“Sponde. Pensare Mediterraneo”, la bella collana della sezione San Luigi della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia meridionale, con sede a Napoli, ha fin qui pubblicato, per i tipi de Il Pozzo di Giacobbe, una decina di volumi. Ne indico qui due che mi sembrano di particolare interesse.
Il primo è Spazio europeo e mediterraneo, sottotitolo Le analisi profetiche di Dossetti e La Pira. Autori sono Marco Giovannoni e Fabrizio Mandreoli. Si tratta di un piccolo libro di un centinaio di pagine (con una stimolante introduzione del presidente della Cei, Gualtiero Bassetti), che mette a fuoco le multiformi relazioni che La Pira e Dossetti hanno intessuto con i mondi che si affacciano sul crocevia politico, culturale e religioso costituito dal mar Mediterraneo. Marco Giovannoni e Fabrizio Mandreoli, profondi conoscitori rispettivamente di Giorgio La Pira e di Giuseppe Dossetti, traggono da questa messa a fuoco modalità di analisi e intuizioni che ancora oggi possono aiutarci a leggere con più lucidità e senso di responsabilità le sfide e i drammi che quel crocevia di popoli ci pone davanti.
Il secondo volume, più corposo (circa trecento pagine), Con tutti i naufraghi della storia, raccoglie le relazioni del convegno “La teologia dopo Veritatis gaudium nel contesto del Mediterraneo”, che la sezione san Luigi della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia meridionale ha organizzato a Napoli lo scorso mese di giugno, e a cui ha partecipato papa Francesco: una vera partecipazione, visto che il papa, intervenuto nella seconda giornata, prima di prendere la parola ha ascoltato gli interventi di ben otto relatori. Il volume, curato dal gesuita Secondo Bongiovanni e da Sergio Tanzarella, ha una bella prefazione di padre Federico Lombardi, in cui si indicano i tratti essenziali della “teologia contestuale” affermata dal convegno, e confermata da papa Bergoglio, cioè una teologia attenta alle situazioni del mondo contemporaneo e alla lettura dei “segni dei tempi”, una teologia imperniata sull’ascolto, sul dialogo e sul discernimento per rendersi capace di entrare in profondità in sistemi culturali diversi. Una teologia, dunque, che si fa in un “contesto” determinato. E, in questo caso, il contesto era lo spazio mediterraneo.
La prima parte del volume (primo giorno del convegno) è dedicata allo studio del Mediterraneo come “luogo teologico”, concentrandosi sulle migrazioni (relazione di Valerio Petrarca), sulla nozione di “contesto” (Ambrogio Bongiovanni), sulla lettura dei segni dei tempi (Carmelo Torcivia sj), sul riconoscimento reciproco (Secondo Bongiovanni sj), sulla teologia contestuale come esercizio di incarnazione e di povertà (Giorgio Marcello), sul dialogo tra diversi e sulla cultura dell’incontro (Giuseppina De Simone, Donatella Abignente), sul radicale rinnovamento dei luoghi e dei modi del fare teologia come dialogo con le fonti, con i segni della storia, tra maestri e studenti (Fabrizio Mandreoli, Emilio Salvatore). La seconda parte (secondo giorno del convegno) è dedicata ad alcune proposte sull’arte come luogo di incontro e di dialogo tra le culture (Jean-Paul Henrandez sj, Giorgio Agnisola), al dialogo interreligioso e alla nozione di dialogo come “soft power” nel mondo arabo musulmano (Sihem Djebbi), alla tolleranza nell’Islam (Meir M. Bar-Asher), al discernimento come metodo di risoluzione delle tensioni (Francisco Ramirez Fuejo sj), ad una teologia per la non violenza (Sergio Tanzarella), ad una teologia che raccolga il contributo della laicità e del pensiero femminile (Anna Canfora); e, infine, all’intervento di Bergoglio, che ha ripreso e sviluppato il senso della costituzione apostolica Veritatis gaudium sull’orientamento degli studi nelle università e nelle facoltà ecclesiastiche, da lui emanata due anni fa, richiamando i criteri del profondo rinnovamento teologico che è oggi necessario per poter annunciare il Vangelo in un mondo contrassegnato dal pluralismo etico e religioso, e suggerendo le piste che la teologia dovrebbe battere oggi nel contesto del Mediterraneo: una teologia dell’accoglienza e del dialogo.
Il volume contiene, in appendice, quattro importanti documenti: il Proemio della costituzione Veritatis gaudium (cioè gli orientamenti formulati da papa Francesco per rinnovare la teologia); il documento firmato ad Abu Dhabi il 4 febbraio di quest’anno da papa Francesco e dal dott. Ahmad Al-Tayeb, Grande Imam di Al-Azhar, Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune; il discorso tenuto da Francesco ad Abu Dhabi; e la lettera inviata al Convegno dal patriarca ortodosso Bartolomeo.
