“Tra le accuse più frequentemente mosse alla Chiesa c’è quella di essere ricca. (…) Certo, non si può dire che nella nostra Chiesa, lungo la storia, ci siamo sempre attenuti con fedeltà al messaggio di Cristo. Il Signore ispirerà a ciascuno come regolarsi. Ma il problema rimane ed è molto grande. Forse sarà necessario attendere una invasione di persone venute da altre civiltà, che distruggano e in qualche modo facciano tabula rasa di tutto il nostro modo di vita. Sappia però ogni vescovo che se non mette in pratica le parole forti di Gesù sulla povertà, non solo riguardo agli edifici ma anche agli stessi metodi di evangelizzazione, non potrà contare sull’aiuto di Dio”.
(Dal nuovo libro di Carlo Maria Martini, “Il vescovo”, Rosenberg & Sellier)
I vescovi sono sempre stati la spina dorsale della chiesa come istituzione, ma specialmente dal concilio Vaticano II in poi i vescovi sono diventati, assieme al papa che è il vescovo di Roma, il volto pubblico del cattolicesimo: nei suoi momenti alti come nei suoi momenti bassi. Dalle biografie dei vescovi si comprende molto della chiesa in quanto tale: dai vescovi-teologi dei primi secoli, ai vescovi-conti del medioevo e della prima età moderna, ai grandi vescovi riformatori dell’età tridentina, ai vescovi nuovi defensor civitatis durante la Seconda guerra mondiale, ai vescovi del sex abuse scandal degli ultimi dieci anni.
Per questo e per altri motivi bisogna essere grati al cardinale Carlo Maria Martini e al volumetto da lui appena pubblicato (Il vescovo, ed. Rosenberg & Sellier, 2011, 92 pp.), un moderno speculum episcopi per quanti vogliono capire meglio chi sono e cosa fanno i vescovi nella chiesa cattolica oggi. Il libro si rivolge ad un pubblico non specialistico, e come tale ricopre ambiti e momenti della vita di un vescovo che sono utili a quanti non sono addentro all’istituzione. Con grande chiarezza Martini aiuta ad entrare negli arcana dell’istituzione ecclesiastica, cosciente che la figura del vescovo e il modo di «fare un vescovo» sono molto cambiati lungo i secoli: chi diventa vescovo e come si diventa vescovi; i diversi “tipi” di vescovi; quali sono le prime decisioni che il nuovo vescovo di una diocesi deve prendere; quali sono le prime e le più importanti nomine da fare per il governo di una chiesa locale.
Ma alcuni aspetti vanno al di là del manuale di istruzioni e diventano una tutt’altro che banale narrazione della “vita di pastore” di una diocesi nell’esperienza di Carlo Maria Martini arcivescovo di Milano (probabilmente la nomina episcopale più riuscita dell’intero pontificato di Giovanni Paolo II). Squarci sull’agenda quotidiana del vescovo (le udienze e le visite, il lavoro sui documenti e gli incontri, lo spazio per la vita di preghiera) cedono il passo a pagine appassionate su alcune nuove problematiche della vita del clero moderno, come la solitudine: su questo Martini propone la sua esperienza di “vita comune” al vicario della diocesi (come era stato proposto da alcuni padri conciliari al Vaticano II).
Su altre questioni Martini non si esime dall’esporre il proprio pensiero su alcune questioni-chiave del rapporto tra chiesa e società moderna: il rischio di autoritarismo da parte di prelati isolati dalla vita reale; il bisogno di maggiore collegialità e sinodalità nel governo della chiesa; la necessità di ridare voce alle chiese locali nel momento della scelta del nuovo vescovo (qui riprendendo una proposta del cardinale Pompedda, scomparso nel 2006, uno degli ultimi canonisti di rango della curia romana).
Viene da Martini anche un giudizio impietoso sull’efficacia del Sinodo dei vescovi come strumento di comunione nella chiesa. Non meno interessanti sono le pagine sul ministero di frontiera dei vescovi di oggi: con i non credenti, con i non cristiani, con gli ebrei, con i poveri, i carcerati, i separati e i divorziati – e anche con i giornalisti («i giornalisti non sono un mondo a parte rispetto al gregge che ci è stato affidato»). Cruciali le pagine sull’essenza del ministero del vescovo oggi.
Martini prende una posizione netta rispetto a quello che deve essere il centro della predicazione del vescovo oggi, ovvero il Vangelo, così deludendo sia coloro che vorrebbero dai vescovi una sorta di magistero di supplenza rispetto alla coscienza civile del paese, sia coloro che si attendono dai vescovi una predicazione limitata alle questioni morali e in particolare di morale sessuale.
Durante tutta la storia della chiesa, a partire dalla nascita dell’episcopato monarchico nel secolo II e specialmente nell’epoca moderna e contemporanea, dal concilio di Trento in poi, le stagioni di “riforma della chiesa” hanno in buona parte coinciso con l’affermarsi di un certo “modello episcopale”. Se san Carlo Borromeo a Milano era assurto a simbolo della chiesa tridentina, l’esperienza di Carlo Maria Martini nella Milano del tardo Novecento appartiene ad uno dei momenti alti della chiesa del concilio Vaticano II, e questo libretto ne è una piccola ma non trascurabile testimonianza.