Sul Bollettino della Radio Vaticana del 9 aprile è trascritta un’intervista di Fabio Colagrande a mons. Giancarlo Bregantini (Famiglie, crisi e etica dei partiti: ne parliamo con mons. Bregantini) nella quale l’arcivescovo di Campobasso cerca di indicare le vie da seguire per affrontare la crisi economica e sociale, e di speranze, che viviamo oggi in Italia.
La preghiera del Papa per le famiglie colpite dalla crisi, levata al termine della Via Crucis al Colosseo del Venerdì Santo, ha suscitato molti echi. In sintonia con questa riflessione è il messaggio di Pasqua indirizzato da mons. Giancarlo Bregantini alla sua arcidiocesi di Campobasso. La pietra sul sepolcro di Cristo, scrive tra l’altro il presule, “è il simbolo della crisi”, con il suo “senso di impotenza che ci mette nel cuore”. Al microfono di Fabio Colagrande, mons. Bregantini spiega come la Chiesa possa aiutare l’uomo ad assumere, davanti a questo problema, la prospettiva della Risurrezione:
R. – Credo che l’apporto più grande che possa dare la Chiesa non sia tanto sul piano operativo quanto su quello relazionale e motivazionale. Dobbiamo essere capaci di dare alla nostra gente il gusto di guardare lontano, di essere progettuali, di investire, di credere nel futuro dei giovani, di non rassegnarci alla pietra che sembra schiacciarci tutti dentro al buio del sepolcro. Ecco perché è molto bello quello che ci ha detto la Liturgia di questi giorni. La paura delle donne che vanno al sepolcro, la loro trepidazione, è la nostra stessa paura di fronte alla crisi. Ma, allo stesso tempo, noi, come loro, possiamo scoprire che Dio ci ha già preceduto, ha già sciolto il nostro nodo e ha aperto la fatica che abbiamo nel cuore verso orizzonti inediti e inattesi.
D. – Come andare ‘oltre’ questa epoca di difficoltà economica e sociale?
R. – Tre sono le cose più importanti. Innanzitutto è necessario che la Chiesa, e quindi anche il mondo degli adulti, ascoltino molto le attese e le ansie che sono nel cuore dei nostri giovani e della gente che piange e che vive drammaticamente questa realtà. Poi è necessario stare molto uniti tra di noi, cioè trovare insieme le risposte, perché è grazie all’intreccio forte e ferreo delle azioni che le nostre prospettive possono essere più forti. Infine bisogna coltivare una speranza frutto di una fede grande. Mi ha sempre sostenuto, e nel tempo pasquale in modo più bello e forte, la frase che Paolo scrive nella Lettera ai Romani (4, 18) ‘contra spem, in spem credidit’. Ecco, Abramo può essere il simbolo per noi di questa notte buia. Sembra impossibile ma Dio è capace di restituirci una speranza più grande, lo abbiamo visto in mille segni anche in questi giorni.
D. – Nel suo messaggio di Pasqua alla diocesi lei fa un riferimento preciso al dibattito che ha caratterizzato la riforma del lavoro in Italia in questi mesi. Scrive infatti: “Pasqua è – anche – investire e non licenziare”. Cosa intendeva?
R. – Intendevo esprimere la gratitudine per le trattative in atto che stanno svolgendo i nostri governanti, il premier con la sua equipe, insieme ai sindacati e alle realtà sociali e politiche. Tempo fa io intervenni con alcuni rilievi critici, oggi ho visto che questi sono stati accolti, in maniera molto matura, ben partecipata, vivace, eminentemente popolare. E questo mi ha restituito molta speranza e mi ha fatto pensare che vale la pena sempre intervenire, dibattere e soprattutto essere in reciproco ascolto, frutto di una reciproca e intensa fiducia e stima, uno con l’altro e per l’altro.
D. – E come guardare oggi anche alla politica in una prospettiva di risurrezione?
R. – Mai come oggi le lacrime, anche di esponenti politici di grido di un tempo, indicano che non dobbiamo mollare sull’importanza dei partiti, ma purificarli. E anche gli eventi tristi, tristissimi, di questi giorni, la corruzione che purtroppo si insinua nella dinamica familistica, che prende non solo il Sud ma anche il Nord, colpisce chi crede di esserne esente, in realtà queste esperienze ci dicono che dobbiamo ancor di più rendere limpidi i meccanismi di aiuto e di sostegno dei partiti ma soprattutto ridare loro la motivazione. Bisogna fare in modo che i partiti si sentano impregnati dei problemi della gente. I partiti debbono stare vicini ai problemi della gente perché i problemi purificano i partiti e i partiti possono aiutare a sciogliere i problemi della gente.
D. – Sembra che l’aspetto etico in politica non sia più ritenuto necessario…
R. – Però dopo se ne pagano le amare conseguenze. Anche gli ultimi fatti sono la comprova che guai se manca l’attenzione etica, a tutti i livelli. Nessuno può presumere di potere essere esentato da questo impegno.