I legami tra i due libri sono molteplici. Tra i relatori del convegno di Napoli c’era Fabrizio Mandreoli, autore della parte dedicata a Dossetti nel primo dei due libri. E Dossetti, nel secondo libro, è richiamato non solo dallo stesso Mandreoli (una citazione del ’94: “L’unico grido che vorrei far sentire oggi è il grido di chi dice: aspettatevi delle sorprese ancora più grosse e più globali e dei rimescolii più totali, attrezzatevi per tale situazione …”), ma anche da Sergio Tanzarella (un’altra citazione dello stesso anno: “Di questo dobbiamo convincerci. La cristianità è finita”) e da Giorgio Marcello, che si è rifatto a Dossetti per fondare il suo bell’intervento sull’esigenza di coniugare fede e storia. Quanto a Giorgio La Pira, egli ha avuto l’onore di essere citato da papa Francesco nella sua importante relazione, in cui ha tracciato i lineamenti di una teologia che sappia mettersi in cerca di “vie nuove”, “nella direzione – ha detto – di una ‘Pentecoste teologica’, che permetta alle donne e agli uomini del nostro tempo di ascoltare ‘nella propria lingua’ una riflessione cristiana che risponda alla loro ricerca di senso e di vita piena”. Francesco ha citato La Pira quando ha fatto esempi concreti di come il dialogo con le altre forme del sapere e con le altre religioni (dialogo che caratterizza la teologia dell’accoglienza e dell’ascolto) può essere applicato agli studi ecclesiastici. Ha detto che il dialogo può essere considerato, e condotto praticamente, come un mezzo per leggere realisticamente lo spazio del Mediterraneo in questo inizio di terzo millennio e per contribuire ad avviare processi di riconciliazione e di pacificazione dei conflitti che lo attraversano: “Giorgio La Pira – ha esclamato il papa ad un certo punto – ci direbbe che si tratta, per la teologia, di contribuire a costruire su tutto il bacino mediterraneo una ‘grande tenda di pace’, dove possano convivere nel rispetto reciproco i diversi figli del comune padre Abramo”. Di La Pira è stata anche la citazione conclusiva dell’intervento di Emilio Salvatore alla fine della prima giornata del convegno di Napoli. Ha citato un lungo tratto di una lettera del maggio 1958 a Pio XII, in cui La Pira scriveva che il Mediterraneo è “il lago di Tiberiade del nuovo universo delle nazioni”, e che i cristiani d’Italia avrebbero dovuto “preoccuparsi – con la preghiera, con la meditazione e con l’azione prudente ma intelligente e a largo respiro – della ‘unificazione’, della convergenza, di queste nazioni mediterranee”.
Quello che appare singolare, e al tempo stesso suggestivo, nel considerare insieme i due libri è che il primo traccia il profilo di due vicende (più nota quella lapiriana, più sottotraccia quella dossettiana) che raccontano di tentativi coraggiosi ma ormai lontani nel tempo, e tutto sommato non vincenti, di spingere società e chiese occidentali a guardare con intelligenza e cuore alle popolazioni e alle culture della costa meridionale e orientale del Mediterraneo, facendo autocritica degli errori fatti e incamminandosi a costruire un comune destino di fratellanza e di pace. Mentre il secondo libro – che narra di pezzi significativi di chiesa (il papa e una parte significativa della chiesa dell’Italia meridionale) posti di fronte, alcuni decenni dopo, all’aggravarsi delle sfide nel crocevia di quel mare – rivela come sia prezioso richiamarsi alle analisi, così piene di intelligenza del futuro, di La Pira e Dossetti. E come sia necessario, oggi, uscire da passività e rassegnazione. E, ancora, come, in realtà, sia possibile, in ogni situazione, in ogni “contesto” – e dunque certo anche nel contesto del Mediterraneo -, trarre dall’ascolto della Parola e dalle voci delle vittime e dei più sofferenti, energie nuove, pensieri nuovi, vie nuove, per orientare i nostri passi e le nostre scelte. Del resto, nel libro Spazio europeo e mediterraneo, Marco Giovannoni ha evidenziato come la testimonianza di La Pira contenesse alcune proposte ancora oggi attualissime: l’urgenza della misericordia come virtù politica in grado di aprire al futuro; l’importanza di una visione politica e umana che faccia leva sull’appartenenza di tutti alla medesima famiglia umana. Quanto a Dossetti, Fabrizio Mandreoli ha individuato alcuni elementi del suo modo di porsi, politico e spirituale, di fronte alle vicende umane, ugualmente di forte attualità: una vita in condivisione con le periferie e i luoghi di conflitto come presupposto per una possibile ermeneutica della storia; un senso profondo delle ingiustizie della storia nella loro relazione con il mistero dell’amore di Dio; l’assunzione della prospettiva “dal basso” e “kenotica” dell’amore di Dio così come si è rivelato nella pasqua di Gesù; una sensibilità forte per le scelte che le vicende umane e la storia chiedono di compiere, qui e ora, in un tempo preciso.
Ha detto papa Bergoglio, nel suo bell’intervento a Napoli, incentrato sulla teologia dell’accoglienza di cui oggi c’è bisogno, che discernimento e dialogo devono essere capaci “di integrare il criterio vivo della Pasqua di Gesù con il movimento dell’analogia, che legge nella realtà, nel creato e nella storia nessi, segni e rimandi teologali”, e che il discernimento e il dialogo debbono essere praticati “tanto nella posizione dei problemi, quanto nella ricerca insieme delle vie di soluzione”. Il libro che raccoglie i lavori del convegno di Napoli, Con tutti i naufraghi della storia, offre una serie di spunti molto interessanti su come, insieme, preti e laici, uomini e donne, popolo di Dio, possano vivere una chiesa in uscita anche nel pensiero, attraverso il confronto con le altre culture, lo spostamento del nostro baricentro, il ritorno alle fonti, l’ascolto dei piccoli e dei sofferenti…; sapendo che “grazie a Dio – come ha detto Francesco – le fonti prime della teologia, cioè la Parola di Dio e lo Spirito Santo, sono inesauribili e sempre feconde”. E tutto questo viverlo sempre “a partire dal Vangelo della misericordia”, convinti, con Francesco, che “la misericordia non è solo un atteggiamento pastorale, ma è la sostanza stessa del Vangelo di Gesù”.
Giampiero Forcesi