Da mesi ormai non seguo come merita l’attività della rete, preso da troppi impegni tra i quali uno che adesso illustro brevemente in quanto entra in concreto nel dibattito che ho seguito a distanza in merito al nostro ruolo nell’attuale sistema culturale e politico.
Premetto che l’esperienza avviata a Gorizia deriva ovviamente dalla mia appassionata esperienza nella DC goriziana, che nel secondo dopoguerra, per merito di alcuni giovani cattolici (adesso li possiamo definire cattolici democratici) è stata protagonista di una autentica rivoluzione culturale e politica di rilievo nazionale ed europeo: non essendo stato per evidenti motivi tra i protagonisti (che invece ho avuto il privilegio di conoscere e stimare da più giovane amico), sto affermando una constatazione di altri: citerei Corrado Belci, Franco Bentivogli, Paolo Feltrin e tanti altri ancora che hanno conosciuto e studiato quella esperienza tra il ’45 e i primi anni ’80, dopo l’uccisione di Aldo Moro.
Quei “giovani” che durante la Resistenza nelle file della Osoppo si batterono a rischio della vita per mantenere Gorizia (e non solo) nell’Italia democratica, avendo per “nemici” sia il fascismo che il comunismo (che sul “fronte orientale” presupponeva l’eliminazione fisica dell’avversario: vedasi il più celebre episodio di Porzus), furono tra i primi a sostenere non solo il superamento della cortina di filo spinato che era stata tracciata attraverso case, campi e perfino un cimitero della città, ma anche l’apertura progressiva proprio nei confronti degli sloveni, prima, e poi dei socialisti.
Erano in contatto con i principali (giovani e non solo) esponenti della DC nazionale (alla quale erano iscritti dal ’45 entrando anche negli organismo nazionali), tra i quali Fanfani, Rumor, Pistellli, Piccoli, Galloni, Granelli, Marcora, i fratelli De Mita, e prima ancora con De Gasperi, poi molto sostenuti da Aldo Moro da Presidente del Consiglio il quale volle svolgere proprio a Gorizia il primo incontro con i rappresentanti della Repubblica di Slovenia subito dopo il suo incontro a Belgrado con Tito.
Moro aveva ben intuito che questi giovani, tra i quali era emerso Michele Martina (parlamentare nel ’58 a 32 anni, sindaco di Gorizia dal ’65 al ’72), stavano mettendo le basi dei nuovi rapporti internazionali che avrebbero portato al Trattato di Osimo e poi, progressivamente, alla demolizione del Muro di Berlino.
Quei giovani avevano contro autorità ecclesiali, i fascisti e tutta la destra liberale e nazionalista, i comunisti ovviamente, ma avevano con loro quanti avevano colto la loro istanza fondata sul primato della persona, che portava a vedere nell’altro (lo slavo in primis) non più l’odiato infoibatore (grande bugia e strumentalizzazione ancora in vigore) ma il parente rimasto dall’altra parte, l’amico non più rivisto: si trattava di superare un confine che aveva diviso e lacerato in profondità una comunità che aveva condiviso una storia millenaria.
Con questo progetto si sono affermati classe dirigente, da uno storico congresso della DC provinciale del 1954, dandosi nel 1958 lo strumento “autonomo” del Centro Studi “Rizzatti” (dedicato ad un senatore locale che li aveva sostenuti) che con la sua rivista quadrimestrale “Iniziativa isontina” ha comunicato, confrontato e dibattuto i problemi della comunità locale con lo sguardo all’Italia, all’Europa e al mondo.
Per i cattolici una sana provocazione, per la gente del posto una sfida appassionante che dopo la morte di Moro (e di fatto della DC) è andata in caduta libera con la cosiddetta “seconda Repubblica”. Centro e rivista da vicini di casa sono diventati prima fastidiosi critici ed infine nemici da abbattere fin dagli anni ’80; dagli anni ’90 una spina nel fianco per i partiti e soprattutto per la destra rispetto ai problemi della comunità in visione europea.
Questa lunga premessa serve a capire l’iniziativa che con alcuni amici, di ben diverso orientamento, ho proposto per le prossime elezioni comunali a Gorizia, dove “impera” da tempo la destra-centro anche a causa di un centrosinistra, a guida PD, senza alcuna possibilità neanche di influire sul declino che pare inarrestabile di una città che invece ha segnato fortemente la stessa nascita della Regione speciale Friuli Venezia Giulia quale “ponte” verso l’unificazione e successiva integrazione europea.
PD totalmente asservito alla logica spartitoria Udine – Trieste, e non certo da adesso.
