di Sergio Pagani
Il governo, intervenendo con un provvedimento per alleviare le bollette elettriche (dopo aver aumentato l’IVA sulle stesse) ha, allo stesso tempo, varato la propria strategia per il rilancio del nucleare, per “pensare anche al medio e lungo termine”.
Si approfitta di un’esigenza popolare, particolarmente avvertita, per riaprire, surrettiziamente, l’impegno nucleare.
Si ammantano i discorsi di novità, di trovarsi di fronte a soluzioni innovative, impianti di 3^ e 4^ generazione, più scuri e che producono molto meno scorie.
Ma che cosa c’è di veramente nuovo? Decisamente poco. Gli impianti ultimi funzionanti non sono diversi per concezione da quelli precedenti e pertanto anche i miglioramenti apportati sono decisamente modesti.
I reattori di 4^ generazione di cui si parla, gli SMR (small modular reactors) da 300 MW di potenza, gli AMR (advanced modular reactors) di potenza analoga agli attuali e i micro-reattori da 50 MW sono tuttora nella fase di studio.
E, come è noto, in questo campo gli studi sono lunghi e così le sperimentazioni e le prove concrete del loro funzionamento: tra problemi tecnici, individuazione dei siti, autorizzazioni necessarie si può calcolare in una decina d’anni la possibilità di un’effettiva realizzazione.
Ma le esigenze sono immediate, qui e ora.
Non ci sono poi solo questioni tecniche: il nucleare comprende un complesso di problemi che solo la spinta per il progresso a tutti i costi porta a trascurare; innanzitutto, i costi.
Il più recente reattore francese (la Francia ne ha in programma ben sei) a Flamanville, a 50 km. da Lione, previsto per il 2012 con una spesa attorno ai 3 miliardi di euro è entrato in funzione recentemente con una spesa che ammonta a circa 20 miliardi di euro.
Non diverso il caso dei due reattori inglesi di Hinkley Point che invece dei 18 miliardi previsti sono costati 46 miliardi. Analoghe esperienze sono avvenute negli USA e in Finlandia.
Non sono facili da ammortizzare spese di tale entità, pur nel corso dei decenni di durata dell’impianto, tanto è vero che il costo dell’energia nucleare ammonta a 2 o 3 volte il costo dell’energia prodotto dalle rinnovabili.
Un altro problema tutt’altro che secondario è costituito dalle materie prime: l’uranio, e così gli altri materiali necessari per i nuovi reattori, non sono minerali presenti in Italia e dunque dobbiamo dipendere da altri paesi. Ma una delle ragioni fondanti del piano energetico non doveva essere la ricerca dell’autonomia?
Il contributo delle fonti rinnovabili al bilancio energetico cresce ogni anno e le domande di piccoli e grandi impianti eolici e solari è molto elevato e realizzabile, a differenza del nucleare, in tempi brevi. Non si vede perché non puntare decisamente sulle rinnovabili.
La tendenza odierna a favore del nucleare è poco comprensibile razionalmente: è molto dovuta alla paura derivata dalla guerra, del rimanere senza energia, del superare i tabù di ieri perché la situazione drammatica odierna richiede scelte che ieri non eravamo disposti a fare.
Così l’opinione pubblica si è spostata e se abbiamo realizzato ben due referendum per dire no al nucleare, oggi il nucleare raccoglie molti più consensi di una volta.
In verità tecnicamente è cambiato poco, come ricordato, e i millantati e meravigliosi reattori senza pericoli e senza scorie sono al di là da venire, ma ciò che è cambiato è il “sentire” diffuso, più spaventato e pertanto più disponibile.
Così sentiamo la presidente Meloni parlare addirittura di fusione nucleare, qualcosa che forse vedranno i nostri pronipoti tra non meno di cinquant’anni.
Così anche i comunicati sindacali, in particolare quello della Cisl, esprimono a riguardo ottimismo: si tratta di comunicati, probabilmente ci saranno discussioni più impegnative in sede di organismi direttivi, ma sono segni di una tendenza corrente.
Alla notizia della decisione governativa non si è manifestato alcun movimento di massa contrario (ma dove sono le masse oggi?): ma quando e se si dovrà decidere di collocare un reattore in una determinata località, allora è probabile che ciò non avverrà pacificamente e le reazioni al nucleare ritorneranno.
Ragionevolmente si dovrebbe negare il nucleare, non ci sono motivi che lo giustificano.
Poiché però abbiamo aziende impegnate nel settore (e che operano attualmente per l’estero) si può ammettere la ricerca e forse proporre di testare un piccolo reattore (che è uguale agli altri, ma essendo piccolo crea in proporzione meno problemi)
Ma deve essere chiaro che non ci sono le condizioni per quello che si può definire un programma nucleare.