Sul Corriere della Sera di martedì 16 luglio, Piero Ostellino ha commentato da par suo la visita di Bergoglio a Lampedusa: “Il pauperismo di Francesco di fronte al principio di realtà”. Un articolo citato nella rassegna stampa di questo sito (qui). La mia impressione è che leggere Piero Ostellino è come leggere Eraclito di Efeso, l’Oscuro. Non so se con questo paragone si offenda o si esalti. Anche perché Eraclito era antidemocratico: i migliori sono i migliori e i più non sono nessuno! Da quello che si sa, Eraclito rendeva difficili le cose facili e complicate quelle semplici. Oltre alla nota considerazione sull’acqua del fiume che scorre ininterrottamente per cui un principio, un valore, non possono esseri eterni, Eraclito è anche il teorico dell’unità degli opposti e “dell’armonia segreta dei contrari”. In questo radicalmente diverso da Ostellino. Perché Ostellino è un positivista. Non pratica la dialettica. Crede, cioè, solo a un lato della verità. A una cosa sola. Specie se empiricamente verificabile. Radicalmente diverso anche perché Ostellino va avanti con coppie di contrari a suo avviso inconciliabili, su cui spesso fonda la sua “oscura” argomentazione manichea. O si è liberisti o comunisti. O si è amici o nemici. O le libertà individuali sono intoccabili, comprese ovviamente quelle del mercato che secondo lui si autoregola da sé per legge naturale, oppure si è in un regime di programmazione economica e di statalismo. Keynes? da dimenticare! Meglio Hayek. O si sceglie lo sviluppo o il sottosviluppo. La terza possibilità è im-possibile. E non ci sono mediazioni, né vie di mezzo e “… terze vie”. Seguendo questo suo impianto conoscitivo, che Ostellino utilizza ormai da anni nella sua argomentazione quotidiana pro-liberismo, Papa Bergoglio o è gesuita e dunque realista, oppure francescano e dunque pauperista. Che Bergoglio incarni nello stesso tempo l’uno e l’altro a Ostellino non salta in testa dal momento che, dal suo punto di vista, Bergoglio ha operato una “…scissione” fra Carità francescana e Realismo gesuita. Secondo Ostellino neanche realismo e morale possono andare d’accordo, palesando in questo modo la sua mai nascosta ammirazione per Machiavelli il quale divideva la morale dalla politica. Da cui discende che limitare con la ragione l’arrivo agli ultimi della terra ma aprire nello stesso tempo senza tentennamenti le braccia dell’accoglienza praticando subito la Pietas e la Caritas, per Ostellino, non è possibile. Ma egli, nel resoconto della visita di Bergoglio a Lampedusa, va oltre: l’interpretazione caritatevole che è stata fornita dai media “…diventa una spensierata e… cinica (sic) etica dei principi”. Mentre – sembrerebbe capire – l’etica della responsabilità è solo quella della Lega Nord. Quella cioè del realistico respingimento in mare degli immigrati, caso mai impiegando cannoni!
I media insomma hanno fornito di questa visita una interpretazione solo “buonista” e per niente “realista”, forse quel realismo predicato da Borghezio e dintorni. Ancora una coppia di opposti inconciliabili: vale a dire, ciò che è buono contro ciò che è reale, di cui lui solo conosce il significato, dal momento che la bontà e l’amore, la solidarietà e la carità non hanno niente di reale e non li trovi mai fuori dalla tua coscienza. Anche di quella laica. In altre parole non si possono, secondo Ostellino, coltivare i principi di Libertà, Eguaglianza e Fraternità, che lui estrae senza tentennamenti dall’illuminismo, ed essere nello stesso tempo responsabili. E il Papa, secondo Ostellino, ha contraddittoriamente separato, come dicevo, il Realismo gesuita dalla Carità francescana. Insomma, quando il Papa sceglie i poveri, si dimentica della crisi della società dei consumi e del benessere, che secondo Ostellino non dipende dalla “de-regulation” neo-liberista e della globalizzazione anarchica del capitalismo speculativo finanziario che affonda gli Stati, le economie degli Stati e la giustizia sociale, e che lui ha sempre fatto finta di ignorare. E’ certo che le favelas che visiterà il Papa a Rio de Janeiro siano in attesa di riscatto economico, civile e sociale. Me lo auguro. Ma questo non deve vietare a nessuno di ignorare la carità e la solidarietà da offrire immediatamente al popolo delle favelas.
Lascio perdere il suo pelagianesimo della Grazia, il suo Voltaire, la scelta di Bergoglio per rispondere agli “scandali sessuali e finanziari” della Chiesa, il cristianesimo della consuetudine, e la religione superstizione dei popoli sottosviluppati. E sorvolo sulla secolarizzazione e sugli egoismi, su cui, confesso, ho capito ben poco. Auguro invece ad Ostellino di aprirsi con spirito di comprensione, da vero “aspirante credente” come lui si definisce, verso chi crede che i valori della morale cristiana e della dottrina sociale della Chiesa vengano prima delle leggi e del realismo liberista.
Nino Labate
6 Settembre 2013 at 14:59
Spiace leggere articoli come quello di Piero Ostellino “Salvate il soldato Montesquieu” scritti da una penna famosa, stimabile ed autorevole. Capisco, del resto, che un orfano si possa sentire frustrato. Orfano di un partito di destra che non c’è, non c’è stato e cha mai ci sarà in Italia. Infatti, le “brave persone” della desta italiana trovandosi senza figure paterne di riferimento che soddisfino le loro esigenze hanno cercato dei padri putativi. I risultati del passato e recenti sono sotto gli occhi di tutti. Mi pare di capire dall’articolo che la responsabilità non sia di chi ha governato e di chi li ha votati, magari turandosi il naso, ma dell’attuale Costituzione.. I padri putativi scelti, dalla desta dei galantuomini e belle signore, sono stati un disastro per gli italiani. Petrolini diceva …io non ce l’ho con chi mi critica e fischia ma con chi non lo butta giù dal loggione del teatro….Forse, se si cercasse qualcuno di putativo con il cuore e non tenendo conto del proprio conto in banca si sceglierebbe persone che difenderebbero meglio sia il conto in banca di tutti ma soprattutto la dignità di ciascun italiano ed anche dei giornalisti.