Roberta Metsola, “Il mio David Sassoli, un leader onesto che ha fatto migliore la nostra Europa” (La Stampa). Gianfranco Pasquino, “Il futuro dell’Unione tra due donne alfa” (Domani). Maurizio Ambrosini sul tema migranti in Europa: “I sovranismi si elidono” (Avvenire). PACE/GUERRA/ARMI: Riferisce Marco Bresolin, “Il conflitto rinsalda i legami Europa-Nato. Bruxelles accantona l’autonomia strategica” (La Stampa), e così Giuseppe Sarcina, “Il patto Europa-Nato: ‘La nostra sicurezza è armare l’Ucraina’” (Corriere della sera). Scrive, a sua volta, Claudio Cerasa: “Servono armi per fare la pace” (Foglio). E anche Luca Diotallevi, cattolico, esprime una posizione che provoca: “La guerra e i limiti della società civile” (Messaggero). DEMOCRAZIA: Carlo Bastasin, “Il rimbalzo delle democrazie” (Repubblica). Walter Veltroni, “La politica distratta e bloccata” (Corriere della sera). PRESIDENZIALISMO: Roberto Mannheimer, “Fare a meno di Mattarella? Presidenzialismo: modelli, problemi, soluzioni” (Il Riformista). Giovanni Orsina, “Serve stabilità. Il modello migliore è quello francese” (intervista a Qn). GOVERNO: Davide Tabarelli sul rincaro benzina: “Nessuno specula, è solo il mercato” (La Stampa): Lina Palmerini, “Inflazione e benzina: test di popolarità della premier” (Sole 24 ore). Roberto Napoletano, “Il governo ripristini lo sconto Draghi sulla benzina” (Il Quotidiano). Valerio Valentini, “Mes, l’ora dell’abiura” (Foglio). Giuseppe De Rita, “Troppi slogan. Così la destra alla prova del governo delude i suoi elettori” (intervista a Repubblica). Giovanni Maria Flick, “Così lo spoil system uccide il merito” (La Stampa). Edoardo Zanchini, “L’urgenza di soluzioni per la crisi climatica spaventa il governo Meloni” (Domani). Luciano Violante, “Perché bisogna formare i giovani alla conquista dei ‘nuovi mondi’” (Mattino).
14 Gennaio 2023 at 09:18
Innanzitutto grazie per la costante attenzione ai miei piccoli contributi.
Con l’occasione, in amicizia, una domanda.
Considerando il vostro riferimento a “Cocilio” e “Democrazia” mi aspettavo definiste il mio ultimo pezzo, se non banale, certo non originale. Non si tratta altro che di una applicazione di quanto, a loro modo, Costituzione e Concilio dicono sul punto in questione.
Cosa c’è di “provocante” nel mio pezzo?
Grazie per la attenzione!
14 Gennaio 2023 at 21:46
Beh, la tua domanda è solo apparentemente ingenua, ovviamente. Premetto che, personalmente, condivido in buona sostanza quanto hai scritto. Ma non è banale, ed è, torno a dire, provocante. Lo è perché indica una linea di pensiero, che certo si fonda sulla Costituzione e (ma qui la questione sarebbe più complessa) sul Concilio Vaticano II, ma diverge in modo radicale (vorrei dire plateale, anche nei toni) con quella, pur modificatasi nel tempo, di papa Francesco: E’ papa Francesco che, certo come altri papi hanno fatto prima di lui, ha parlato di guerra come “follia”, e lo ha fatto ripetutamente. E’ stato papa Francesco, anche per convinzioni probabilmente nate nella sua esperienza umana e pastorale latinoamericana, a mostrare inizialmente un’aperta diffidenza nei confronti della Nato, cui ha rimproverato di avere in qualche modo minacciato la Russia di Putin fino a determinarne la reazione spropositata. E’ stato papa Francesco a dare un’interpretazione della riflessione conciliare sulla guerra e la pace che faceva perno sulla radicale illiceità delle guerre, oggi che possono portare all’uso delle armi nucleari (cosa che del resto aveva sostenuto prima del Concilio papa Giovanni nella Pacem in terris). Ed è stato papa Francesco a criticare con forza la produzione e il commercio delle armi. Ho riportato in Rassegna l’articolo ritenendolo interessante (e, quanto a me, condivisibile nella sostanza), ma mi pare evidente che esso faccia rimarcare in modo assai netto, inusuale per un cattolico (e forse eccessivo), quanto grandi siano le differenze di approccio, nello stesso ambito dei credenti sul tema della pace e della guerra. Credo che queste differenze siano legittime, e che lo siano anche le critiche al papa, questo papa o un altro, pur se portate con autentico rispetto.
17 Gennaio 2023 at 11:12
Sempre interessante Luca Diotallevi, ma ci sono alcuni punti che andrebbero meglio discussi. L’aspirazione a un mondo pacifico (o almeno più pacifico che nel passato e nel presente) non è stato portato avanti solo da illusi utopisti o dalle chiese cristiane, ma anche dalla Società delle Nazioni, poi dalle democrazie occidentali uscite dalla seconda guerra mondiale, da decine di dichiarazioni internazionali e con la creazione dell’ONU. Persino USA e URSS a un certo punto hanno capito che l’escalation atomica poteva creare problemi inediti e sfuggire di mano. Ai tavoli di trattativa non c’erano certo manifestanti alle marce della pace… Il vero problema, che mi pare sfugga a molte analisi, non è che in determinati momenti di emergenza anche il ricorso all’uso della violenza possa rivelarsi inevitabile – per autodifesa o per difendere l’innocente – ma il rischio che l’emergenza diventi l’alibi per tornare a pensare il mondo e l’umanità non incamminate verso uno sforzo di convivenza pacifica, seppure con molti ostacoli, ma come un teatro di conflitto perenne in cui a prevalere sono i rapporti di forza militari e bellici, illudendosi che questo comporti una qualche forma di equilibrio semi-pacifico che di fatto non c’è mai stato, nemmeno dal secondo dopoguerra, salvo che in Europa (guerra Jugoslava e guerra attuale a parte), se contiamo i conflitti verificatisi dopo il ’45 e quelli tuttora in corso. Quello che cioè voglio sottolineare è che il grido di chi continua testardamente a dire che la prospettiva da perseguire è quella della pace – avendo ben chiaro che non sappiamo se e quando mai ci arriveremo – è lo strumento di dissuasione fondamentale e necessario per non ricadere nella logica perversa di uno stato di guerra (latente o agito) permanente. Sarebbe poi piuttosto ingenuo non riconoscere l’enorme affare economico e finanziario che sta dietro la produzione e la vendita di armi! E allora, se eventi gravi e ingiusti come l’aggressione russa all’Ucraina richiamano l’esigenza di risposte realistiche e immediate (pur sempre proporzionate) per salvare la vita e i beni di chi è aggredito (così come peraltro ci si difende giustamente da un delinquente, da un mafioso, da un terrorista ecc.), nondimeno non dobbiamo smettere di affermare che la guerra è una follia (non tecnicamente, ovviamente, ma come giudizio morale) e lavorare perchè siano sempre meno le situazioni di questo tipo, non accontentandoci di “fotografare” l’esistente, come del resto infatti – per fortuna – non fecero i nostri padri e madri costituenti e i padri e madri dell’unità europea. E se gli Stati europei sono riusciti, dopo secoli di scontri terrificanti e milioni di morti (non solo nelle due guerre mondiali; si pensi alla guerra dei trent’anni…) a convivere pacificamente, non si capisce per quale motivo non cercare di provare a fare lo stesso su scala globale. Un caro saluto a Luca.