Nel webinar dal titolo “Molto più di una scheda”, organizzato dal Meic qualche giorno prima delle ultime elezioni, hanno preso la parola Rosy Bindi, Ernesto Preziosi e Giorgio Tonini coordinati dal Presidente Nazionale Luigi D’Andrea.
Le riflessioni emerse conservano la loro attualità anche dopo il 25 settembre. Ne riportiamo alcune.
Bindi ha sottolineato il dato assai preoccupante dell’astensione prevista (e puntualmente verificatasi). A suo parere il fenomeno dipende dal fatto che il voto è considerato da molti un lusso che non ci si può permettere perché la vita quotidiana è troppo difficile, si ha la sensazione di essere lasciati soli e si sperimenta una forte lontananza dalla politica. La nostra democrazia è stata forte perché si è accompagnata a condizioni di vita accettabili. Quando non lo sono più, le persone smettono di votare.Preziosi ha aggiunto che l’astensione viene dal calo della tensione dovuta alla fine delle ideologie: non si avverte più una differenza netta tra le varie forze politiche. Per quel che riguarda il voto delle persone di fede cattolica, esso si esprime, o non si esprime, nella mancanza totale di occasioni formative proposte a livello ecclesiale.
Tonini ha messo l’accento sul fatto che la crisi della democrazia è un fatto globale, non solo italiano. Assistiamo infatti a un divorzio inquietante tra sistemi politici democratici e popolo. Questo avviene dagli Stati Uniti all’Europa. Le questioni in ballo sono gigantesche e sono legate al fatto che nel dopoguerra abbiamo conosciuto l’espansione dei diritti, della libertà e del benessere grazie all’espansione della spesa pubblica. Ma da qualche decennio ci è chiaro che l’aumento della spesa pubblica non è più possibile. Possiamo solo riorganizzarla. Questo mette molto in difficoltà i partiti progressisti, erode il loro consenso e apre la strada alle destre populiste. Non potendo aumentare la spesa per il welfare, diventa molto difficile capire come rilanciare una politica progressista. Su questo aspetto Bindi ha riconosciuto che in Italia la spesa previdenziale sia fuori controllo ma ha sostenuto che il debito non dipende dalla spesa sociale bensì dal cattivo funzionamento della macchina dello Stato. E bisogna tenere presente che ogni euro in meno alla spesa sociale equivale a 10 euro in più di spesa privata.
Tonini ha integrato la sua riflessione affermando che molti italiani si sentono in credito con lo Stato quando invece dovrebbero sentirsi in debito perché molto del benessere di cui larghi strati della popolazione godono sono frutto di spesa pubblica derivante da debito scaricato sulle generazioni future. Sarebbe da rispolverare la famosa frase di John Kennedy: “Non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese”.
In questa difficile situazione la politica tende a semplificare con messaggi anti-globalizzazione, anti-Europa…come se si potessero chiudere le porte della nazione e, a un mondo considerato gravido di minacce, si potesse dire: “Lasciateci in pace!”.
Che fare?
Impegnarsi in un grande sforzo di educazione civica permanente nelle nostre comunità ecclesiali perché chi è credente maturi un forte senso di cittadinanza.
Lavorare con grande convinzione alla costruzione degli Stati Uniti d’Europa. L’isolamento non potrà che indebolire la qualità della vita e le democrazie. La sfida è lavorare insieme, globalizzare la politica, altro che sovranismo! Un esempio eloquente portato da Bindi: se c’è una guerra in Ucraina è perché non hanno mai cessato le guerre nel mondo a causa dell’incapacità degli organismi sovranazionali di prevenirle. E così siamo ripiombati nell’antica e illusoria logica del cercare la pace facendo la guerra. Ma è evidente che la guerra è il contrario della democrazia.
Sintesi a cura di Carla Mantelli