SULL’USCITA DI RENZI DAL PD

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Paolo Rodari, “Nessuna benedizione a Renzi. I cattolici guardano ancora al Pd” (Repubblica). Marco Tarquinio, “La mossa di Renzi e il cantiere della quarta gamba” (Avvenire). Romano Prodi, “Il partito di Renzi è come lo yogurt” (intervista a Repubblica). Nando Pagnoncelli, “Italia Viva è al 4,4%. Solo per uno su quattro Renzi ha fatto bene” (Corriere della sera). Roberto D’Alimonte, “Renzi al 6,4%. Il 75% dei voti presi a +Europa, Pd e Fi” (Sole 24 ore). Franco Monaco, “Renzi e il solito partito dell’io” (Il Fatto). Giorgio Tonini, “Lettera a un amico che ha lasciato il Pd per Italia Viva” (landino.it). Giulio Quercini, “Caro Matteo ti ho sempre votato ma oggi non ti seguo” (Libertà eguale). Graziella Pagano (militante storica del Pd a Napoli), “Pd addio, vado con Renzi” (Repubblica). Emanuele Macaluso, “Da Matteo scissione personalistica. Se il Pd non reagisce finirà male” (intervista a La Stampa). Pierluigi Bersani, “Sinistra più larga oltre il Pd” (intervista a Repubblica). Maria Elena Boschi, “C’è una prateria davanti a noi” (intervista al Corriere). Luca Lotti, “Perché sono rimasto nel Pd” (Foglio). Domenico De Masi, “Gli intellettuali ora aiutino Pd e M5S” (Il Fatto). Claudio Tito, “I dubbi su Renzi di Cinte e dei ministri: non possiamo fidarci” (Repubblica). Giorgio Gori, “Serve un congresso straordinario” (Foglio). Stefano Folli, “Franchi tiratori sul patto Pd-M5S” (Repubblica). Claudio Cerasa, “Contro l’Ulivo formato grillino” (Foglio).

One Comment

  1. L’uscita di Renzi dal PD e la creazione di un suo partito è il secondo degli avvenimenti di questa pazza estate che movimentano il quadro della rappresentanza della politica, il primo è stato la crisi di Governo provocata da Salvini e la nascita del nuovo Governo M5S – PD.
    Per dichiarazione dello stesso Renzi la sua nuova forza politica si colloca nel così detto “centro” e, dunque, in un’area politica che nel corso degli ultimi 15 anni è stata distrutta per fare spazio al bipolarismo “destra – sinistra”.
    Nel dibattito politico c’è chi sostiene che le vecchie classificazioni “destra, sinistra, centro” non hanno più alcuna ragione di essere utilizzate in quanto sono termini non più adeguati per definire la realtà odierna.
    Sarebbe una riflessione stimolante quella che volesse stabilire se in politica ancora esiste la “destra” e la “sinistra” e se invece sia elemento di novità, e perché, abbandonare queste classificazioni affermando che sono antistoriche e non servono più nell’attuale fase storica.
    Personalmente continuo ad interpretare questo tema nei termini della teoria classica per la quale un partito si qualifica per le ragioni ideali che lo motivano e le politiche che fa, e il punto centrale di questa teoria è questo: tutto quello che va a vantaggio dell’uguaglianza, cioè della riduzione delle disuguaglianze sociali, culturali, economiche e delle opportunità di vita, è di “sinistra”, tutto ciò che invece va a vantaggio della libertà, come purtroppo avviene nel nostro Paese da almeno vent’anni, amplia le disuguaglianze ed è, per naturale contrapposizione, di “destra”.
    Questo schema, dal punto di vista storico, ha determinato il modo di essere della politica in Italia almeno dal dopoguerra almeno fino al Governo Monti, assegnando alla Democrazia Cristiana lo spazio del “centro”, inteso e praticato come luogo della mediazione e del compromesso e come arte e capacità di fare sintesi tra opzioni diverse quando non alternative, spazio che si è andato esaurendo nel tempo e che oggi non esiste, più mentre resta la “destra” e la “sinistra.
    Ma non voglio però soffermarmi su questo argomento quanto piuttosto rimarcare come l’uscita di Renzi dal PD e la creazione di un suo partito non semplifichi ma complichi il quadro della rappresentanza della politica e, se non mette in crisi, certamente crea difficoltà non marginali, ai molti che affollano l’area del così detto “centro”, area nella quale Renzi ha scelto di collocarsi.
    Può anche essere sbagliato identificare questa come area di “centro” ma è fuori discussione il fatto che con 10 nuove formazioni politiche (tante sono quelle già costituite e quelle di prossima costituzione) il quadro della rappresentanza politica che si vuole nuovo, sia invece pericolosamente frazionato fino al punto, per queste nuove formazioni politiche, di essere alla prova del voto, irrilevanti ed ininfluenti, salvo forse il partito di Renzi.
    Queste sono le nuove formazioni politiche, e di queste ben cinque fanno riferimento al mondo cattolico:
    – 1) il nuovo partito di Renzi “Italia Viva”;
    – 2) il nuovo Partito di Calenda e Richetti che verrà presentato il 9 dicembre prossimo;
    – 3) il nuovo partito di Giovanni Toti “Cambiamo”;
    – 4) Urbano Cairo patron di la TV7 e del Corriere della Sera ha manifestato l’intenzione di impegnarsi a breve in politica;
    – (5) analogamente Flavio Briatore con una sua lista né di destra, né di sinistra, né di centro;
    – (6) il partito Demos promosso dalla Comunità di Sant’Egidio;
    – (7) il Popolo della Famiglia di Mario Adinolfi;
    – (8) su iniziativa di Politica Insieme nascerà a breve un partito di ispirazione cristiana del quale in questi giorni verrà presentato un Manifesto;
    – (9) il Partito dei Valori Cristiani che ha partecipato alle elezioni europee con (10) il partito del Popolari per l’Italia.
    Questa frammentazione mi preoccupa e trovo surreale discutere di nuove formazioni politiche senza tenere conto che se questo è il quadro della politica oggi, il rischio per queste nuove forze politiche è di essere “cannibalizzate” da chi è più forte (Renzi ad esempio).
    Tutto questo per dire che è iniziata una fase di scomposizione e ricomposizione della rappresentanza della politica. Per questa ragione mi auguro e spero che questo Governo e questa maggioranza reggano fino alla fine della legislatura nel 2023.

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