Forse interessa poco tutto questo alla nostra rete, ma vorrei invitare ad una seria riflessione sulla influenza che possono avere le piccole ruote nell’ingranaggio della grande storia; quanto può influire una Regione come il FVG nelle (possibili) mani della destra leghista pur edulcorata dai residui di Forza Italia, al confine orientale del Paese verso Slovenia, Croazia e Balcani, ovvero sul corridoio più esposto alle turbolenze indotte dai potenziali conflitti tra i Paesi interni all’Unione Europea, e quelli adiacenti, la Turchia, l’Ucraina, il gruppo di Visegrad.
Interessa certamente poco (ma non ne faccio assolutamente un problema di responsabilità o ignoranza, sia chiaro), che si stia esasperando la guerra fratricida tra il Friuli e Trieste, con il PD (al pari degli altri) a non avere una propria reale e dignitosa posizione unitaria che dica con chiarezza una parola decisa contro la vecchia riedizione da parte del centro destra a trazione leghista di fare il confine sull’Isonzo tra le due provincie giuliano-triestina e udinese-friulana modello Trento-Bolzano: argomento da tempo alla base del programma per le regionali del prossimo anno.
Nel nostro piccolo risorgerebbero i “muri” del campanilismo etnico-culturale molto simili ai muri che si stanno delineando a marcare i risorgenti nazionalismi a sfondo etnico-culturale.linguistico e financo religioso, ovviamente.
Alla faccia della prima e seconda guerra mondiale e dei massacri di quarant’anni.
Gorizia ed il suo territorio transfrontaliero (noi lo definiamo ancora il Goriziano), sono proprio nel mezzo di questo sistema che la sta annientando, privando la regione stessa del suo essenziale collante geo-politico e storico-culturale.
Sulla base di questi elementi ho deciso di avviare una proposta che sta trovando sostegni ed adesioni che mesi fa parevano utopia: un appello all’unità possibile mettendo al primo posto gli interessi della città rispetto ai pur legittimi interesse di parte e soprattutto di partito; con la discriminante dell’affermazione che Gorizia sta all’Europa come l’Europa sta a Gorizia, senza se e senza ma.
In piena sintonia con il recente intervento del Presidente Mattarella che ha voluto partecipare al ricordo dei 100 anni del “ritorno” di Gorizia all’Italia assieme al Presidente della Slovenia Pahor, ai due Sindaci delle due città adiacenti di Gorizia e Nova Gorica, alla stessa presidente Serracchiani, con l’inno dei due Paesi cantati rispettivamente dai bambini delle scuole elementari di lingua italiana e slovena.
Eventi significativi ma che sono destinati a restare rituali senza esiti, a meno che…
Questa proposta ha avuto in questi giorni un epilogo nella candidatura a sindaco di persona indipendente, espressione della “società civile”, in una squadra composta da persone aventi anche trascorsi politici proprio a rimarcare che la politica non va rifiutata e vilipesa, ma rispettata ed assunta come diritto-dovere.
Stanno aderendo anche con nostra sorpresa persone ed ambienti tra i quali molti amici che da sempre fanno alacremente i volontari in associazioni benefiche, culturali e sociali, ambienti sportivi e parrocchiali, ma “lontanissimi” dall’impegno politico diretto: davanti a questa proposta si sono come accesi di entusiasmo davanti ad una prospettiva che pareva impossibile.
Anche diversi giovani si sentono in grado di partecipare ad una appassionante avventura: stiamo organizzando quindi una lista civica dopo che per tre mesi, in dodici incontri pubblici organizzati dal Centro Rizzatti e dalla rivista Iniziativa isontina, abbiamo illustrato tenacemente questo progetto facendo appello anche ai principali partiti politici: Forza Italia, Partito democratico e UDC.
Tutti hanno dimostrato rispetto ed attenzione, ma nessuno ha smesso le sue armi, anzi si stanno attrezzando all’ulteriore quanto logorante contrapposizione basata sugli emigranti, rifugiati, slavi compiacenti, fascisti contro comunisti, dall’esito scontatisssimo: il declino inarrestabile consegnato nelle mani di classe dirigente composta da autentici straccioni che utilizzano senza scrupoli, più a destra ma anche da questa parte non è male…, la disaffezione al voto lasciato nelle mani dei tifosi interessati.
Io stesso ovviamente, più che il Centro Studi, sono imputato di tradimento dal PD al quale sono iscritto, al pari degli amici con i quali ho condiviso questa iniziativa, ingiuriati ovviamente dagli ex-amici del centro destra; i centristi (sempre orientati a destra in questa situazione di alternativa secca destra-sinistra) si stanno (per fortuna) dividendo e quindi la “nostra” iniziativa si sta avviando in splendida solitudine (nel senso della sola lista a sostegno del nostro candidato sindaco) collocandosi non solo al “centro” geo-politico ma “fuori” dal contesto partitico pur se profondamente ancorato all’obiettivo “politico” nel senso più proprio del termine.
