di Maurizio Ambrosini
Le forze al governo hanno fatto dell’immigrazione un terreno privilegiato delle proprie campagne elettorali, drammatizzando il fenomeno, alimentando paure d’invasione, promettendo chiusure e respingimenti.
Nei fatti, si trovano a gestire tre diverse politiche migratorie.
La prima riguarda l’accoglienza di 450.000 lavoratori in tre anni, sancita dall’ultima versione del decreto-flussi su pressione delle organizzazioni imprenditoriali. Se si pensa che i lavoratori stagionali nel giro di qualche anno si stabilizzeranno, poi arriveranno i ricongiungimenti familiari, si può prevedere che nell’arco di dieci-dodici anni potremmo avere qualcosa come 1,5 milioni d’immigrati in più sul territorio nazionale. Scelta paradossale, per forze politiche che hanno cavalcato il tema della sostituzione etnica e quello della difesa dell’omogeneità della nazione.
La seconda politica riguarda l’accoglienza dei rifugiati ucraini: circa 170.000 arrivati in pochi mesi l’anno scorso, e accolti con generosità, con persistenti difficoltà burocratiche ma senza l’ombra, fortunatamente, di polemiche politiche. Come se non fossero immigrati, e neppure rifugiati.
La terza, l’unica di cui si parla, riguarda gli arrivi spontanei dalla sponda Sud del Mediterraneo: drammatizzati dal governo, e a cascata dai media e dall’opinione pubblica. Qui occorre ribadire: non c’è nessuna emergenza, c’è l’incapacità o la scarsa volontà di gestire un fenomeno che si ripete con alti e bassi da una trentina d’anni.
Già negli anni ’90, infatti, l’isola di Lampedusa fu insignita della medaglia d’oro al valor civile per il suo impegno nell’accoglienza. Se la piccola isola si riempie, è per l’inadeguatezza della redistribuzione su altri porti. In secondo luogo, non è vero che l’Italia sia il campo profughi d’Europa: nel 2022 nell’UE sono state presentate 965.000 domande d’asilo, di cui oltre 200.000 in Germania, più di 100.000 in Francia e Spagna, 77.000 in Italia, 8% del totale.
Inoltre, l’immigrazione in Italia nel suo complesso è stabile da una dozzina d’anni, intorno ai 6 milioni di persone, irregolari compresi. Rifugiati e richiedenti asilo erano 340.000 a fine 2022, di cui il 40% ucraini. Una piccola quota del totale, un loro relativo aumento non sconvolge gli equilibri numerici. Quarto, non è vero che l’Europa sia l’approdo di grandi masse di rifugiati. Secondo Eurostat nel 2021 accoglieva meno del 10% del totale mondiale dei rifugiati, mentre il 75% si trova ospitato, in genere male, in paesi intermedi o in via di sviluppo, con Turchia, Iran, Colombia, Pakistan nelle prime posizioni.
La guerra in Ucraina nel 2022 ha alzato di qualche punto percentuale l’impegno europeo sulla materia (in cifre, 4 milioni di persone accolte), ma non ha ribaltato il panorama, e neppure avvicinato il dato europeo a quello dei paesi confinanti con teatri di guerre e crisi umanitarie.
Resta un mistero: come mai 4 milioni di ucraini sono accolti senza problemi, senza limiti alla libertà di circolazione, senza estenuanti verifiche delle ragioni della loro fuga, mentre 130.000 sbarcati dal Sud del mondo sono considerati una calamità? C’entrano per caso razza e religione?
(ndr. per approfondimenti un libro dell’autore in uscita il 20 ottobre: “Stato d’assedio. Perché la paura dei rifugiati ci sta rendendo peggiori”. Ed. EGEA).
Il testo è stato pubblicato su Il Sicomoron. 9/2023 disponibile al link https://noifuturoprossimo.it/