“Il Papa – si legge nel Bollettino del Radiogiornale del 2 luglio della Radio Vaticana – ha nominato mons. Gerhard Ludwig Müller, finora vescovo di Ratisbona, nuovo prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede nonché presidente della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”, della Pontificia Commissione Biblica e della Commissione Teologica Internazionale. Il presule tedesco, elevato in pari tempo alla dignità di arcivescovo, succede a tali incarichi al cardinale William Joseph Levada che lascia per raggiunti limiti di età. Mons. Müller è nato 64 anni fa a Magonza, nel Land della Renania-Palatinato. Ordinato sacerdote a 30 anni e vescovo a 52, è stato per 16 anni professore ordinario di Dogmatica presso l’Università Ludwig-Maximilian di Monaco di Baviera. Come vescovo di Ratisbona e membro della Conferenza episcopale tedesca si è occupato in particolare di nuova evangelizzazione ed ecumenismo, promuovendo l’apostolato dei laici e progetti umanitari per i Paesi in via di sviluppo. Il suo motto episcopale è ‘Dominus Jesus’, ovvero ‘Gesù è il Signore’, tratto dalla Lettera di San Paolo ai Romani”.
Fin qui la Radio Vaticana. Possiamo raccogliere qualche notizia in più.
Mons. Müller è stato ordinato sacerdote per la diocesi di Magonza nel 1978 ed è diventato vescovo di Ratisbona nel 2002: in questa veste ha accolto Papa Benedetto XVI durante il suo viaggio in Germania nel settembre 2006.
La sua tesi di Teologia, presentata nel 1977, era dedicata al teologo protestante tedesco Dietrich Bonhöffer.
Il nuovo Prefetto è anche membro della Congregazione per l’Educazione Cattolica e dei Pontifici Consigli della Cultura e per la Promozione dell’Unità dei cristiani.
All’interno della Conferenza Episcopale Tedesca ha guidato la Commissione ecumenica. È inoltre vice-presidente dell’Associazione delle Chiese Cristiane in Germania e primo presidente della Società per la Promozione dell’Istituto della Chiese orientali di Ratisbona.
Il nuovo Prefetto (come scrive Anita Bourdin su zenit.org del 2 luglio) è un amico personale del Papa: è stato scelto come editore delle Opera Omnia di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI. Lui stesso è autore di circa 400 pubblicazioni su temi di teologia dogmatica, ecumenismo, eccetera.
Mons. Müller è stato anche allievo del teologo domenicano Gustavo Gutiérrez, ritenuto il “padre” della teologia della liberazione in America Latina.
La possibilità del suo arrivo aveva trovato – secondo Paolo Rodari, che lo scrive sul suo blog palazzoapostolico.it – qualche resistenza all’interno della curia romana soprattutto in coloro che lo ritenevano troppo vicino proprio alle idee della teologia della liberazione. Ma sembra che, già mesi, fa l’Osservatore Romano l’avesse “sdoganato” da questa accusa. Rodari su “Il Foglio” del 24 dicembre scorso aveva raccontato approfonditamente la cosa (“Lo strano caso della teologia della liberazione rivalutata in Vaticano”). L’Osservatore Romano, appunto, aveva pubblicato un articolo di mons. Muller che era uscito il 6 dicembre sulla “Tagespost”. Il vescovo Müller, che vanta nel suo curriculum la cura dell’“Opera omnia” del teologo Ratzinger, ricordava in quell’articolo che proprio all’interno della prossima uscita in Germania (febbraio 2012) del volume dedicato all’Escatologia sarebbero stati pubblicati due testi di Ratzinger nei quali egli, oltre a enucleare i “pericoli” insiti nella Teologia della liberazione, ne mostra anche “i princìpi positivi”. Paolo Rodari commentava che la pubblicazione di quell’articolo sul quotidiano della Santa Sede non era il segno soltanto della volontà di rivalutare il curriculum di Müller agli occhi dei critici, ma forse anche della volontà di sostenere che, all’interno della Santa Sede, è in atto una sorta di rivalutazione di una teologia che, durante gli anni di pontificato di Giovanni Paolo II, era stata costantemente criticata. Il prefetto Ratzinger aveva la medesima visione di Wojtyla – osserva Rodari -. Ma è anche vero che, come dice Müller, i documenti usciti dalla sua penna quando era prefetto dell’ex Sant’Uffizio (“Libertatis nuntius” del 1984 e “Libertatis coscientiae” del 1986) non contenevano solo critiche. Al contrario,secondo Muller, prepararono la strada a “una vera teologia della liberazione che è strettamente legata alla dottrina sociale della chiesa e che nel mondo di oggi deve levare la propria voce. Una visione che, partendo dalla fede, realizza la realtà intera, storica del’uomo, come singolo e come società, offre orientamenti comportamentali non solo a singoli cristiani, ma anche sul piano delle decisioni politiche ed economiche”.
A Roma – ricorda ancora Paolo Rodari – c’è un prefetto di Congregazione che viene da quell’esperienza. E’ l’arcivescovo brasiliano João Braz de Aviz, chiamato a guidare la Congregazione dei religiosi. Quando lo scorso febbraio arrivò a Roma, rilasciò un’intervista sull’Osservatore nella quale spiegò che la teologia della liberazione “non è solo utile ma anche necessaria’”. Perché ha permesso alla chiesa di scoprire “l’opzione preferenziale per i poveri”, che è una “opzione evangelica”.
Da Roberto Monteforte, su “l’Unità” del 3 luglio (“Il Papa ridisegna la sua squadra Sulla dottrina veglierà Mueller”), apprendiamo che mons. Muller ha ottenuto il dottorato nel 1977 con Karl Lehman, poi presidente della conferenza episcopale tedesca e capofila dei progressisti cattolici tedeschi (la tesi dottorale, come abbiamo visto, era dedicata al teologo protestante Dietrich Bonhoeffer). Mueller ha conquistato la libera docenza a Friburgo nel 1985 sempre sotto la supervisione di Lehmann, iniziando a insegnare a soli 38 anni, l’anno successivo all’università di Monaco e in altri atenei di tutti i continenti. Quanto ai rapporti con Gustavo Gutierrez, Monteforte scrive che Muller ha anche cofirmato con lui il saggio Dal lato dei poveri. La teologia della liberazione. Anche se – diece Monteforte – non per questo “ lo si può considerare un progressista. Ha però fatto esperienza diretta sul campo della vita della Chiesa con i poveri dell’America Latina, abitando per qualche tempo con i contadini di una parrocchia nelle vicinanze del lago Titicaca, al confine con la Bolivia.
Per Gian Guido Vecchi, sul “Corriere della Sera” del 3 luglio (“Müller al Sant’Uffizio, il ritorno di un tedesco”), “il Papa ha voluto alla guida dell’ex Sant’Uffizio un teologo che considera centrale, evangelicamente, l’«opzione preferenziale per i poveri»”. Muller, tra l’altro, è figlio di operai.
Anche il vaticanista del Corriere nota che “da mesi, la candidatura metteva in agitazione la parte più conservatrice della Chiesa, dentro e fuori la Curia: stupefatta all’idea che Ratzinger — proprio lui che mise in riga diversi teologi della liberazione — potesse scegliere al Sant’Uffizio un teologo che nel 2008, ricevendo una laurea honoris causa dall’università pontificia di Lima, spiegò che «la teologia di Gutiérrez è ortodossa perché ortopratica: ci insegna il giusto modo cristiano di agire».
Gutiérrez, del resto – annota Vecchi -, non fu mai condannato.