jorge Mario Bergoglio ha pronunciato nel corso della congregazione generale dei cardinali prima di entrare in conclave. L’Arcivescovo dell’Avana – come riferisce il sito zenit.org – ha raccontato che nel corso delle Congregazioni generali il cardinale Jorge Mario Bergoglio ha fatto un discorso “magistrale, perspicace, coinvolgente e vero”, articolato in quattro punti. Il cardinale Ortega ha detto di essere rimasto così colpito da quanto aveva sentito che ha chiesto a Bergoglio, se poteva avere il testo. L’arcivescovo di Buenos Aires gli ha detto che aveva fissato alcuni punti ma che non l’aveva scritto. La mattina dopo il cardinale Bergoglio “con estrema delicatezza” ha consegnato ad Ortega un foglio in cui aveva fissato i punti del suo intervento così come se lo ricordava. Il cardinale Ortega ha chiesto se poteva pubblicarlo una volta concluso il Conclave, e Bergoglio gli ha detto di sì. Una volta che l’arcivescovo di Buenos Aires è diventato Papa Francesco, il cardinale Ortega ha chiesto se poteva ancora pubblicare il testo del suo intervento alle Congregazioni Generali e il Pontefice gli ha confermato che poteva farlo. E’ così che ora la rivista dell’arcidiocesi dell’Avana Palabra Nueva ha pubblicato una trascrizione del manoscritto consegnato da Bergoglio al cardinale Jaime Ortega.

Ne riportiamo la traduzione in italiano fatta da zenit.org:

Si è fatto riferimento alla evangelizzazione. È la ragione per la Chiesa. “Conserviamo la dolce e confortante gioia di evangelizzare, anche quando occorre […] sia annunziato e la Chiesa sia impiantata nel cuore del mondo» (Paolo VI). È lo stesso Gesù Cristo che, dal di dentro, ci spinge.

1) Evangelizzare suppone zelo apostolico. Evangelizzare suppone nella Chiesa la parresia (testimonianza, ndr) di sé stessa. La Chiesa è chiamata ad uscire da se stessa e andare nelle periferie, non solo geografiche, ma anche nelle periferie esistenziali: dove alberga il mistero del peccato, il dolore, l’ingiustizia, l’ignoranza, dove c’è il disprezzo dei religiosi, del pensiero, e dove vi sono tutte le miserie.

2) Quando la Chiesa non esce per evangelizzare, diventa auto-referenziale e si ammala (cfr. La donna curva ripiegata su se stessa di cui parla Luca nel Vangelo (13,10-17). I mali che, ne tempo, colpiscono le istituzioni ecclesiastiche sono l’auto-referenzialità e una specie di narcisismo teologico. Nell’Apocalisse Gesù dice che Lui è alla porta e bussa. Ovviamente il testo si riferisce al fatto che lui colpisce la porta dal di fuori per entrare… Ma penso ai momenti in cui Gesù bussa dall’interno per lasciarlo uscire. La Chiesa autoreferenziale pretende di tenere Cristo dentro di sé e non lo fa uscire.

3) Quando la Chiesa è auto-referenziale, crede involontariamente di avere una luce propria. Non è più la certezza di mirare il mysterium lunae, invece va verso un male tanto grave noto come mondanità spirituale (Secondo de Lubac, è il peggior male che possa capitare alla Chiesa). La Chiesa vive per dare gloria degli uni agli altri. In parole povere ci sono due immagini della Chiesa: la Chiesa evangelizzatrice che diffonde “Dei Verbum religiose audiens et fidenter proclamans”  e la Chiesa mondana che vive in sè e per sé stessa. Questa analisi dovrebbe far luce sui possibili cambiamenti e sulle riforme che devono essere fatte per la salvezza delle anime.

4) Pensando al prossimo Papa, c’è bisogno di un uomo che, che dalla contemplazione e dall’adorazione di Gesù Cristo  aiuti la Chiesa a uscire da se stessa  verso la periferia esistenziale dell’umanità, in modo da essere madre feconda della “dolce e confortante gioia di evangelizzare”.

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