Iniziativa che assomiglia ad una avventura che è partita per una responsabilità condivisa tra amici che riconoscono nella cultura politica di ispirazione cristiana, confrontata e collegata (come stiamo facendo) a quella laica-liberale e umanista-solidarista, il fondamento di una sperimentazione dal basso e dal piccolo, aggiornando e riproponendo in forme nuove un antico patrimonio.
Concludo ricollegandomi ad una mia nota precedente, quando osservavo con amarezza, dopo il Convegno di Paestum, come nella nostra rete vi fosse una generale insofferenza verso l’esperienza politica della Democrazia Cristiana, accompagnata anche da un evidente orientamento verso la sinistra “non dc” anche storicamente riconoscibile, con simpatie spiccate verso Grillo e suoi adepti.
Ribadisco che sentivo e sento tutt’ora questo sentire politico diffuso tra gli amici della rete, con disagio anche negli incontri di Assemblea ai quali ho partecipato; mi ha molto deluso anche il confronto sulla questione referendum dove quei sintomi che percepivo sono stati resi evidenti ed anzi dirompenti: molta giustificazione intellettuale ad una posizione politica non esplicitata che a me pareva invece molto chiara, molto simile a quella esposta dal Zagrebelski e soci dai quali mi trovo lontanissimo.
Ringrazio chi di voi avrà avuto tempo e voglia di leggersi questa lettera di un democristiano di periferia, ultimo degli espulsi per eccesso di disobbedienza nel febbraio del 1992 ma orgogliosamente fiero di aver avuto l’onore di partecipare, anche per educazione famigliare, ad una grande storia erosa e demolita da lupi famelici: e che per fedeltà a quella esperienza ed ai tantissimi maestri incontrati in un lungo tragitto tenta di appassionare all’impegno politico persone che possano conoscere e valorizzare per sé e la propria comunità quei riferimenti e quegli impegni personali.
Nicolò Fornasir
Gorizia, febbraio 2017
20 Febbraio 2017 at 12:11
ho letto solo oggi il suo intervento e mi ritrovo in un clima che soffro anch’io, sia pure con una storia personale diversa dalla sua
credo che il nodo principale che dobbiamo provare a sciogliere riguardi il modo in cui si sviluppa il dibattito politico, che prima di essere portato sul piano del confronto e dello schieramento, dovrebbe essere svolto in termini di ricerca e di costruzione di alternative di ampio respiro, capaci di interagire con i veri processi in atto nel mondo
constato che questa sensibilità è assente in maniera drammatica
lo è stato nella recente vicenda elettorale america, come nelle scelte brexit, lo è nelle campagne elettorali in atto in francia e ormai avviata in germania, lo è perfino in quella che dovrebbe essere la loro sede naturale: gli organismi europei
sicchè la miopia degli attori che si muovono sulla nostra scena nazionale non sorprende: però in questo caso mal comune non è mezzo gaudio
tutto ciò aggrava la sensazione di impotenza, rispetto alla quale il ricordo delle vicende che hanno accompagnato la liberazione del nostro paese dalla condizione drammatica in cui l’aveva condotta l’alleanza nazifascista dovrebbe servire di ammaestramento
sappiamo come, anche allora, chi non fu consapevole del livello storico degli avvenimenti abbia rigettato i propri paesi in una guerra di posizioni antitetiche che hanno nuovamente fatto arretrare la storia: sicchè i francesi che bocciarono l’unificazione europea sconfissero i francesi che l’avevano pensata e proposta, mentre i tedeschi si preparavano alla lentissima riunificazione, utile per riprendere strategie di dominio europeo, gli italiani…. beh noi spesso solo a stare alla finestra (altiero spinelli non di rivolti nella tomba!) per cogliere qualche vantaggio
i suoi ricordi della resistenza coincidono con le storie che io vissi da bambino e che dopo ebbi spiegate da chi li aveva vissute combattendo
sappiamo che le vicende come un si e un no o il prevalere di una maggioranza o l’altra nella conduzione di un partito siano ahimè sempre viste come la “questione fondamentale” mentre esse solo solo strumentali a sostenere progetti e scelte, che purtroppo appaiono molto sfocati o addirittura assenti
a queste, invece, vorremmo fosse dedicata la grande maggioranza del tempo e degli sforzi
continuiamo a farlo, lavorando per diventare, in questo, maggioranza di persone e risorse, pur sapendo che da minoranza quale siamo il percorso sarà ancora lungo
cordialmente